"Firenze Sotto Vetro", la musica di Emanuele Frusi ci racconta il lockdown

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Abbiamo intervistato Emanuele Frusi, autore della colonna sonora di “Firenze Sotto Vetro”, il documentario che racconta Firenze durante il lockdown.

Com’è nato il progetto “Firenze Sotto Vetro”?

“Firenze Sotto Vetro nasce da un’idea di Pablo Benedetti e Federico Micali (registi) i quali durante il primo lockdown (a marzo 2020) sentono l’esigenza di raccontare un momento storico e una Firenze mai vista, silenziosa e vuota. Io vengo in contatto con la produzione attraverso Luigi Mearelli (montatore video) con il quale avevo lavorato già a diversi film, e dopo un primo incontro a Roma, mi sono subito innamorato del progetto, così tanto da volerne fare assolutamente parte.” 

Di che cosa parla questo social film?

“E’ la storia di un anno senza eguali, di una città in lockdown, di migliaia di persone che hanno dovuto affrontare qualcosa che non aveva precedenti, e attraverso i loro filmati e quindi i loro occhi, di come hanno affrontato uno dei momenti storici più complessi della storia moderna.”
E’ quindi uno sguardo dentro le case di tantissime famiglie, strutture, istituzioni, organizzazioni, persone nelle loro vite quotidiane e professionali, e soprattutto nelle loro “forzatamente nuove” abitudini. 

La cover di "Firenze Sotto Vetro".
La cover del social film “Firenze Sotto Vetro”

Che effetto ti ha fatto entrare in contatto con una Firenze così inusuale?

“Per me che sono nato a Firenze ma vivo in Umbria, la città ha sempre avuto un fascino indomabile, nelle sue mille attività, nel suo dinamismo e nella voglia di fare che contraddistingue i fiorentini, quindi non appena ho avuto modo di visionare il girato, di una Firenze così silenziosa e immobile, ho come perso il fiato. Mi sono reso conto che il rispetto e la pacatezza con cui dovevo argomentare musicalmente quelle immagini dovevano essere ben studiati e soprattutto coerenti. “

Cosa ti ha ispirato nel comporre la colonna sonora del docufilm?

“L’ispirazione per la colonna sonora è arrivata mescolando le sensazioni che anche noi come famiglia provavamo seppur vivendo da un’altra parte, con la maestosità di questa incredibile città ora deserta. Ho deciso di iniziare a scrivere ancor prima di avere tutto il girato, suggestionato solo da alcune immagini, per poter andare libero e di pancia, e così ho fatto, cercando una voce lineare e consistente che potesse sostenere tutto l’arco narrativo del film.”

Poche note di pianoforte e violoncello: a cosa si deve questa scelta?

“La mia idea era creare un tema musicale che fosse la voce stessa della città, in un docufilm ci sono così tante storie e personaggi che ho deciso quindi di far parlare nel tema la città stessa. Volevo una sonorità che galleggiasse in aria, e che potesse viaggiare libera in contrasto con tutte le persone che erano forzate in casa, quindi il pianoforte.
Il Violoncello invece doveva rappresentare la parte di grande bagaglio storico e culturale di questa città, un elemento potente ma elegante che mi aiutasse a far cantare questo mondo musicale. “

Quale ruolo può giocare la musica nell’aiutate ad affrontare tutti i risvolti di questa pandemia? 

“La musica è forse l’unico strumento che abbiamo a disposizione per stimolare la nostra immaginazione, ed è un linguaggio universale che sincronizza la stessa emozione su persone di culture differenti. In un momento in cui si è costretti a vivere ancorati a terra, in maniera cauta e spesso isolati, la musica è l’accelerante che può far viaggiare lontano senza muoversi.
Allo stesso tempo quando la situazione ci permetterà di nuovo di aggregarci in sicurezza, sarà sempre la musica nella sua forma “ live “ a permettercelo.
Quando si pensa alla cultura dovremmo smettere di pensare a qualcosa di accessorio o di diletto, ed iniziare a vederla come l’ingranaggio che ci definisce come persone e società.”