Anish Kapoor a Palazzo Strozzi: “Alchimia, lavoro, materiali”

La mostra Anish Kapoor – Untrue Unreal, a cura di Arturo Galansino, è aperta al pubblico fino al prossimo 4 febbraio 2024.

Irrompe nel Palazzo del Primo Rinascimento la dimensione della star mondiale Anish Kapoor: per la prima volta l’artista britannico si confronta con un edificio come Palazzo Strozzi, simbolo della cultura umanistica e museo che orienta la scena culturale della città nel contemporaneo . «Palazzo Strozzi è simmetrico. La successione degli ambienti è strutturata e rigorosa. Fare una mostra in queste sale non è facile» spiega Kapoor al direttore di Fondazione Palazzo Strozzi Arturo Galansino, curatore della mostra, nell’intervista edita nel catalogo. «Troppo ordine distrugge il modo in cui l’opera può interagire con lo spettatore. È stato quindi necessario interrompere l’ordine delle sale, collocando i lavori in maniera da creare percorsi alternativi attraverso l’edificio».

Kapoor destabilizza il rigore delle sale grazie a opere che concentrano lo sguardo su altre e diverse dimensioni, suggerendo riflessioni circa lo spazio e il tempo, il dentro e il fuori: “In un mondo in cui la realtà sembra sempre più sfuggente e manipolabile, Anish Kapoor ci sfida a cercare la verità oltre le apparenze, invitandoci a esplorare il territorio dell’inverosimile e dell’irreale, untrue e unreal” scrive Arturo Galansino.


Void Pavilion VII 2023 tecnica mista, vernice mixed media, paint cm 750 × 750 × 750 ©photoElaBialkowskaOKNOstudio

Nelle sale opere storiche, recenti, e una nuova produzione ideata specificatamente per essere “in rima” con l’architettura del cortile rinascimentale. Da qui la mostra può iniziare o terminare, dal Void Pavilion VII (2023): struttura formale vuota, dove quello con cui si ha a che fare sono i volumi, l’assenza e la tensione verso feritoie rettangolari di nero abissale, dove lo sguardo precipita nell’inconscio.

Altre opere in mostra acquistano un carattere totemico: le riflessioni sugli specchi, la visione di immagini deformate, in una dimensione dove i confini con la realtà sono dissolti.

Poi, le opere sul colore: “Il colore in Kapoor non è semplicemente materia e tonalità, ma diventa un fenomeno immersivo, dotato di un proprio volume, spaziale e illusorio allo stesso tempo” scrive Arturo Galansino, sono immersioni nel pigmento, visto come potenza ultraterrena – il giallo, il rosso (anche: i colori della sua Bombay), il blu astronomico. E c’è il nero, il nero di cui Kapoor ha acquistato i diritti, il Vantablack, il materiale in nanotubi di carbonio usato in ambito aerospaziale capace di intrappolare quasi la totalità della luce che lo colpisce, capace di privare di contorno qualunque forma.


Anish Kapoor To Reflect an Intimate Part of the Red
1981 Mixed media and pigment Dimensions variable Photograph Oliver Santanaue © Anish Kapoor. All rights reserved SIAE, 2023

Ci sono poi il corpo e il sangue, materiali carnosi di silicone e pittura, un grosso feto uterino in acciaio e resina, immagini grondanti e pesanti, suggestionanti, evocative di una dimensione quasi sensuale, fin dai titoli.

Ma è con Svayambhu (2007) che si apre la mostra al Piano Nobile, opera di enorme impatto, anche dal punto di vista del dialogo con l’architettura che la ospita: un massiccio blocco di cera rossa si imprime in un portale muovendosi impercettibilmente da una stanza all’altra e perdendo materia, interagendo con lo spettatore sia fisicamente che sensorialmente. Il termine sanscrito Svayamhu definisce ciò che si genera da sé, che “è sorto da sé”, è il corrispettivo delle immagini acheropite cristiane create senza l’intervento di una mano umana ma impresse miracolosamente su un supporto. Secondo Kapoor «La forma […] si è fatta da sé» e in quest’opera è infatti assente l’intervento dell’artista, qui sostituito dal motore – invisibile – che fa muovere il grande blocco plasmabile attraverso una porta. In mostra Svayambhu è messo in rapporto con Endless Column (1992), opera che fa esplicito riferimento alla celebre scultura La colonne sans fin di Constantin Brâncuși, con cui l’artista rumeno ha voluto suggerire lo slancio verso l’infinito.


Svayambhu, 2007. cera, vernice a base di olio. wax, oil-based paint.
©photoElaBialkowskaOKNOstudio

Anish Kapoor lo ha dichiarato, e nel suo testo curatoriale, Arturo Galansino lo ricorda: sono “Alchimia, lavoro e materiali” che portano l’artista a fondere pigmenti, pietra, acciaio riflettente, cera e silicone, psiche e materia, conscio e inconscio, e creare opere che trascendono la materia, trasformandosi in essenze atemporali, con l’intenzione di affidarsi all’oltre.

Anish Kapoor, Untrue Unreal

Firenze – Palazzo Strozzi

a cura di Arturo Galansino

Fondazione Palazzo Strozzi – Mostre ed esposizioni d’arte internazionali

immagine in copertina: ©photoElaBialkowskaOKNOstudio