Quando a Firenze non scese la notte

SN1066 oggi Chandra X-ray Observatory NASA

SN1066 oggi Chandra X-ray Observatory NASA
SN1006 oggi – Chandra X-ray Observatory NASA

L’astronomia è una delle scienze più antiche dell’uomo, e il motivo è presto detto: nelle epoche precedenti al libro e alla televisione, il cielo stellato forniva a tutti un intrattenimento gratuito, previsioni sul proprio incerto futuro e un mezzo per corteggiare le donne (cosa niente affatto semplice all’epoca). Per migliaia di anni i nostri antenati hanno alzato gli occhi al cielo e vi hanno proiettato i propri sogni e le proprie paure. Ma che posassero lo sguardo sulla volta stellata o meno, ci fu un periodo lungo tre mesi durante il quale nemmeno il più solitario e disinteressato degli uomini potè ignorare l’astronomia, precisamente dal 1 Maggio del 1006.
Nel cielo notturno del 30 Aprile, su una Firenze appena più ampia del quadrato romano, ma nella quale già abitava la famiglia del futuro Dante Alighieri, gli Elisei, esplose una nuova stella, con una deflagrazione così potente, così grande, che nell’orizzonte meridionale del cielo si aprì un immenso disco di luce più brillante di Venere.
Il mondo intero alzò lo sguardo su SN1006 (Supernova 1006), alcuni tremarono, altri pregarono, un monaco benedettino in Svizzera scrisse: “brillava nel cielo e accecava la vista. Il tutto provocando un certo allarme”. In Italia la luce fu così forte che per qualche tempo i monaci poterono leggere e lavorare sui manoscritti anche di notte.
Alì Ibn Ridwan
All’epoca i più grandi scienziati del mondo vivevano tra Il Cairo e Baghdad, dove una civiltà tollerante ed estremamente avanzata stava preservando e rielaborando per noi posteri le opere classiche di medicina, filosofia e, naturalmente, astronomia. Ali Ibn Ridwan era un medico e astronomo famoso per aver scritto trattati su Galeno, padre, con Ippocrate, della medicina, e sull’opera del geografo Tolomeo. Nel suo commentario a quest’ultimo, Ali calcolò la grandezza della supernova in tre volte quella di Venere, non diversamente dagli osservatori cinesi e giapponesi che la descrissero così: “stella ospite, era come Marte, chiara e scintillante”. I cinesi, peraltro, furono gli unici a vedere nell’esplosione interstellare un buon auspicio, come asserì Chou K’o-ming all’imperatore (probabilmente per salvarsi la testa).
La Supernova 1006 era nata dalla fusione di due nane bianche grandi quanto un pianeta e, a mille anni di distanza, resta di quel “sole di mezzanotte” perenne una bolla di gas caldissimi nella costellazione del Lupo, che si espande a 2800 km al secondo e che continua, ancora oggi, a insegnarci la vera natura dell’Universo in cui viviamo.
NICCOLÒ BRIGHELLA