Alluvione in Toscana: crisi climatica e cementificazione selvaggia

Alluvione Campi Bisenzio

Non solo eventi meteo estremi, il cemento ha soffocato la Piana Fiorentina invadendo il territorio proprio come l’acqua e il fango del 2 novembre. Il consumo di suolo ha reso inermi le nostre città dinanzi alle alluvioni e generando disastri ai danni della popolazione. 

È passata una settimana da quando la piana fiorentina è stata colpita dall’alluvione. Alcune aree sono ancora allagate e i soccorsi faticano a raggiungere tutte le zone. Dall’alba si assiste ad un via vai di volontari che, armati di pale e carriole, cercano di intervenire sui cumuli di fango situati ai bordi delle strade. Sono numerosi coloro che hanno deciso di attivarsi al servizio delle comunità colpite. Si tratta, nella maggioranza dei casi, di ragazzi giovanissimi, residenti e non nei comuni alluvionati. 

Gli stessi giovani che spesso vengono demonizzati a livello mediatico e descritti come scansafatiche, oggi risultano essere i protagonisti di tale solidarietà. Il fango sull’asfalto riduce la possibilità di muoversi e giungere nelle case e nelle cantine maggiormente danneggiate. I più fortunati, invece, riescono a porre ciò che resta dei propri affetti personali sulle strade, in attesa di stabilire cosa dovrà essere buttato e cosa, invece, è salvabile. Le vie sono colme di mobili, giochi per bambini, macchine e motorini distrutti, foto di famiglia, ricordi.

Vi è un aspetto che merita di essere evidenziato: ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi non può essere ridotto ad un semplice “evento climatico eccezionale”. Perché se è vero, come dichiara il Collettivo di Fabbrica GKN in una nota diffusa via social, che “abbiamo varcato il confine e non si può fingere più”, è altrettanto necessario mettere in luce i processi speculativi che affliggono un territorio già ad elevato rischio idrogeologico. Trattasi di contesti urbani che, soprattutto negli ultimi decenni, sono diventati teatro di fenomeni di sfruttamento ambientale ad opera di un ampio spettro di soggetti. Personalità del mondo imprenditoriale hanno individuato la piana come il luogo prediletto per incrementare i propri profitti, delineando una spartizione delle aree maggiormente remunerative.

Il giorno dopo l’alluvione il Presidente della Regione Eugenio Giani affermava su Twitter che: “Non avevamo mai registrato così tanta pioggia in così pochi minuti. Quello che è avvenuto stanotte in Toscana ha un nome chiaro: cambiamento climatico.”

Tutto giusto. Ma le cause di tale devastazione sono davvero riconducibili unicamente al cambiamento climatico? Quest’ultimo genera conseguenze sulla nostra vita e i suoi effetti lasciano un segno indelebile sulle nostre città. Tuttavia, ciò a cui stiamo assistendo è anche il prodotto di una scellerata gestione del territorio e di una politica subalterna a specifici interessi economici.

Crisi climatica e cemento: la tempesta perfetta.

L’esondazione dei corsi d’acqua, l’allagamento degli ospedali e delle scuole non sono stati provocati soltanto da un fenomeno naturale estremo ma da una classe politica che rimane indifferente dinanzi agli interessi collettivi. Basti pensare che in tale territorio un’opera spesso oggetto di  polemica politica è il nuovo aereoporto che, ai fini della sua realizzazione, richiede un’ulteriore impermeabilizzazione di suolo per oltre 140 ettari oltre ai 100 ettari già esistenti.

Questo vuol dire cementificare un’intera area e renderla dunque vulnerabile in caso di nuove alluvioni. Ed è proprio la cementificazione una delle cause di tali eventi.

Uno a sei, ma forse anche uno a otto

<<Si tratta del rapporto tra l’acqua che si infiltra nel suolo cementificato e quella che può penetrare in un terreno non cementificato. Quando si urbanizza, si impermeabilizza. E di conseguenza la forza dell’acqua troverà meno ostacoli, facendo più danni>>, ha dichiarato Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, per spiegare gli effetti degenerativi che la cementificazione “selvaggia” può generare.

Pileri illustra come la Toscana sia una delle regioni italiane con i livelli più elevati in tale materia. Infatti, come sostiene il professore: “la Toscana, con i suoi 238 ettari appena cementificati nel 2022, ha 7.886 ettari edificati in aree a media pericolosità idraulica ed è la regione con la più alta superficie edificata esposta a frane in Italia: 10.518 ettari.” Firenze è tra le tre città toscane più impermeabilizzate (42,6% della superficie). Vi è poi Prato (33,3%) e Sesto Fiorentino (20,8%). 

A tale proposito, i dati Ispra del 2022 forniscono un quadro drammatico. Secondo l’Istituto, l’anno scorso ogni secondo sono andati persi 2,5 metri quadrati di terreno agricolo o naturale. Tale stima si conferma come la più elevata degli ultimi 11 anni e che si traduce in più di 210 mila metri quadrati al giorno. Osservando la cartografia elaborata dall’Ispra è evidente come l’area urbana che circonda Firenze e che si estende fino a Prato e Pistoia risulti essere quella maggiormente attraversata da fenomeni di consumo di suolo.

Non solo, il territorio in questione sarebbe anche tra i più vulnerabili a rischio idrogeologico e pericolosità da frana. A denunciare i fenomeni speculativi vi sono anche le Associazioni della Piana, un coordinamento di comitati cittadini impegnato da anni nella promozione di lotte contro la devastazione ambientale, che in un comunicato pubblicato a seguito dell’alluvione sottolinea come i processi di cementificazione siano ormai dilaganti in questa zona. 

Nel comunicato si legge: “C’è ben altro su cui dovrebbero concentrarsi Giani e la sua Giunta, investendo nella salvaguardia del territorio dal dissesto idrogeologico su cui non si è fatto quasi nulla, […] perché se è vero che questi eventi sono imprevedibili per la portata, è anche vero che “il principio di precauzione” prevedrebbe azioni diametralmente opposte a quelle effettuate dalla Giunta Regionale”.

La crisi climatica corre più veloce dei modelli statistici di rischio.

In particolare, ciò che le Associazioni denunciano è la natura anacronistica dei modelli probabilistici sui rischi idraulici/idrogeologici che, in Toscana, risalgono ormai a 30 anni fa e dunque “non sono più adeguati alle situazioni attuali”. Ne consegue la necessità di una rivisitazione dei calcoli probabilistici e maggiori investimenti finalizzati alle messa in sicurezza e alla prevenzione di intere aree urbane.

Dello stesso avviso anche il Collettivo di Fabbrica GKN, che denuncia lo sciacallaggio di cui è vittima la Piana e che risponde dando vita ad un coordinamento di solidarietà attiva e un punto di raccolta per materiali e generi di prima necessità. Quanto accaduto ci ricorda che la sicurezza e la cura delle nostre comunità richiedono un posto prioritario all’interno dell’agenda politica dei governi locali e nazionali.

Il cemento soffoca le nostre città, invade i nostri quartieri, rendendoli inermi dinanzi alle alluvioni e generando disastri ai danni della cittadinanza.  Dinanzi a scuole distrutte, ospedali allagati e aree inaccessibili, è evidente che la nostra classe politica non possa più continuare ad essere subalterna alla speculazione.