Essere un venditore ambulante ai tempi del Covid

venditori ambulanti

Mancano pochi giorni alla fine di quest’anno infausto. E, anche se in cuor nostro sappiamo tutti che girare il calendario il 1° Gennaio non sarà altro che un gesto simbolico, è proprio a questi piccoli gesti che più volte, negli ultimi dodici mesi, ci siamo ancorati: cantare dai balconi, mettere foto di pizze sui social, telefonare all’amico lontano, condividere frustrazioni online. Piccole cose che ci hanno fatto sentire parte di una comunità allargata. Di una grande storia condivisa. Di una moltitudine di pensieri, paure e speranze ben visibili e con una grande voce. 

Ci sono persone la cui voce però non si sente. Sono abituate a non essere troppo visibili, e spesso non appaiono nei nostri pensieri. Tra questi c’è Ablaye Sylla, per gli amici “Abdul”. È un ragazzone senegalese di 35 anni, di cui 15 trascorsi in Italia. Fa il venditore ambulante a giro per il centro di Firenze. Lo avrete probabilmente già incontrato. Magari gli avete comprato un accendino, forse lo avete allontanato – più o meno garbatamente – dal tavolino in cui eravate seduti a bere una birra. Nella zona di San Frediano e Santo Spirito è uno dei volti più noti. Chi vi scrive lavora in un bar serale, lo conosce da 4 anni, riceve i suoi auguri per il compleanno e si stupisce se non lo vede almeno una volta al giorno nel quartiere. 

abdul venditore ambulante
Abdul Sylla

Quando gli ho chiesto se voleva essere intervistato mi ha risposto: “Sì, non è la prima volta. Dieci anni fa un mio amico mi ha fatto anche delle foto. Non possiamo vederci però, quindi ti mando io qualcosa con il telefono”. Quando gli ho spiegato che qualcuno sicuramente scriverà qualcosa di offensivo sotto l’articolo, mi ha detto “sai come si dice. La mamma degli str**zi è sempre in cinta”. 

Abdul, quando sei finito qui?

Sono arrivato nel 2005 con un visto turistico dal Portogallo. Come tutti in cerca di fortuna. Ho raggiunto alcuni amici che vivevano in Toscana già da qualche anno. Ho iniziato a lavorare nei campi a Suvereto e Ponsacco, poi nelle concerie di Santa Croce sull’Arno. Dal 2013 mi è scaduto il permesso di soggiorno e non ho avuto più modo di lavorare con contratti regolari. In generale il lavoro da ambulante lo faccio da sempre, in assenza di altri lavori. In certi momenti di più, in altri di meno, a seconda delle alternative che ho. 

Dove vivi? 

Vicino a Pontedera. Qui siamo una comunità di circa cento persone, tutti senegalesi. Siamo molto uniti, viviamo tutti vicini. Sappiamo chi sta meglio o peggio, e ci aiutiamo come possiamo tra di noi. Vivo con altre tre persone. Uno fa il mio stesso lavoro, gli altri due sono magazzinieri. Al momento però, siamo tutti fermi.

In momenti normali, quale sarebbe la tua giornata-tipo? 

Ogni giorno prendo un treno per Firenze nel primo pomeriggio. Inizio il mio giro per il Centro. Nel pomeriggio sono perlopiù in zona Santa Croce e Mercato Centrale. Poi verso sera mi sposto Oltrarno, tra San Niccolò e Santo Spirito. Cammino tutto il giorno, con qualche pausa nelle piazze. Durante la settimana prendo l’ultimo treno, intorno a mezzanotte. Nel fine settimana, quando lavoro di più perchè la gente è a giro fino alle tre di notte, prendo il primo treno del mattino, alle quattro e mezzo. Ci tengo a dire che tutti questi treni che prendo li pago. Ho l’abbonamento mensile, costa 85 euro. Non dico che tutti abbiamo l’abbonamento. In realtà dipende sia dalla persona sia da dove lavora. Quelli che vanno a Firenze ce l’hanno sempre, perchè non si può accedere ai treni senza biglietto. La sera spesso non ci sono i controlli, ma quando ci sono ci fanno scendere alla prima fermata. E il rischio di dover dormire in una stazione qualsiasi è alto, per cui conviene avere sempre il biglietto. 

