Dal 26 al 27 gennaio 2025 a Vivido (Manifattura Tabacchi), Vini Migranti porta in degustazione una selezione di vini internazionali che raccontano storie di resilienza e cambiamento.
Quando pensiamo ai vigneti, ci viene da immaginare colline verdeggianti, filari ordinati in terre come la Toscana, la Borgogna, la Rioja o la Napa Valley. Luoghi iconici, da cartolina. Ma c’è un’altra storia che si scrive ai margini di questa geografia un po’ mainstream. Quella dei vini che nascono in terre dure, bruciate dal sole o segnate da un clima ostile. Produzioni piccole, coraggiose, ribelli, che infrangono le regole del gioco e portano una ventata d’aria fresca in un mondo che a volte ama bere solo quello che già conosce, o che riesce almeno ad immaginare.
Questi vini “migrano” nel senso più puro del termine: portano con sé non solo profumi e sorsi di un terroir, ma storie di resistenza, simbolo di un mondo che si mescola, che accoglie, che cresce nella diversità. Il vino è un linguaggio universale e come ogni lingua, evolve grazie alle contaminazioni. Proprio come dovremmo fare noi con le culture che incontriamo.
Aprirsi a nuovi punti di vista, scardinare stereotipi, e ritrovare nell’atto del bere un significato più profondo: quello di comprendere l’altro.
Dalle terre del Burkina Faso fino al Libano
Da questa filosofia nasce Vini Migranti, la manifestazione che si terrà a Firenze domenica 26 e lunedì 27 gennaio 2025, quest’anno presso Vivido (Manifattura Tabacchi). L’evento vuole mettere in contatto e far dialogare produttori visionari da tutto il mondo con esperti ed appassionati di vino.
Saranno presenti quasi 90 vignaioli, ognuno con qualcosa di speciale da raccontare. Ci saranno produttori italiani, certo – dalla Toscana al Friuli, passando per il Barolo e la Sicilia Etnea – ma anche tanti produttori internazionali. Tra le novità più curiose di questa edizione di Vini Migranti ci sono i vini di François, che arriva dal Burkina Faso, e quelli di Eddie, un rifugiato siriano che coltiva Sangiovese nella Beeka Valley libanese, su terreni sottratti agli Hezbollah.
Non mancheranno i grandi nomi della Loira, come Clotilde Legrand con i suoi vini di Saumur-Champigny, o lo Champagne artigianale di Alain Legret. Dall’Italia, invece, avremo il Syrah di Stefano Amerighi, che ha conquistato anche gli amanti del Rodano, e tante altre chicche: dalle Due Terre di Prepotto, in Friuli, ai vignaioli della Sardegna e della Sicilia Etnea.
Vini Migranti, un nuovo modo di pensare al vino
L’evento, organizzato dall’Associazione Foki Fori, ci invita ad aprirci, a guardare oltre, a scoprire la bellezza che nasce dall’incontro tra culture, territori e persone. Teseo Geri, ideatore del progetto, spiega: “Vini Migranti non è definire vini cosiddetti naturali da vini cosiddetti convenzionali ma non definirne la natura.
Ci interessa più l’etica che l’etichetta: cercare di capire oltre l’appellazione, oltre la storia del vignaiolo, oltre la storicità dell’uvaggio della regione di appartenenza, oltre gli stereotipi, oltre i luoghi comuni. Siamo ciò che siamo indipendentemente da dove nasciamo e dove andiamo. Il mondo guadagnerà della mescolanza e della sua natura di cambiare verso una destinazione non definita. Non aver paura di ciò che non conosciamo è un movente e non un limite Per favore non definite ciò che siamo ma provate a capire l’evoluzione che potremmo creare tutti a mescolare le carte”.
Durante Vini Migranti ci saranno banchi di assaggio aperti dalle 11 alle 18, ma anche degustazioni guidate da esperti come Adriano Zago e Gae Saccoccio. Inoltre, uno spettacolo curato da Diego del Tabarro renderà l’esperienza ancora più immersiva.