Il reportage fotografico nei luoghi di mafia e camorra in mostra al Museo Leonardiano di Vinci fino al 29 febbraio 2020
Tra squallore e bellezza, morte e rinascita, in un simbolico bianco e nero, la fotografia poetica e politica di Letizia Battaglia e Pino Guerra ci racconta storie di resistenza.
Camminando tra le strade polverose di una Palermo degli anni ’70 incatenata dalla mafia, gli occhi scuri di una bambina ci inchiodano come proiettili.
A bloccarci il passaggio sul ballatoio di una delle Vele di Scampia, un bambino seduto saldamente sul suo trono.Luoghi che portano delle ferite ancora aperte, così come le persone che ne fanno parte, ritratte attraverso uno sguardo nudo e crudo, senza pietismi né manierismi fotografici. In questo scenario desolante, in questo campo di battaglia, i volti e gli occhi esprimono un’azione comune: la resilienza.
La terza edizione del Vinci Photo Festival presenta Tra Guerra e Battaglia, mostra curata dal Foto Club Vinci e patrocinata dal Comune di Vinci ed esposta presso il Museo Leonardiano di Vinci fino al 29 febbraio 2020.
Un percorso iconografico, ordinato tematicamente, attraverso immagini potenti ed evocatrici, capaci di far riflettere su quello che è stato e su quello che è.
“Reportage può significare tante cose, per ognuno cose diverse. Per me significa andare al cuore delle cose, di un luogo, di una città, di un gruppo di persone, cioè scavare con l’immagine.”
Un carrè rosa, energia straripante e parole senza fronzoli quelle di Letizia Battaglia, prima foto reporter donna di un quotidiano in Italia nonchè direttrice del Centro Internazionale per la fotografia di Palermo.
Molto di più di una fotografa, un’attivista che ha saputo testimoniare, denunciare e scuotere le menti e che tutt’oggi, passati gli ottant’anni, continua a lottare, con invidiabile tenacia, contro i conformismi.
Il suo stile, strizza l’occhio al realismo del cinema italiano e restituisce a chi guarda una realtà senza filtri, autentica e spietata, senza mai tralasciare l’elemento per lei più importante, l’Amore.
“Dal punto di vista dell’ambientazione percepisco che mi piacciono quei luoghi e quei sentimenti molto naïf degli anni del realismo nel cinema italiano. Ma è il cinema, non i fotografi. De Sica, Rossellini ad esempio, questo tipo di cinema che è un poco drammatico, un poco verace. Poi le mie foto prendono la strada che vogliono”
Tra gli anni ’70 e ’90 con la macchina fotografica al collo correva sui luoghi dei delitti mafiosi per il giornale palermitano L’Ora, documentando l’incedere della violenza e raccontando uno dei periodi più oscuri del nostro Paese.
La raffica di mitra sul corpo del magistrato Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso, l’omicidio del Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, trascinato esanime dal fratello fuori dalla sua auto, l’uccisione di Salvo Lima, la strage di Capaci e quella di Via D’Amelio, in cui vengono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
La sua Palermo tra miseria e incanto, tra l’orrore dei morti ammazzati e il riscatto nella bellezza delle donne, perché a Palermo c’è anche la vita da raccontare, con gli sguardi dei bambini, i quartieri, le strade e le feste religiose.
“Prima che l’obiettivo della macchina fotografica, dovevamo metterci il cuore, per frugare tra le croste spellate dell’animo”
Spiega Pino Guerra, fotografo napoletano che è riuscito ad entrare nel cuore delle cose, nell’intimità quotidiana di coloro che vivono ai margini, soggiogati dal controllo criminale dei clan camorristi.
Attraverso un espressionismo partenopeo di chi è nato e cresciuto in quei luoghi, Guerra svela una Scampia diversa da quella di cui tutti parlano e che pochi conoscono. Siamo nelle viscere di uno dei quartieri italiani più degradati, le Vele. Luogo avveneristico e punta di diamante di un progetto, originariamente dalle grandi aspettative dove la maggior parte delle famiglie che ci vive sono state trasferite nel post-terremoto dell’80.
Ritratti di famiglia, pezzi di vita quotidiana, immagini nelle quali al degrado più violento, si contrappone la purezza disarmante dello sguardo di un bambino.
“Con questo reportage ho scoperto un’umanità che è l’opposto di quella che viene descritta dai media. Scampia sta cambiando, sta risorgendo, e non grazie alle istituzioni, che al contrario hanno creato questa situazione di degrado sociale. In un anno ci sono stati 90 morti ammazzati, tra cui tanti innocenti. Nonostante questo, la dignità e la voglia di riscatto delle famiglie che vivono nelle Vele non sono morte”
Pino Guerra prova a dar voce ai sopravvissuti che continuano a lottare, raccontando come un quartiere sia riuscito ad avviare un processo di riscatto e di rinascita partendo dal nulla.
Storie di uomini e di territori, di morte e di rinascita, lì dove lo Stato è colpevolmente assente, arriva l’arte, per non dimenticare.
Articolo a cura di Sara Coseglia