La pandemia da COVID-19 rischia di passare alla storia come fenomeno epidemiologico ma anche come evento recessivo di enorme portata.
Abbiamo cercato di mettere in ordine gli eventi dell’attualità per comprendere come l’economia a livello internazionale e locale potrà essere afflitta in seguito all’emergenza sanitaria da Coronavirus. Mentre si discutono ancora le conseguenze della grande recessione scoppiata nel 2008, le cui ferite per molti versi non si sono ancora rimarginate, un nuovo shock economico si abbatte sull’economia mondiale.
Il Covid 19 è diverso dalla famosa “crisi” del 2008.
Il rischio, come ha di recente scritto il noto economista Nouriel Roubini, è dover affrontare una grande depressione. A differenza della prima, scaturita dagli eccessivi ed insostenibili entusiasmi del settore finanziario che ha poi prodotto, per riequilibrarsi, una crisi da domanda, nella seconda assistiamo ad un doppio shock. Il COVID-19 ha colpito simultaneamente sia l’offerta che la domanda. Da un lato abbiamo infatti la chiusura di un gran numero di attività produttive, dall’altra una compressione forzata dei consumi e degli investimenti. Ciò che cambia non è solo la natura del trauma, ma anche la sua portata senza precedenti, come evidenziato dall’impressionante richieste di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti e in Europa.
La risposta alla crisi economica da parte dell’Europa.
Anche se la diffusione dell’epidemia non è stata omogenea in tutti i paesi, la percezione è che tutti verranno colpiti in modo simile. Ecco che le risposte da parte dei governi e delle banche centrali sono state, e prevedibilmente saranno, anch’esse abbastanza simili. Lo scopo è duplice: evitare che le aziende rimangano senza liquidità e chiudano i battenti – distruggendo capacità produttiva che sarà poi difficile ripristinare – e sostenere le famiglie che rischiano di trovarsi di colpo senza reddito dopo aver raschiato il fondo del barile dei risparmi. Gli strumenti specifici sono tutt’ora in discussione, ma varieranno da paese a paese per ragioni di carattere storico e giuridico. Tuttavia è certo che l’intervento pubblico in economia dovrà essere per forza di cose fortemente potenziato in tempi molto brevi.
I rischi di un’errata risposta di politica economica europea e l’annoso contrasto tra i paesi del Nord e quelli mediterranei.
Quella delle tempistiche ristrette è un’altra caratteristica della situazione eccezionale che stiamo vivendo. Siamo passati da una situazione di tranquillità, che col senno di poi possiamo definire eccessiva, allo stato di emergenza nel giro di pochissimi giorni. I primi pacchetti per garantire il galleggiamento delle economie occidentali sono arrivati con una rapidità senza precedenti in tempo di pace. E, non a caso, in Europa è già iniziato uno scontro molto forte per abbandonare la disciplina di bilancio che ne caratterizza la governance economica in favore di strumenti diversi e più flessibili, ma soprattutto più potenti, capaci di mobilitare sufficienti risorse finanziarie.
È ancora presto per capire quali esiti avrà questa battaglia, ma è chiaro che sono venuti nuovamente al pettine dei vecchi nodi che negli ultimi dieci anni erano rimasti irrisolti. Si dice che il processo di integrazione europea procede proprio grazie alle crisi che, di volta in volta, colpiscono il continente. Se non saranno superate le divergenze tra paesi “nordeuropei” e “mediterranei” c’è il rischio che questa crisi, per l’Unione Europea, sia l’ultima: una comunità politica che impone vincoli sulla libertà di azione dei propri membri senza meccanismi solidaristici è destinata a non durare.
Firenze è colpita in termini di mancato flusso turistico. La nostra città potrebbe soffrire più di altre in termini di recessione?
Per quanto riguarda l’impatto del COVID-19 sulla città, dobbiamo ricordare che non tutti i settori sono colpiti allo stesso modo. Avere un’economia più diversificata sarebbe stato meglio, tuttavia, fortunatamente, la città non vive solo di turismo. Secondo il Centro Studi dell’Istituto Regionale di Statistica, dati 2019, il turismo vale per Firenze 2 miliardi di Euro, pari al 7% del PIL cittadino.
Se è prevedibile che questo settore e quello del commercio saranno colpiti in modo importante per un periodo di tempo forse lungo, i settori dell’abbigliamento e della metalmeccanica probabilmente sono in grado di ripartire con maggiore facilità. O, come nel caso del settore alimentare, di continuare a lavorare anche in questi mesi. Ma non si deve sottovalutare il rischio che le catene internazionali del valore vengano ridisegnate e che i mercati vadano verso un periodo di minore apertura. Questo al netto, come detto sopra, di una politica economica forte che è comunque indispensabile.
Articolo a cura di Francesco Marrangoni
Foto: Michele Borzoni, Workforce