INVASI DAL GREEN, ANCHE PRATO HA LA SUA COMMUNITY GARDEN

Quella degli orti urbani e del green condiviso è una necessità sempre più diffusa nelle città di mezza Europa; anche a Prato il fermento in merito è molto attivo, per questo abbiamo intervistato Stefania Rinaldi presidente dell’associazione culturale CUT (circuito urbano temporaneo) una community garden di orti e giardini condivisi.

 

 
Dove nasce l’idea di fare un Community Garden a Prato? Parlaci del vostro progetto green ‘Spazi InVasi’ e da quali realtà avete tratto ispirazione?
“Il mio primo amore è l’arte contemporanea. Già da anni, con un gruppo informale di persone, seguivo progetti ed iniziative, collaborando con altre realtà culturali del territorio. Da queste esperienze, circa tre anni fa abbiamo fondato l’Associazione CUT | Circuito Urbano Temporaneo che, nel tempo, ha visto nascere al suo interno tanti progetti ed idee ed innescato nuove collaborazioni con le più svariate associazioni e realtà del territorio. Tra queste abbiamo avuto l’idea di creare un Orto urbano in pieno centro pratese. Così nell’estate 2014 ho chiesto ai gestori del ‘Casotto Atipico’, locale che rimane aperto per il periodo estivo all’interno del Giardino Buonamici, di avere a disposizione un pezzo del giardino per il periodo primaverile-estivo e poter così mettere in pratica la nostra prima esperienza di orto urbano a Prato. L’ispirazione mi è venuta dopo una visita a Berlino al più grande Community Garden europeo, ‘Il giardino delle principesse’, di cui mi sono letteralmente innamorata”.
Hai trovato resistenze a Prato per poter far decollare questa idea? Il Comune di Prato è sempre molto interessato e partecipe a questo tipo d’iniziative.
“Inizialmente avevo cercato di muovermi tramite le varie Istituzioni del territorio (Provincia, Comune); il mio obiettivo era quello di trovare un luogo pubblico dove poter fare un orto urbano, però è sempre molto difficile all’inizio. Quindi ho proposto dei laboratori con i bambini, durante i quali abbiamo ‘invaso’, in tutti i sensi, il Giardino Buonamici con tantissime cassette, dentro cui i bambini avevano piantato le varie verdure. Cassettina dopo cassettina, nei mesi è divenuto un piccolo orto che è rimasto attivo tutta l’estate. Io volevo dar vita ad un orto urbano a Prato e questo è stato il primo esperimento per realizzarlo. Nella serata di ‘restituzione’ a settembre, al termine di questa esperienza, un privato che era presente è rimasto entusiasta di quello che avevamo fatto, tanto da proporci di gestire una parte del suo appezzamento di terra per realizzare il progetto. A me sarebbe piaciuto trovare uno spazio pubblico per realizzare il primo orto urbano pratese ed avere l’appoggio delle Istituzioni, ma mi son detta che era pur sempre un inizio a cui non potevamo rinunciare. E così un pezzo del suo uliveto alle porte del centro storico è divenuto il nostro banco di prova per il progetto ‘Spazi InVasi’. Il passaggio successivo è stato cercare i primi Urban Farmer per avviare l’orto insieme ai membri dell’associazione, perché il bello di questi spazi è che siano condivisi e vissuti da più persone ed associazioni possibili e che restino aperti e fruibili da tutti.
Le resistenze ci sono anche qui, nel senso che noi come associazione facciamo tutto da soli; la nostra fortuna è che, occupandomi io di arte contemporanea, ho potuto fare appello a tutti quei collegamenti che mi ero creata negli anni. Questi contatti mi hanno aiutato ad avere con maggiore facilità interesse e location adatte per proporre questo tipo di iniziative. La cultura di Prato è una subcultura, è tutto un po’ un fermento.”

