Neva Leoncini è un’attrice, cantante lirica e storyteller fiorentina da un anno di base a Los Angeles dove lavora in produzioni internazionali di teatro e cinema.
Neva Leoncini fino alla primavera del 2022 era una cantante d’opera con una carriera avviata come soprano a Firenze, dove cantava sia per la Florence Opera Academy – sotto la guida di soprani del calibro di Silvia Bossa e Susanna Rigacci – che in musical tra cui Rocky Horror Show, Hair, I Miserabili o il festival Capodanno Mozartiano. Neva ha studiato teatro alla Pergola e sotto la guida di Maurizio Lombardi (colui che ha riconosciuto il suo talento attoriale, prendendola nella sua compagnia quando aveva appena 19 anni) ha recitato in fiabe musicali per anni quali Peter Pan o Snow White. Nella nostra città si è esibita in teatri come la Pergola, il Verdi, il Puccini, il Niccolini e luoghi storici come la Loggia dei Lanzi o il Salone dei Cinquecento, solo per citarne alcuni. Poi una faccenda burocratica – doversi recare a Los Angeles per firmare i documenti di vendita della casa d’infanzia della nonna californiana – ha segnato una svolta nella sua vita.
Colta l’occasione per iscriversi a dei corsi di recitazione alla University of South California, University of California Los Angeles e al Victory Theatre di Burbank, oggi è un’attrice emergente che ha recitato già in 10 produzioni, tra cortometraggi, pilot e un video musicale. Tra le pellicole citiamo nel 2023 Raddoppiare per la regia di Vincent Peter Mocco – il primo film che ha girato da protagonista con Truman Hanks (figlio di Tom Hanks, NdR) – e Paranoid del famoso regista cinese di Junda Wu. Quest’ultimo è un corto in selezione ufficiale dell’importante LA Shorts International Film Festival. Con FUL abbiamo voluto approfondire la conoscenza di Neva, sicuri che presto anche il grande pubblico la scoprirà!
Avevi una carriera avviata come cantante d’opera a Firenze; raccontaci come sei finita a Los Angeles a fare l’attrice.
La Musica è sempre stata la mia musa. Il primo contatto con il mondo dell’arte di cui ho memoria è di una piccola me che nel retro della macchina di mio padre, girando per Firenze, tenta di improvvisare sulla colonna sonora di Ennio Morricone del film Giù la testa di Sergio Leone. Cinema, teatro e musica classica mi hanno accompagnata e sono state entità intercambiabili per me da sempre, l’una che non può esistere a prescindere dall’altra.
Ogni volta che devo interpretare un personaggio musicalmente sento il bisogno di fare una preparazione attoriale che viene dal puro teatro e viceversa: quando lavoro su un personaggio teatrale o per il cinema ricorro sempre alla musica per i momenti più intensi. Firenze mi ha vista nascere e mi ha sostenuta nella crescita, ma la vita a volte ti sorprende, anzi quasi sempre direi ha dei piani per te di cui nemmeno sospettavi l’esistenza. Con me ha fatto così! Era l’inizio del 2022 quando mia nonna Neva – da cui ho preso il nome, sì! – che vive a Roma ed è americana, mi chiama per dirmi che c’è bisogno di andare a firmare per suo conto dei documenti per la vendita della sua casa d’infanzia a Los Angeles.
Ho prenotato un biglietto di sola andata e sono rimasta tre mesi. Teatri, cinema, paesaggi sconfinati, il deserto, l’oceano, ma soprattutto le persone: talenti giovani provenienti da tutto il mondo con un sogno da realizzare e una voglia di vivere come mai avevo visto prima. Era fatta, la California mi aveva stregata e affascinata a tal punto da tornare in Italia pronta a ripartire per gli USA il giorno dopo! A Los Angeles avevo l’idea di perfezionare il canto lirico quando un amico, casting director, mi ha trascinata in uno degli studios più storici per la tecnica Meisner, il Victory Theatre, dicendo che dovevo assolutamente conoscere la direttrice artistica Maria Gobetti.
Lei mi ha guardata, senza dire una parola, con la smorfia di chi la sa lunga e mi ha fatta salire sul palco. Posso dire che una delle prime ragioni per cui ho lasciato Firenze e mi sono trasferita è lo studio dove tutt’ora lavoro e preparo spettacoli. Non si libereranno di me facilmente!
Nonostante la comunità artistica fiorentina sia notevole, Firenze può essere anche molto provinciale. Cosa hai trovato a Los Angeles che ti mancava in Italia?
Firenze mi ha vista nascere come musicista, cullata e nutrita come artista, insegnato il gusto per il bello e fatto respirare un’aria internazionale nella sua atmosfera poliglotta e culturalmente sempre viva. Mi ha insegnato che più ci si prende in giro più ci si vuole bene, regalato l’amore per l’arte e per la cultura di cui mi sono riempita nei suoi vicoli stretti e silenziosi la notte e tra i suoi casali in campagna o nelle trattorie la sera. Los Angeles è un altro mondo, da fuori potrei descriverla come una serie di piccoli agglomerati urbani con tante palme e tanto sole, intervallati da un’autostrada a sette corsie.
