Dopo la tappa fiorentina del 27 luglio al Firenze Folks Festival 2019, il dj Marco Dalmasso sarà uno dei pochi italiani a far ballare il pubblico del Sziget festival di Budapest
Il suo binomio d’arte fa sorridere e incuriosisce. Ghiaccioli e Branzini è il progetto musicale concepito dal dj torinese Marco Dalmasso che sta facendo girare i suoi dischi a colpi di liscio e musica folk, in giro e oltre il Belpaese.
La sua particolarissima identità musicale, la cui base sonora è la musica elettronica, ondeggia tra frizzanti ritmi swing, musica folk, funk e sonorità black jazz e blues; un ‘’amarcord’’ di rarità del passato, rielaborate in una veste insolita e moderna.
Non solo un’audace sperimentazione musicale tra tradizione e contemporaneità ma anche, come per il singolo Mascotte/Mazurka Boom, un omaggio sincero e sentimentale, una confessione autentica a quella che è stata la più popolare forma musicale del 900 italiano e ai suoi artigiani.
Il disegno musicale di Ghiaccioli e Branzini racconta molto di più: il recupero e la riattualizzazione di un’eredità musicale, sociale, culturale, popolare. Uno sguardo rivolto al passato che ammicca al presente.
Il suo è un linguaggio musicale che racconta uno spaccato storico e sociale di un’Italia malinconica ma serena, un’Italia che lavorava tutta la settimana e ballava la domenica pomeriggio, dopo il rituale del pranzo, nelle balere, nelle sagre popolane, col vestito buono e il vassoio di paste avanzate da portare a casa. Un’Italia passata ma non dimenticata, che rivive nella poetica elettronica di queste tracce.
I propositi di Ghiaccioli e Branzini sono lungimiranti e offrono un interessante spunto di riflessione sulla rivalutazione del momento conviviale, in nome di un divertimento autentico, sfacciato, sudato e non di un prodotto commerciale preconfezionato.
Partiamo con una domanda che non vi hanno mai fatto: perché Ghiaccioli e Branzini?
Trovo che siano due cose molto confortanti. Io sono cresciuto nella bassa torinese e il ghiacciolo da noi si chiama Stick. Nel caso ne ordinassi uno alla menta a Torino, la “e” va aperta tantissimo. Altrimenti non te lo danno. Comunque all’inizio di questa avventura eravamo in due, io e Federico De Nardo (Dede) un “mascalzone” bolognese. Il nome credo sia uscito un pomeriggio di luglio presso Gli Anelli Mancanti dove eravamo molto attivi con una Street TV legata all’omonima associazione. Forse eravamo troppo accaldati.
*Dede attualmente risiede in Medio Oriente, ma almeno una volta l’anno organizziamo super festa ricreando il duo, The Original G&B Party.
Com’è avvenuto il tuo battesimo musicale e quando hai iniziato a far girare i tuoi primi dischi?
Se penso che a 15 anni ho fatto spendere un milone di vecchie lire per 2 giradischi ai miei genitori mi viene voglia di tornare a Torino e abbracciarli. Da ragazzetto conducevo un programma radiofonico per una discoteca della provincia torinese, L’Ultimo Impero. Era ottimo per almeno due cose: mi facevano fare l’apertura della serata in consolle e, altra cosa, avevo i dischi gratis. Grazie alla collaborazione della radio con Mariposa Dischi (un negozio di vinili a Mirafiori che purtroppo ha chiuso) ogni settimana avevo in prestito dei nuovi mix. Vinili ovviamente, che non mi sarei altrimenti potuto permettere. Mi ricordo i prezzi: 12.000 lire i mix italiani 18.000 quelli di importazione. Ovviamente i dj più grandi e più conosciuti di me avevano la precedenza sulle ultime novità, ma in qualche modo riuscivo ad intrufolarmi e a portare a casa qualche bombetta.
Di sangue torinese ma di stanza fiorentino: ripercorrendo la tua storia, che cosa ti ha portato in questa città?
Io non capisco perché le gite le fanno sempre a Marzo. Ho scelto di fare l’Università a Firenze perché di tutte le città che avevo visitato durante le gite scolastiche era l’unica in cui non aveva piovuto. L’ho presa come un segno e i segni vanno seguiti. A parte questo consiglierei a chiunque di venire ad abitare a Firenze. E’ la città dove vivere.
Il tuo sound è contaminato da generi diversi, non ponendo limiti alla creatività. Quali sono, se ci sono, i modelli musicali che ti hanno maggiormente ispirato?
Quanto tempo hai? eheh…Tra gli italiani sicuramente De Gregori. Oltre ad essere incredibilmente bravo a scrivere, in molti suoi brani ci sono delle parti strumentali, di solito in coda al brano, a cui sono molto legato. Spesso mi trovo a canticchiarle per strada. Un giorno mi piacerebbe metterle tutte insieme e ri-editarle con sequencer e macchinette varie. Per il resto trovo molto utile parlare del processo creativo con i miei amici musicisti di sempre: Alberto Becucci, Lorenzo Hugolini, Riccardo Zammarchi, Edoardo Florio Di Grazia, Daniele Li Bassi, Tuliozi, Marzouk Mejri, Charles Ferris, ma anche super fonici come Francesco Felcini, Christian Lindemann, Tommy Bianchi.. potrei continuare l’elenco. Più che la creatività mi interessa il perfezionamento di un qualcosa che è sempre in fieri; qualcosa che magari sai fare benino, ma sai che lo potresti fare meglio. Non c’è fine alla ricerca… dannazione.
Tra le tante influenze che costellano la tua sperimentazione musicale, incuriosisce il posto riservato al liscio. Spiegacene le ragioni E rispetto a questa scelta di genere, ci sono degli intenti artistici che vanno oltre la musica?
Il liscio è la nostra musica folk del 900. Amo il liscio di Secondo Casadei perché è verace ed elegante allo stesso tempo. L’anno scorso ho ricevuto il premio Folkint (Mei) come miglior rielaborazione della musica tradizonale italiana ed è lì che è iniziata la mia collaborazione con l’etichetta legata a Secondo, La Casadei Sonora. Il liscio delle origini era valzer, mazurka e polka. I primi due hanno una scansione ritmica in ¾ . Mi piace lavorare con i tempi dispari, ti devi inventare un sacco di cose.
La tua è un’identità musicale ben definita. Cosa ne pensi dell’attuale panorama del Beatmaking italiano?
Ti dico i miei preferiti: Clap Clap, Khalab, Populous, 291out, Filoq, Lorenzo Senni, Grissino, Funk Rimini, Jolly Mare, Bottin.
Concordo sulla parola panorama, è più un panorama che una vera scena. Però con l’aumento del numero dei Festival in Italia c’è anche più possibilità di incontrarsi analogicamente, magari mangiare insieme una pizza e poi boh… qualcosa succederà.
La scena è servita…
Sappiamo che sarai on tour non solo in Italia ma anche fuori: il 12 agosto allo Sziget Festival, il 7 settembre e l’11 ottobre in Belgio. Che accoglienza trova il tuo linguaggio musicale in terra straniera?
Me lo chiedo ogni volta che suono all’estero… mi dico: “m***a, ma se poi non ballano?” Però diciamo che cerco di fare il meglio per avvicinarli al mio mondo musicale piano piano. Esotico ma non troppo. Così la serata parte bene, io mi tranquillizzo e vado libero. Per me ogni set è sempre un mix tra previsione e azzardo, ogni tanto faccio anche delle scalette, ma poi non le seguo.
Articolo a cura di Sara Coseglia