I giochi da strada erano una volta il principale passatempo di bambini e ragazzini sprovvisti di giocattoli vari e ovviamente delle tecnologie moderne. Anche se col passare degli anni molti di questi giochi sono andati persi non venendo piĆ¹ praticati, conservano ancora oggi una forte valenza folkloristica. Di solito questi giochi sono tipici di determinate aree o zone dāItalia, come ad esempio la turistica Maremma, vale a dire quella regione geografica che si trova il Lazio e la Toscana, abbracciando Civitavecchia e arrivando fino alla provincia di Grosseto. Sono numerosi e complessi gli aspetti che caratterizzano il gioco nellāimmaginario collettivo, complici le rappresentazioni letterarie e iconografiche. Di alcuni, comunque, sono rimaste tracce ben evidenti.
Romualdo Luzi scriveva ad esempio di bambini che erano soliti divertirsi con le noci o con pezzi di legno usati a moā di mazze. In genere si tendeva a utilizzare scarti di oggetti dallāutilizzo quotidiano, che venivano modellati appositamente dai piĆ¹ piccoli, che si ingegnavano cosƬ nel creare nuovi giochi. Si possono citare lo schioppo, le gnacchere, i trampoli, la trottola oppure la strombola, ossia la fionda. In molti casi questi strumenti venivano impiegati in veri e propri giochi di gruppo, in cui le squadre partecipanti simulavano delle battaglie tra corse e schiamazzi.
Non mancavano comunque giochi collettivi in cui non era necessario usare oggetti di fortuna o giocattoli. Un grande classico era rappresentato dalla mosca-cieca. A inizio ā900 Mario Pratesi raccontava di come i ragazzi santafioresi fossero abituati a ritrovarsi per ruzzolare per le strade. Gino Galletti parlava invece di monelli che giocavano anche scommettendo soldi, utilizzando persino dadi e carte giĆ da piccoli. Alfio Cavoli ha descritto le partite alla nizzola e soprattutto le gare di battimuro. Le prime richiedevano di lanciare con una mazza un piccolo oggetto di legno, che poteva essere perĆ² intercettato dagli altri giocatori. Le seconde consistevano nel lanciare contro una parete delle monete o dei bottoni al fine di farli rimbalzare e cadere il piĆ¹ vicino possibile a quelli degli avversari, cosƬ da poterli raccogliere tutti. Non mancavano lāacchiapparella e il nascondino, noti perĆ² rispettivamente come āla guerra franceseā e āla tanaā. PiĆ¹ rari il gioco del cerchio e la pentolaccia (o pignattaccia), che si praticavano soprattutto nelle zone rurali.
Molti giochi locali sono diventati indubbiamente tradizionali nonostante le loro origini non fossero cosƬ certe. Ć il caso del gioco del pianoforte, del quale si tiene persino un torneo a Pienza da oltre 10 anni. Altre attrazioni sono considerate invece piĆ¹ classiche, come la ruzzola. Questi giochi rappresentavano le occasioni ideali per gli incontri collettivi, che oggi avvengono sempre piĆ¹ di rado. Anche per questo motivo in alcune localitĆ della Maremma si sta cercando di promuoverne la riproposizione, ad esempio nel corso delle sagre e delle feste popolari.
Non sono pochi gli studiosi che sono dellāidea che rivalorizzare questi giochi possa conferire nuovo lustro culturale a tutta la Maremma. Inutile negarlo: oggi il senso stesso dellāintrattenimento ĆØ profondamente cambiato e si sposa sempre di meno con le esperienze dal vivo. Anche i grandi faticano a concepire queste forme di divertimento: lo dimostra lāavanzare delle proposte digitali, che contemplano ad esempio giochi di carte da praticare a distanza o la roulette in versione live. Con lāavvento di internet ĆØ diventato a poco a poco sempre piĆ¹ difficile mantenere vive le tradizioni.