Con Luca Picchi sulle tracce del Conte Cammillo Negroni per scoprire la storia di uno dei cocktail italiani più famosi.
A volte le storie si confondono con i miti e le leggende e divengono credenze o tradizioni. Firenze questo lo sa bene, e porta nel suo bagaglio innumerevoli pareri contrastanti sulla nascita o l’invenzione di questa o quell’altra cosa, che forse contribuiscono all’eredità di quel fiorentino notoriamente e bonariamente dipinto come persona dubbiosa e malfidata.
Tra queste ce n’ è una che per molto tempo è passata di bocca in bocca fino a oggi, ed è relativa alla nascita di un cocktail famoso in tutto il mondo: il Negroni.
Abbiamo sentito tutti dire che è nato qui e che a inventarlo fosse un nobiluomo da cui prendeva il nome; ma nessuno si è mai preso la briga di provarlo con certezza.
Nessuno tranne “Il Conte” Luca Picchi: pilastro del bartending fiorentino, da quarant’anni dietro un bancone di cui 17 dietro quel bar che dal 1872 si affaccia sulla piazza più importante di Firenze: il Caffè Rivoire in piazza della Signoria.
Luca si mette “sulle tracce del Conte” sul finire degli anni ’90, mosso dalla voglia di porre fine alle tante dicerie che negli anni si era sorbito. I suoi studi e la sua continua ricerca lo portano perfino a conoscere la famiglia Negroni, che lo contatta e gli fornisce preziose foto di famiglia. Pubblica un totale di quattro libri, di cui l’ultimo, Cocktail Negroni: una leggenda italiana (edito da Giunti), si trova perfino negli scaffali delle librerie statunitensi.
La storia di Cammillo (sì, con due “emme”) Negroni è affascinante: quella di un uomo di nobili origini italo-inglesi che nei primi anni del secolo scorso, mosso da spirito avventuriero e da vari attriti con la società del tempo, si trasferisce negli Stati Uniti in cerca di nuove opportunità. Finendo presto per fare il domatore di mandrie al pascolo nelle grandi pianure americane: in una parola… il cowboy.
Il Conte torna in patria poco prima della Grande Guerra, ma è tra i pochi fortunati che non viene chiamato alle armi. La stessa cosa non si può dire del giovane Fosco Scarselli, che nel 1918 appena ventenne torna a piedi da un campo di prigionia e trova lavoro come banconiere (non barman ché ai tempi questi erano pochi e operavano quasi esclusivamente nei grand hotel) alla Drogheria-Profumeria Casoni, una sorta di alimentari gourmet e di bottega di delizie che dal 1933 prenderà il nome di Caffè Giacosa.
L’aperitivo dal Casoni è un rituale per i signori del tempo, ed è qui che i due protagonisti della nostra storia si incontrano e si conoscono.
Un bel giorno tra il 1918 e il 1920 il Conte domanda al suo fido barista di aggiungere una parte di gin al suo abituale aperitivo: l’Americano (composto da vermouth rosso, bitter Campari e seltz). La miscela è molto gradevole e diventa presto la bevanda preferita da Cammillo. Egli è solito ordinarla a bassa voce, per non farsi sentire. Nutre una sorta di gelosia nei confronti della sua creazione; ma a Firenze lo sappiamo, i segreti hanno le gambe corte… il cocktail Negroni entrerà presto in voga tra i benpensanti del tempo e in pochi anni verrà conosciuto e apprezzato in tutto il mondo come il drink simbolo di quel gusto “dolceamaro” che hanno gli aperitivi italiani.
Grazie, Conte! •
Testo di Julian Biondi
Foto di Luca Picchi e famiglia Negroni-Bentivoglio