Questo è l’anno in cui in tante città europee si è iniziato a manifestare odio per i turisti. Da Barcellona alla Grecia, da Amsterdam a Palma di Maiorca, si segnalano atti di rivolta dei residenti. Non solo la questione Airbnb, anche nella nostra città l’insofferenza è palpabile benché la tensione sia ancora latente.
Il “modello Venezia” sarebbe di difficile attuazione a Firenze e poi, diciamolo francamente, un ticket d’ingresso a Firenze potrebbe essere dannoso: finiremmo per confermare l’immagine della città come “parco a tema”, la Disneyland del Rinascimento. Paradossalmente, a nostro giudizio, il ticket per i turisti che ha introdotto a Venezia il sindaco Brugnaro è magari controproducente, perché va a cristallizzare un’immagine conservatrice della città.
Crediamo che “il pubblico deve tornare a essere pubblico” e occorre imporre seri limiti a chi invece intende portare avanti i propri processi di speculazione, a loro sì andrebbe impedito l’accesso alla città!
La nuova prima cittadina Sara Funaro ha annunciato a metà luglio che il consiglio comunale riproporrà la delibera contro gli affitti brevi. Dopo il pronunciamento del TAR che ha bocciato il provvedimento di Nardella, la sindaca replica inserendola nel piano operativo. E gli imprenditori immobiliari sono pronti a ricorrere nuovamente al TAR, i quali peraltro sostengono che anche senza affitti brevi il costo delle locazioni a lungo termine non diminuirebbe automaticamente.
I proprietari cercano ovviamente di fare i propri interessi e in una situazione di vuoto normativo come quella italiana ci riescono. La legge proposta nel consiglio comunale di Barcellona (dal 2029 nessun alloggio privato può essere più destinato a affitto breve) è interessante e potrebbe indicare una via percorribile, perché va a intervenire proprio su questo aspetto: creare una legislazione in materia e regolamentare ciò che oggi è un deserto, anche imponendo limiti.
Ma il problema resta molto complesso. Necessitiamo infatti di una riflessione più profonda sul “turismo mordi e fuggi” che va fatta a partire da chi sono i fiorentini che abitano i luoghi della città, che hanno costruito la comunità di cui facciamo parte e soprattutto la Firenze che lasceranno ai posteri.
Questo significa che non si può avere un centro cittadino privo di luoghi e servizi utili a chi (ancora) ci vive. Il turista, lo sappiamo, è spesso visto come qualcuno da spennare, ma il fiorentino medio non ha il minimo beneficio da questo indotto enorme; i residenti si aspetterebbero qualcosa indietro in termini di servizi per loro come ricaduta. Tra l’altro crediamo che una città con più servizi sia più accogliente per tutti, anche per chi è solo di passaggio.
Un ticket per i turisti – ci riferiamo al centro storico – ribadiamo che magari è inutile, di soldi che entrano a Firenze ce ne sono già tanti (la tassa di soggiorno potrebbe essere aumentata decisamente per i pernottamenti di lusso): nel 2023 il Comune di Firenze ha avuto introiti per 71 milioni di euro per la tassa di soggiorno e l’Assessore al Turismo Jacopo Vicini ha dichiarato che per il 2024 la stima è di 77 milioni di euro.
Tuttavia, quello che serve è creare un’offerta turistica diversa con un ripensamento a monte del settore. E quindi un ripensamento della città per chi la vive ogni giorno, studente (prezzo medio per una stanza 493 euro), lavoratore, pensionato che sia.
I luoghi hanno sempre subito dei cambiamenti e alla fine hanno sempre accolto le innovazioni, ed è giusto che continuino a farlo, ma ci sono novità nei modelli di gestione del turismo emerse negli ultimi anni che andrebbero implementate. Il problema è quando si cerca di fare passare la distopia turistica in un inevitabile cambiamento per la maggioranza della popolazione.
Il 2024 è l’anno in cui anche a Firenze bisogna ripensare il turismo.
La Redazione