Non solo pesce: il “Cestello” sfata i tabù della cucina coi piatti di Gabriele Rastrelli

Chi ha detto che al Cestello si può mangiare “solo” un eccellente pesce? Forse chi non c’è stato di recente, visto che il celebre ristorante nell’omonima piazza fiorentina ormai da qualche tempo ha allargato ulteriormente la sua offerta con un’interessante proposta fine dining e uno studiato pairing a base di cocktail.

Il bancone dei crudi è rimasto lì dov’era, con la tradizione di poter scegliere personalmente il proprio pescato e definire insieme allo chef il tipo di cottura da applicarvi (di solito molto classica, dalla semplice griglia o al sale, per lasciare totalmente la scena all’altissima qualità del pesce), ma la poliedrica cucina di Gabriele Rastrelli offre un viaggio fra terra e mare di pari livello. 

In una location dalla preziosa ricercatezza, che combina armonicamente design, arte e gastronomia, il quartiere di San Frediano ospita una vera e propria icona della ristorazione fiorentina (inserita anche nel 2022 in guida Michelin). Un luogo autentico e ricco di storia, dove il ristorante della famiglia Corti ricopre un ruolo predominante e, da oltre dieci anni, mette tutti d’accordo sul fatto di essere la miglior esperienza culinaria di pesce della città. Mantenendo costante l’attenzione alla qualità della materia prima, la filosofia di Gabriele Rastrelli ha recentemente fatto però una virata netta e decisa, in grado di scrivere nel DNA del Cestello una nuova identità. 

Già dall’ingresso, al fianco della chiesa di San Frediano in Cestello (XII secolo), il Cestello accoglie i suoi ospiti fondendo raffinati elementi contemporanei fra legno naturale, pietra, strelitzie e banani, con una cantina a vista che rende le stesse bottiglie di vino degli oggetti d’arte. Dopo il consueto benvenuto della padrona di casa, seguito da quello dal giovane restaurant manager Leonardo Serluca, l’attenzione è subito polarizzata dal grande banco bar che attrae per un aperitivo o per un drink prima di congedarsi dopo la cena. E proprio qui vengono preparati anche i cocktail che, in aggiunta o in alternativa al vino, accompagnano un intero percorso di degustazione con un apposito pairing.

La proposta dei piatti è figlia invece di un approccio agli ingredienti sempre più creativo e di sperimentazione, che si esprime al massimo attraverso un menù degustazione che concentra gli slanci creativi di Rastrelli suddividendosi fra pesce e carne, ma col primo sempre prevalente. Il 46enne cuoco fiorentino dal 2009 conduce la cucina del Cestello insieme ad Andrea Pinzauti, sous chef arrivato al ristorante nello stesso anno. Il loro nuovo menù è un inno alla stagionalità e alle eccellenze dei nostri mari, con uno sguardo però anche alle carni della tradizione toscana e qualche tocco fusion che ricordo molto la cucina di Locale (stessa proprietà).

Si parte con un dinamico entrée formato da Patata soffiata e hummus al miso, Insalata chalaca ai cannolicchi, Pralina di fegatini al frutto della passione, Riso soffiato con maionese, acciughe e prezzemolo, Crostino di prosciutto d’anatra home-cured ed Empanadas con gazpacho verde. Sicuramente il miglior modo per preparare gli occhi e il palato al piatto che più ci è rimasto impresso: la Battuta di scampi nostrali, foie gras e confettura di zucca gialla con pan brioche, un piatto completo davvero da tutti i punti di vista. Ad accompagnarlo un vino dolce per un food&wine pairing inusuale, che lascia il segno sfatando diversi tabù della cucina (carne e pesce insieme, vino dolce con piatto salato…) e invitando i commensali a ribaltare la loro concezione classica di una cena.

Il percorso strizza ancora l’occhio al mare, con una chiara influenza orientale, quando sull’elegante tavolo del Cestello arriva l’Hamachi, ricciola del Pacifico marinata con gel allo yuzu e arancia, verdure croccanti e gin tonic, ma soprattutto la Coda di rospo cotta a bassa temperatura in ichiban dashi, poi passata al barbecue, con scalogno al sakè, salsa kabayaki e zenzero candito. Fra i signature spicca il Riso Riserva San Massimo con estratto di salsa al guanciale e la sua polvere, fonduta di pecorino al bergamotto e yakitori di seppia alla brace, un primo sostanzioso che nella sua complessità riesce a equilibrare tante consistenze e sapidità differenti.

Il manifesto del “nuovo” Cestello sta infine nel secondo, perché il Cervo alla fava tonka con cicerchia, lenticchie soffiate, polenta di Storo croccante e trombette dei morti dimostra che qui si può mangiare anche un’ottima carne. E non solo lo strepitoso pesce che ne ha fatto le fortune negli anni.

Ci pensano la divertente Arachide e la dolce Sfera del Brunelleschi al cioccolato con cuore morbido, sorbetto alla mela e Calvados, prima dei Petit Fours di petite patisserie, a chiudere la nostra cena con una carezza finale ben integrata dal classico shottino della casa e da un immancabile drinketto al bancone prima di salutare. L’essenza dell’esperienza del Cestello, del resto, si trova proprio nella sua ciclicità, ovvero in un fantasioso viaggio gastronomico che inizia e finisce col bar passando per una cena da ricordare. 

Per saperne di più: http://www.cestelloristoclub.com/