Quanto guadagni?

Difficile dirlo. Molti dei soldi che ho in tasca li utilizzo per ricomprare le cose che vendo. Gli altri per pagare l’affitto, il cibo e le bollette. Se alla fine avanza qualcosa la mando alla mia famiglia in Senegal. Non saprei davvero qual’è la cifra finale. 

Lo sai che ero sicuro che non pagassi il biglietto?

Tu lo paghi il biglietto no? E allora perchè non io? Siamo lavoratori come gli altri, solo che guadagniamo poco. Non tutti sanno che molti di noi hanno una licenza di vendita. Che abbiamo un commercialista, facciamo una dichiarazione dei redditi e paghiamo le tasse. Circa la metà di noi è regolarizzata. Non esserlo è un rischio, perchè in qualsiasi momento la polizia può confiscarci tutta la roba. A me è successo diverse volte perchè io non ho la licenza. Il mio permesso è scaduto e sto aspettando che si sblocchi la pratica di rinnovo. Sono tra quelli che a Luglio, con il nuovo Decreto Rilancio, ha fatto domanda per regolarizzarsi. Speravo fosse più breve la pratica…ma sai col Covid è tutto più lento. 

E qui ti volevo. Com’è stato l’anno del Covid per te?  

Duro. Molto più duro del solito. D’Estate di solito lavoro nei campi, alla raccolta di pomodori, uva e poi olive. Quest’anno pochissimo: un paio di persone mi hanno proposto di raccogliere le olive ma poi per il Covid non ho potuto fare nulla, hanno fatto da sole. Ho fatto un po’ di vendemmia a Settembre a Ponsacco. Da Marzo a Giugno non ho fatto niente, poi quando ho potuto muovermi ho ricominciato il mio giro a Firenze. Ma c’era poca gente, spesso impaurita e nervosa. 

Per fortuna il mio lavoro non dipende dal turismo. I turisti hanno paura di me, pensano che gli voglia fare del male. Nei loro Paesi non ci sono venditori ambulanti, credo. Per questo ogni tanto mi chiedono qualcosa sulla mia vita. Di solito sono francesi, che sanno che parlo la loro lingua. 

Durante il lockdown qualcuno ti ha aiutato? 

Un po’ di amici in questi anni li ho fatti. A Primavera alcuni hanno pensato a me. Un amico di Santo Spirito, delle ragazze di San Niccolò, una ragazza che lavora in un locale vicino al Mercato Centrale. Ci hanno mandato dei soldi, che abbiamo condiviso in casa nostra e con i nostri vicini. 

Sono stati mesi difficili per tutti in Italia, anche per gli italiani. Ora è ancora più difficile. Non c’è nessun lavoro nei campi, non possiamo andare a giro a vendere, e quelli di noi che facevano lavori tipo lavapiatti, magazzinieri e sicurezza nei negozi, sono fermi. Siamo davvero in difficoltà. 

Ti piace quello che fai?

Parlo quattro lingue, ho la patente e non mi fa fatica fare nulla. Ho fatto anche un corso per fare l’addetto alla sicurezza. Come curriculum se ci pensi non è male! Per ora però, finchè ho il permesso di soggiorno bloccato, non posso fare altro che vendere per strada.

Il lavoro non mi piace, però negli anni ho conosciuto tante persone, che mi vogliono bene e alle quali voglio bene. Questo è il lato che mi piace. Di lati negativi ce ne sono tanti, ma non ci voglio pensare. 

Mi sei sempre sembrato un tipo positivo…

Lo sono. La speranza non costa nulla. 

Spero che il prossimo anno arrivi il vaccino e che tutti tornino a sorridere. Di sorrisi se ne vedono pochi ultimamente, e non è colpa delle mascherine. 

Per chi volesse aiutare Abdul e i suoi amici con una piccola donazione, lo potrà fare scrivendo alla nostra redazione, all’autore di questo articolo (Julian Biondi) o allo stesso Ablaye Sylla (si trova su Facebook). Gli verranno forniti gli estremi della carta ricaricabile e l’IBAN di Abdul e i suoi coinquilini.