Dal 16 marzo al 22 luglio 2018 Palazzo Strozzi ospita la mostra “Nascita di una Nazione”: esposizione temporanea che ripercorre per la prima volta, attraverso opere emblematiche del secondo dopoguerra, il periodo storico che va dagli anni del cosiddetto “miracolo economico” fino agli stravolgimenti del 1968.
È in questo ventennio che prende forma una nuova idea di arte, proiettata nella contemporaneità attraverso i canoni del Realismo e dell’Astrazione, con l’avvento dell’Arte Informale fino alle sperimentazioni su immagini, gesti e figure della Pop Art e ai nuovi linguaggi dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale.
Un viaggio attraverso 80 opere di artisti quali Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto, curato da Luca Massimo Barbero che spiega: “Nascita di una Nazione vuole offrire una chiave di lettura ad un periodo artistico che si è intrecciato indissolubilmente con lo sviluppo dell’Italia e che ha tratto dalla politica, dal costume e dai cambiamenti sociali linfa vitale. Le sale si susseguono in modo contrastante ed incalzante per sviluppare nel visitatore il senso della vitalità di quel momento artistico: in quegli anni, infatti, il fermento era tale da permettere agli artisti dell’Informale di seguire la loro ricerca mentre gli artisti della nuova figurazione seguivano un percorso diametralmente opposto. Lo scopo è entrare all’improvviso negli studi di questi grandi artisti mentre lavorano alla definizione di una nuova arte italiana”.
Le nostre collaboratrici Rita Barbieri e Roberta Poggi hanno visitato la mostra e si sono intervistate per raccontare ai lettori quali emozioni e sensazioni la mostra ha suscitato in loro.
Perché visitare la mostra?
(Rita Barbieri)
“Perché è finalmente una mostra totalmente dedicata all’Italia moderna e alla sua complicatissima storia: è un modo per vedere con i propri occhi ciò che gli eventi di quel periodo hanno prodotto in campo artistico. Ci sono opere di avanguardisti, geni, artisti più o meno noti, proposti in una sequenza cronologica ben riconoscibile e comprensibile. Inoltre, l’esposizione è davvero curata al dettaglio e di forte impatto, visuale ed emotivo. Nonostante ovviamente la politica sia un tema intrecciato a quelli proposti, si è scelto di non metterci troppo l’accento, evitando di scadere nel fazioso e nel polemico acritico, cercando invece di dare maggiore risalto possibile all’Arte e alla sua libera (e ‘di parte’) rappresentazione.”
(Roberta Poggi)
È l’occasione per ripercorrere la storia italiana dal secondo dopoguerra al 1968 oltre gli schemi con cui siamo abituati a conoscerla: un percorso visuale che ci immerge letteralmente da un linguaggio visivo all’altro, ognuno riflesso delle nuove idee di arte che nascevano in quel periodo effervescente. Da una sala all’altra si passa dal Realismo all’Astrazione, all’Arte Informale, la Pop Art italiana di Schifano, fino all’Arte Povera e l’Arte Concettuale. Si parla di politica e di società, attraverso l’arte. Ma senza mai scadere nella critica politica fine a se stessa, anzi, dall’inizio alla fine l’esposizione riesce bene a coniugare le parti – ben definite, ben schierate, sia chiaro – in un continuum storico e artistico.
Cosa ti è piaciuto di più?
Rita Barbieri
“A livello organizzativo, l’attenzione e la cura nello strutturare il percorso in modo logico e efficace, completandolo con didascalie chiare e spiegazioni in ogni stanza. Mi è piaciuta anche la ricerca del contrasto nella disposizione spaziale, cromatica e semantica delle opere: di sicuro effetto. A livello artistico, ho apprezzato, oltre ai nomi che già conoscevo (Guttuso, Merz, Fontana ecc.), anche le creazioni di altri a me finora sconosciuti ma davvero interessanti: Luciano Fabro, Giosetta Fioroni, Cesare Tacchi…”
Roberta Poggi
“Passando da una sala all’altra si coglie il netto distacco tra i differenti periodi grazie all’atmosfera, la scelta dei colori e la disposizione degli spazi nettamente in contrasto gli uni con gli altri. Una sala in particolare colpisce innanzitutto per la luce e l’eccessivo biancore: quella dedicata all’Arte Informale, alla monocromia, simbolo di libertà e di un’Italia completamente nuova che sperimenta forme di arte più propositive rispetto al passato, esplorando nuove materie, spazi e modalità di comunicazione. Dalla tela di Lucio Fontana, luogo puro e mentale, ai gessi di Viani, le bende di Scarpitta e i rilievi di Savelli, tutte le opere nella sala parlano di un nuovo rapporto tra ricerca spaziale e materia esistenziale, dandoci l’impressione di trovarci in una realtà parallela senza tempo.
Cosa non ti è piaciuto?
Rita Barbieri
“Sarò sincera: nulla, forse solo il fatto che è troppo breve! È una delle migliori mostre che abbia visitato: originale, accurata, completa, vivace e soprattutto alla portata di tutti. Un modo per imparare o approfondire aspetti storici e artistici del nostro Paese, esplorando sale e ammirando opere. Davvero imperdibile!
Roberta Poggi
“Un senso di incompletezza alla fine della mostra: non perché non esaustiva, ma piuttosto perché talmente travolgente e incalzante nelle sue diverse forme che non ci si aspetta di uscirne tanto velocemente. Sono tante storie e realtà artistiche condensate in poche sale, probabilmente una mostra più lunga stancherebbe il visitatore; ma ripeto, è così interessante da farci provare un piccolo senso di delusione una volta varcata l’ultima porta dell’uscita, un po’ come quando si finisce un bel libro e si prova quel momentaneo senso di vuoto. Uscendone però sicuramente arricchiti delle sue pagine”.
Testo di Rita Barbieri e Roberta Poggi
Foto di Roberta Poggi