Ma appena entri dentro inizi a respirare il clima di una città che ha visto nascere, succedersi e morire le più grandi stelle del cinema hollywoodiano di tutti i tempi, i più fenomenali artisti musicali. È un luogo che fanno le persone. Los Angeles senza le sue persone non sta in piedi. Giovani e meno giovani che arrivano da tutti gli angoli del mondo con un sogno, con un ideale, con una grinta e una fame che non ho mai visto in nessun altro luogo.
Hanno lottato e faticato tanto per arrivare dove sono, perché no, non è facile. E quindi ora che ce l’hanno fatta, vogliono rimanere e lottano ogni giorno con i denti per emergere e creare, raccontare la loro storia, per condividere con il mondo la loro visione: Los Angeles brulica di queste vite, di storie, di racconti. Vai al bar, ti metti a parlare con il vicino di tavolo e finisci a lavorare nella produzione del suo prossimo lungometraggio. Sei a un corso di recitazione, invitano un casting director e la settimana dopo sei a fare un provino per la sua agenzia…
E tutto questo è vero, perchè succede costantemente ed è successo anche a me! È un posto che non dorme mai, dove ogni attimo diventa prezioso perché non sai mai cosa potrebbe succedere.
So che hai una Laurea in Linguistica. Puoi dirmi che connessioni ci sono tra lo studio delle lingue, il canto e la recitazione?
Non ci sono differenze per me. Approccio l’opera con la stessa disciplina con cui apprendo una nuova lingua e studio un personaggio per il prossimo film. Parlo sei lingue e ogni volta la sfida dell’apprendimento resta la stessa: la cura del dettaglio, per me è il segreto; la specificità in ogni singola scelta. Così come imparare una nuova parola o tempo verbale richiede precisione da chirurgo, ugualmente le movenze di un personaggio rispecchiano le sue scelte e quindi la sua personalità.
Lo stesso vale per l’opera, dove se sbagli di un muscolo la posizione della laringe o respiri troppo o troppo poco, la nota non uscirà. Inoltre le lingue sono suoni, quindi basta chiudere gli occhi e ripetere come fa un bambino.
Che differenze ci sono invece tra trovarsi on stage per cantare e davanti a una macchina da presa?
Tantissime! Sono due tipi di espressione artistica diversi e quasi opposti tecnicamente. Nel canto è tutto “fuori” e “proiettato” perchè l’obiettivo è quello di raggiungere l’ultima fila del loggione, i sentimenti espressi tramite la recitazione sono più grandi di come si interagisce nella realtà e le reazioni più accentuate ed estreme.
Al contrario la macchina da presa percepisce tutto, ogni minimo dettaglio, movimento, inclinazione della voce. Carpisce ogni frammento. Tutto è interiorizzato e come dice Michael Caine: “Si recita con gli occhi”, basta pensarlo che la macchina lo catturerà.
Sei anche storyteller; quanto conta la scrittura per te? E cosa pensi dell’impiego dell’intelligenza artificiale nell’industria creativa e dei recenti scioperi che ci sono stati a Hollywood da parte degli sceneggiatori?
Essere storyteller è il destino inevitabile di ogni espressione artistica. Per me la scrittura è parte integrante del processo artistico di creazione. Scrivo da sempre solo per me, adesso la differenza è che lo faccio con l’idea di condividere le mie storie. Sto co-scrivendo il mio primo cortometraggio proprio in queste settimane, ispirato a una storia d’amore e di immigrazione nella comunità italo-americana negli anni Novanta. Vediamo dove mi porterà. Per quanto riguarda l’AI credo che il mondo stia cambiando tanto in fretta e che già la nostra generazione faccia inevitabilmente parte di questo cambiamento, e che in generale l’arte ha sempre avuto un andamento sinusoidale di recessione, crescita, sviluppo.
Se mi chiedi in che punto della sinusoide ci troviamo adesso, be’ non so risponderti, solo la storia ce lo dirà, quando tra quindici o vent’anni ci guarderemo indietro. Ho appoggiato gli scioperi da quando sono cominciati, prendendo parte alle manifestazioni a Hollywood, ma la questione non è solamente quella dell’intelligenza artificiale, ci sono molti aspetti dell’industry che devono essere rivisti e per i quali bisogna continuare a lottare.
Sei stata ospite alla 77° edizione del Festival del Cinema di Cannes e hai assistito alla proiezione di Anora di Sean Baker, film poi vincitore della Palma d’Oro. Quest’anno il festival ha voluto premiare produzioni più indipendenti e impegnate, dobbiamo coglierlo come un buon segno?
Sicuramente. Ci troviamo in un momento storico delicato, per l’industria creativa, l’arte, la cultura, che la geopolitica in generale. La sensazione è che si sia stanchi della politica del positivismo “va tutto alla grande”. Quello che si vuole dal cinema è “verità”. Vogliamo sederci ed essere avvolti dal vero, non l’imbellettato. Sento che siamo in un momento storico di grande cambiamento in cui l’arte diventa protagonista: non si cerca conforto ma confronto e verità, in un’ottica che magari non ti accarezza e protegge però non ti fa sentire solo.
cover photo: Neva Leoncini by ©Irene Montini