Qual è la filosofia che sta alla base di ‘Spazi InVasi’? A quale modello di agricoltura vi ispirate e qual è la vostra idea di orto urbano?
“A fine 2014 non era ancora radicata l’idea di orto urbano come siamo abituati a concepirla oggi e soprattutto molti non capivano cosa fosse un Urban Farmer. Spesso la parola veniva associata agli orti sociali dati dal Comune ai pensionati, fatti di recinti, dove tutti tengono al proprio spazio e vige ancora il concetto di ‘proprietà privata’, da cui noi vogliamo totalmente distaccarci. Dopo anni adesso l’idea di orto urbano è matura e diffusa, ma è stato molto difficile farlo capire e innescare l’interesse. Il modello a cui ci ispiriamo è quello dell’orto sinergico e del ‘community garden’. Dopo la visita a Berlino, sono andata a parlare anche con Giacomo Salizzoni di Orti Dipinti a Firenze per conoscere il loro metodo di coltivazione e la filosofia che c’è alla base del loro lavoro e lì ho trovato grande disponibilità e apertura. Condivido con lui che la prima finalità del community garden debba essere, come dice la parola stessa, quella di fare insieme e di creare dei cittadini attivi. Il progetto ‘Spazi InVasi’ non deve avere come finalità quella di ‘fare l’orto’, ma quella di creare una comunità intorno all’orto. Il nostro spazio è infatti un luogo di scambio tra varie realtà e di conoscenza tra persone. Stiamo portando avanti con la Cooperativa ‘Pane e rose’ un progetto che ha visto, e vede tutt’ora, il coinvolgimento dei ragazzi richiedenti asilo politico: con loro, lo scorso anno, abbiamo fatto un percorso formativo sulle tecniche di coltivazione e loro ci hanno dato un contributo forte parlando delle tecniche che utilizzano per coltivare nei loro paesi, dove di acqua ce n’è poca. Questi ragazzi non hanno però idea del metodo di coltivazione ‘green’, poiché nei loro paesi usano metodi di coltivazione molto settoriali con sfruttamento intensivo del terreno, mentre quello che si cerca di ottenere con il sinergico è proprio il contrario, l’idea che le piante possano sostenersi innescando uno scambio di sostanze quasi spontaneo alla fine. Concluso il corso, gli stessi ragazzi richiedenti asilo hanno poi portato avanti un progetto insieme agli studenti della 3B del Linguistico dell’Istituto Copernico di Prato con la docente Silvia Juliani che si è concluso con la realizzazione di un orto urbano interno alla scuola; tutto questo è stato un momento vero di integrazione e scambio reciproco, un inizio di collaborazione.
Sempre nell’orto abbiamo fatto laboratori e attività per bambini, realizzato progetti ed iniziative con alcuni ragazzi diversamente abili e un pezzettino del nostro orto è divenuto ‘L’Orto Il Girasole’, dal nome della cooperativa che opera con ragazzi con disabilità. Con loro abbiamo fatto inoltre diversi pranzi e cene condivise. Per non dimenticare la parte culturale; per tutta la scorsa estate lo spazio si è trasformato in un ‘orto culturale’ e abbiamo fatto spettacoli di teatro, musica, lettura di poesie.
Abbiamo anche attivato una forte connessione con associazioni del territorio, in particolare con Riciclidea Prato, che si occupa di riuso e riciclo creativo e che ci ha realizzato l’arredo, fatto con materiale di recupero, grazie al loro progetto Lab-O 2.0. Con loro la collaborazione si è consolidata e dura ormai da tempo e grazie a questa si stanno aprendo anche nuove connessioni.
Altra iniziativa che stiamo portando avanti è quella degli ‘Orti in cassa’ con l’obiettivo di valorizzare e dare un nuovo volto agli spazi industriali di cui Prato è ricca, vista la sua natura tessile. Il primo “Orto in Fabbrica” è nato dalla sinergia con l’Associazione SC17 e Tribeca Factory negli spazi di Corte Genova dove queste realtà si trovano e vive oggi il suo secondo anno di attività come portatore e innesco di nuove sinergie. L’Associazione CUT mira con questi interventi ad aprire i progetti ad altre realtà ed associazioni del territorio che vogliano far parte di questo tessuto ‘green’ che si sta diffondendo sempre più velocemente a Prato”.

Nei passati articoli abbiamo parlato del progetto della Regione Toscana ‘100mila orti urbani’; parteciperete anche voi al bando per la gestione degli spazi che saranno indicati dai vari Comuni partecipanti?
“Per quanto riguarda il progetto regionale 100mila orti urbani anche Prato ne farà parte e noi, come associazione, abbiamo l’idea di aderire e di fare domanda come gestori quando se ne presenterà l’occasione. Anche qui l’idea è quella dell’Orto attivatore di sinergie nello spazio pubblico. Abbiamo deciso di partecipare anche al processo partecipativo attivato per il Parco lungo Bisenzio Riversibility, portato avanti dall’Amministrazione comunale, dove abbiamo presentato un progetto di orti presso l’area Ex Cantiere. In entrambi i casi la nostra idea sarebbe quella però di creare una rete di realtà, non vorrei essere come associazione unico gestore, in primo luogo perché comunque è nella nostra finalità ed è buon senso collaborare. Anche durante Riversibility ho conosciuto molte associazioni che fanno veramente delle cose interessanti (come ad esempio L’oasi apistica le Buche di Poggio a Caiano dove si porta avanti la semina dei frutti antichi e il recupero della biodiversità, il team di biologi Komorebi e Nordorto, portatore di orto sinergico e buone pratiche). Facendo rete e creando un collettivo che possa far parte integrante di questi due progetti, si innescherebbe uno scambio tra varie realtà che sicuramente porterebbe ad un arricchimento interprofessionale. Ci sono infatti biologi, naturalisti, nutrizionisti ed esperti che arricchirebbero le nostre competenze e conoscenze come membri dell’Associazione CUT e porterebbero valore aggiunto alle nostre iniziative didattiche. La nostra esperienza è soprattutto, come già dicevo, sulla pratica dell’orto sinergico, ma ci sono tantissime altre cose che si potrebbero realizzare e, per far questo, oltre alle nostre competenze occorrono quelle di specialisti ed esperti del settore”.
Per scoprire questa bella realtà intanto siete tutti invitati domenica 28 maggio presso l’orto urbano ‘Spazi InVasi’ in via Arcangeli, 26 a Prato per l’apertura della stagione estiva 2017. Una giornata ricca di eventi per grandi e piccini.
Francesca Nieri