Edoardo Celli, in arte Sbracegram, è il creatore digitale che trasporta Firenze in visioni oniriche tra campi di grano, mandorli fioriti, cipressi, ulivi e iris, trasformando le sue foto in quadri digitali di un’arte 2.0.
Un’operazione artistica, quella di Sbracegram che gli consente di unire tutte le sue passioni, quella per la grafica, quella per la fotografia e quella per l’arte, in un’unica creazione, tramite lo strumento per eccellenza dei creativi digitali: Photoshop. Si parte proprio dalle fotografie, infatti, scattate dallo stesso Edoardo, che vengono poi rielaborate graficamente mixandole con alcuni quadri famosi, come il Ramo di Mandorlo fiorito o la Notte stellata di Van Gogh, l’Urlo di Munch ma anche Dalì, Hopper, Monet e molti altri. Il risultato sono delle magnifiche cartoline di Firenze (ma non solo) che offrono uno sguardo diverso e fantasioso sul mondo che ci circonda ogni giorno e che troppo spesso vediamo ma non guardiamo. Dettagli di palazzi ed edifici, scorci di strade e ponti, rivisti con la più fantasiosa immaginazione, con gli occhi di un sognatore, a metà tra la visione di artista e quella di un bambino.
Le sue immagini di una Firenze insolita e fantastica ci hanno colpito così tanto da chiedergli di regalarci alcune delle sue immagini per le copertine di FUL; l’abbiamo incontrato per fare due chiacchiere e scoprire di più delle sue creazioni.
Edo, raccontaci un po’ come hai iniziato a creare queste immagini e come ti è venuta l’idea.
Tutto è cominciato nel 2017, quando lavoravo in centro a Firenze, dalla passione per la fotografia; quando staccavo dal lavoro e mi trovavo a giro per la città iniziavo a scattare e a fotografare tutta la meraviglia che vedevo intorno, godendomela. Contemporaneamente è nata in me anche la passione per il photo-editing e ho iniziato a sperimentare e a postare i primi fotomontaggi sui social. Inizialmente le figure che andavo a integrare alle foto erano semplici silhouettes, come il mostro di Loch Ness in Arno e King Kong aggrappato alla lanterna della Cupola accerchiato dagli elicotteri. Poi ho aggiunto, sempre con lo stesso metodo, dei particolari alle statue, come il mantello di Superman al Biancone o agli edifici, come il logo di Batman illuminato in cielo dalla Torre di Arnolfo. Solo in un secondo momento è nata l’idea di photoshoppare dei quadri sulle mie foto, come fossero dei collage. Con le prime pubblicazioni su Instagram sono arrivate anche le prime piccole soddisfazioni, ad esempio tramite un contest sulla piattaforma ho vinto un quadro di un’artista tedesca che ha premiato il mio lavoro scegliendolo tra quelli dei vari partecipanti, oppure ho vinto dei biglietti di una partita di rugby; piccole cose ma che mi facevano capire che il mio lavoro era apprezzato e che dovevo portarlo avanti.
In un lavoro come il tuo come hai combattuto con il diritto d’autore?
Diciamo che fin tanto che le mie opere non vengono commercializzate il problema è pressoché nullo; inizialmente le foto erano tutte mie, ora mi concentro più sul lavoro di editing e attingo a foto royalty free, citando comunque sempre autori e fonti nei miei post. Il problema principale è piuttosto per le immagini dei quadri, per le quali uso sempre fonti libere, non soggette ai diritti d’autore o comunque chiedo il permesso a chi ne detiene la proprietà. Per gli ultimi lavori che ho fatto ad esempio, tra cui la copertina di FUL 50, ho usato delle immagini realizzate con il telescopio spaziale Webb e per farlo ho dovuto contattare la NASA! Sembra una storia assurda, ma è andata proprio così! Ho scritto all’ufficio deputato al diritto d’autore e loro mi hanno rilasciato l’autorizzazione in quanto foto patrimonio universale. Diciamo che quello del diritto d’autore è un tema non scontato; la maggior parte delle pagine e dei creatori digitali non se ne preoccupano molto e spesso usano immagini senza il permesso di chi ne detiene la proprietà. Io però, da creatore digitale, credo sia imprescindibile rispettare il lavoro degli altri, esattamente come vorrei che si facesse con il mio.
