Nicola Giannini e le trame nascoste dei suoni del ghiaccio

ghiaccio_2Nicola Giannini è un musicista e producer toscano che ha compiuto un viaggio all’interno del mondo dei micro-suoni del ghiaccio creando un suggestivo spettacolo che riporta alle origini del rapporto tra uomo e natura.
Nicola, come ti sei avvicinato alla musica e cosa ti ha spinto alla ricerca dei suoni del ghiaccio?
Ho iniziato a suonare a 14 anni. Già allora ero interessato ai suoni incidentali degli strumenti: mi attraeva tutto ciò che riguardava la parte più vicina alla produzione e alla timbrica. Negli anni successivi mi sono avvicinato alla musica elettronica e ho iniziato a mettere le mani sui computer, esplorando il mondo della tecno, della house e dei ritmi spezzati. Nel 2009 ho vinto un premio al Movie&Co. come ghiaccio_3Miglior Colonna Sonora e ho deciso di dare un senso alle conoscenze che nel tempo mi ero costruito per i fatti miei, iscrivendomi al corso di Composizione Elettroacustica del Conservatorio. L’esperienza è stata utile perché mi ha permesso di fare tabula rasa di tutti i miei concetti musicali precedenti: sono entrato in un modo e sono uscito completamente rinnovato, aprendomi a nuovi generi musicali e costruendomi una nuova poetica artistica.
È proprio sull’onda di questo percorso che hai concepito e realizzato Inner Out, la tua tesi di laurea…
Assolutamente sì. La mia tesi di laurea è un concerto in surround per ghiaccio ed elettronica dal vivo. In sostanza durante il live suono con alcuni blocchi di ghiaccio all’interno dei quali sono collocati degli idrofoni (microfoni impermeabili che possono essere sia congelati che messi a bollire). I 4 blocchi di ghiaccio hanno forme differenti (piramide, mezza sfera, cubo, parallelepipedo) e vengono trattati elettricamente in maniera diversa; quindi grazie al differente spessore del blocco di ghiaccio e alla posizione dell’idrofono, che cambia nei blocchi a seconda di dove si congela, e ai trattamenti elettroacustici sulle forme, ogni elemento è caratterizzato da sonorità particolari, uniche e irripetibili. Inner Out si ispira a quella che è la tradizione elettroacustica: esiste una parte fissa di musica pre-registrata e spazializzata su 4 canali e una parte live, dove io suono con strumenti convenzionali e non (plettro, grattugia, mullet, corde della chitarra, ecc…) i 4 blocchi di ghiaccio. La controparte elettronica, la parte pre-registrata, è ricavata da suoni realizzati con microfoni speciali che permettono di catturare le sonorità emesse dai dispositivi elettronici, registrando il suono dell’attività del loro campo magnetico.
ghiaccio_4Dunque l’elemento naturale per eccellenza, l’acqua, incontra l’uomo e la tecnologia…
Il concetto di fondo di Inner Out è proprio questo: la relazione tra tecnologia e natura che si esprime nel tentativo dell’uomo di controllare l’incontrollabilità dell’elemento naturale. Quindi troviamo i suoni incontrollabili della natura, i blocchi di ghiaccio che si sciolgono e vengono percossi, e i suoni pre-registrati che provengono da sorgenti altamente tecnologiche.
L’altro concetto fondamentale alla base dello spettacolo riguarda la fotografia macro. Mi spiego meglio: i suoni che vengono fuori dallo scioglimento del ghiaccio sono dei micro-suoni. Da sempre sono appassionato di fotografia macro che riesce a svelare strutture e trame inaspettate della realtà esistente, su cui l’uomo non ha controllo. Allo stesso modo amplificare i micro-suoni ha la stessa suggestione sia a livello estetico che concettuale.
Perché hai scelto il ghiaccio come elemento naturale?
Ho iniziato a fare sperimentazioni sul ghiaccio qualche anno fa per dei pezzi tecno, ma al tempo non avevo degli idrofoni: mi ero ingegnato chiudendo dei microfoni dentro un armadio al cui interno avevo messo un bicchiere con del ghiaccio. La prima suggestione verso questo elemento è stata molto semplice: è arrivata mentre bevevo un cocktail… il ghiaccio cominciava a sciogliersi e ho accostato l’orecchio al bicchiere, sono rimasto colpito dalla palette di micro-suoni che si potevano sentire. L’altra ragione che mi ha spinto verso il ghiaccio riguarda la curiosità di utilizzare un materiale effimero – alla fine del concerto i blocchi non ci sono più – che però abbia un fascino estetico sia visivo che timbrico. Infine mi ha attratto il fatto che ogni volta il microfono si congela in un punto diverso del blocco il che permette di avere ogni volta una performance unica.
Marta Pintus
ghiaccio_5*** English version ***
Nicola is a Tuscan musician and producer who has made a journey into the ice micro-sounds world creating at the same time a suggestive show.
Nicola, how did you approach music and how did you start the research of ice sounds?
I started playing when I was 14. By then I was already curious about incidental sounds of instruments. Over the years I drifted towards electronic music and started using my pc, exploring the worlds of house and techno. In 2009 I won an award at the Movie&Co for Best Soundtrack so I decided to join the classes of Electroacustic music at the Conservatory. That was a great experience for me.
This is how you realized Inner Out, your graduation thesis…
Indeed. My graduation thesis is a live concert for electronic and ice music. During the show I play some blocks of ice with idrophones inside. Ice blocks have different shapes, and idrophones are placed at different depths, so each one has a peculiar sound.
Inner Out is inspired by the electroacustic tradition: there are pre-registered bases on 4 channels and a live part, where I play conventional and non-conventional instruments, as well as the 4 ice blocks.
ghiaccio_6So a natural element such as water meets mankind and technology…
This is the basic concept of Inner Out: the relationship between technology and nature that is trying to control uncontrollable elements. The other important concept is macro-photography. The sounds coming out of the ice blocks are micro-sounds and I try to amplify them in the same way in which macro-photography can unveil unexpected themes and structures.
Why did you choose ice as natural element?
I started experimenting with ice a few years ago, but I didn’t have idrophones at the time. It all started while I was drinking a cocktail: ice begun to melt, I listened and heard the micro-sounds. The second reason why I chose ice is because it is an ephemeral material – it’s not going to be there at the end of the show – that also has both a visual and a tonal charm. Third, I was attracted by the fact that each time the microphones freeze in different parts of the block and create new sounds.
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