Frutta e verdura a chilometro zero, prodotti genuini coltivati direttamente sul balcone di casa, od ovunque ci sia uno spazio libero, anche in città. Pura utopia? No, realtà concreta. Quattro giovani fiorentini ci spiegano come è possibile.
Verde+ è un interessante progetto di agricoltura urbana sviluppato da quattro ragazzi fiorentini che hanno partecipato al bando di concorso del MIUR Smart City and Social Innovation. Incontro Leonardo Boganini, Alessandra Carta, Chiara Casazza, e Giulia Sala (tre architetti e una interior designer) al Giardino dell’Orticultura, e mentre passeggiamo nel verde urbano mi raccontano il loro innovativo progetto, e come vedono la città.
Che cos’è l’agricoltura urbana?
«Agricoltura urbana è tutto ciò che riguarda una produzione agricola fatta nei piccoli spazi della città: dagli orti sociali fino alle coltivazioni sui tetti dei grandi magazzini.Il concetto fondamentale dell’agricoltura urbana è che la produzione sia fatta in città e per la città, ottenendo una filiera corta: un “chilometro zero” a livello cittadino».
Come nasce Verde+ e in cosa consiste?
«La nostra idea è stata quella di sviluppare dei moduli di varie dimensioni che possano essere collocati in spazi molto piccoli, come una terrazza, fino ad arrivare a situazioni più ampie, come, per esempio il tetto di un condominio, di una scuola o in aree inutilizzate, magari in attesa di permessi comunali.Per capirsi, spazi come l’ex-area Longinotti prima della costruzione dell’Università. È proprio in questi moduli che andiamo a sistemare le piante che produrranno i loro frutti: pomodori, insalata, zucchine, ecc… Per conciliare i tempi delle piante con i tempi e le esigenze moderne utilizziamo la coltivazione fuorisuolo, sia con i sistemi più tradizionali che con la tecnologia idroponica, che consente di accelerare la crescita delle piante ed evitare di annaffiarle tutti i giorni. In Italia guardiamo all’idroponico ancora come un metodo artificiale, quando in Nord Europa e in Nord America è un sistema considerato naturale e utilizzato da decenni».
Leggi l’intervista completa a pagina 20 del numero 12 di FUL.
Marta Pintus
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