Una delle tue maggiori fonti d’ispirazione è sicuramente Van Gogh, artista da cui attingi moltissimo per i tuoi lavori e infatti le tue creazioni sono arrivate fino al Van Gogh Museum che ti ha ricondiviso e ripostato sui suoi account ufficiali, così come l’account ufficiale di Photoshop…
Van Gogh è un artista che mi è sempre piaciuto tantissimo e i suoi quadri si sposano perfettamente con i miei paesaggi; quindi, per me è una combinazione perfetta. Firenze con i Campi di Iris vicino Arles, all’ombra dei Cipressi o con un Seminatore al tramonto, La siesta davanti alla Cappella della Madonna di Vitaleta in Val d’Orcia o la Notte stellata sull’Arno: tutto si sposa benissimo. È vero sì, il Van Gogh Museum ha ripostato un paio di miei lavori, così come la pagina ufficiale di Photoshop, nella sua rubrica di Editing art gallery. Non ti posso negare la mia soddisfazione nel vedere i miei lavori condivisi da queste pagine perché in queste cose, così come nel realizzare una mostra, un’intervista o la copertina di una rivista io trovo il senso del mio lavoro: condividere una passione.
Hai all’attivo oltre 14mila follower, decisamente un bel traguardo in così poco tempo; quale pensi sia il segreto del successo dei tuoi lavori con il pubblico?
In cinque anni, dal 2017, la mia pagina è via via cresciuta da sé, ma molto lo devo alla ricondivisione da parte di altre pagine molto seguite, come di Igers Firenze e Igers Toscana, o quella del Van Gogh Museum appunto; pensa che in quei giorni sono arrivato persino a togliere le notifiche di Instagram da quante ne ricevevo! Quello che funziona bene credo sia la creazione di un contenuto accattivante, con la combo di arte e città; ma dietro al mondo dei social in genere, e di Instagram soprattutto, ci sono anche precisi meccanismi come i booster che enfatizzano contenuti che l’algoritmo rileva come attraenti. Sicuramente ho investito tempo e cura ed è necessario avere costanza e mantenere il ritmo, ma non mi interessa basarmi solo sullo sviluppo della mia pagina sui social network.
Parlaci del tuo rapporto con l’arte e con la fotografia. Come nascono le suggestioni delle tue opere? Quanto c’è di tuo e di stati d’animo personali nei tuoi lavori?
I miei lavori nascono da un accostamento per lo più visivo: principalmente metto insieme immagini che possono funzionare bene accostate l’una all’altra, è tutta una questione di immaginazione. È un lavoro che punta a suscitare inconsciamente sensazioni in cui ognuno è libero di leggere e sentire ciò che vuole. Ci sono però anche dei periodi in cui mi si presentano stati d’animo più forti e questo si fa sentire anche nei lavori che produco, anche se probabilmente sono sensazioni che riverso nelle creazioni a un livello più inconscio. Mi viene in mente, ad esempio, il periodo del lockdown, un periodo difficile per tutti, in cui sentivo un forte bisogno di condivisione e anche di evasione, a cui rispondevo con le mie produzioni. Mi sono arrivate un sacco di richieste di persone che volevano photoshoppare la propria città, e altre persone che mi hanno chiesto un giudizio su delle loro piccole creazioni; una condivisione molto bella e gratificante.
Il tuo pubblico è tendenzialmente fatto di giovani, un target che mediamente non è molto vicino all’arte; penso che le tue creazioni possano fare in qualche modo da tramite e avvicinare i ragazzi a un’arte più “canonica”, stimolandoli anche a visitare i musei o a interessarsi ai grandi classici dell’arte. Che ne pensi?
Sì, credo tu abbia ragione; pensa che a inizio anno mi ha contattato un’insegnante di un liceo tecnologico di Parma per presenziare a un paio di lezioni in DAD. È stato molto bello vedere i ragazzi curiosi e attenti; durante le lezioni hanno fatto degli elaborati sulla scia del mio lavoro ed erano molto coinvolti perché potevano mettere nei lavori qualcosa di loro, scavalcando la classica idea del “compito” da fare a casa.
Edo, un’ultima domanda: quali sono i tuoi obiettivi futuri per il tuo lavoro come Sbracegram?
Mi piacerebbe che questo sviluppo grafico diventasse un lavoro vero e proprio e affermarmi come Digital creator a trecentosessanta gradi. Per fare questo però, vorrei prima formarmi e non solo come autodidatta, e potermi affermare senza timori come “pittore digitale” di un’arte 2.0.
Foto a cura di Sbracegram