Fa discutere la statua di Jeff Koons in mostra in piazza della Signoria a Firenze fino al 28 dicembre.
Avrete probabilmente sentito parlare in questi giorni di tale Jeff Koons, affermato artista newyorkese che ha fatto il suo ingresso nella scena artistica fiorentina piazzando la sua possente statua di ben 3 metri di altezza di fronte a Palazzo Vecchio, alla destra dello storico marmoreo David di Michelangelo. Tanto se ne è parlato e tanto se ne è discusso, dopo la polemica suscitata, secondo la quale l’opera in acciaio inox dalla cromatura dorata e dall’aspetto decisamente kitsch, intitolata “Pluto and Proserpina”, altro non sia che un pugno in un occhio al confronto con il David e niente più di un banale tentativo fallito di paragonare le due opere tra loro. D’altra parte si sa, Firenze vive come in una bolla ossigenata dal successo del suo passato, nel ricordo e i resti degli splendori rinascimentali, e spesso l’arte contemporanea spazio non ne trova. Forse che accanto alla bellezza del classico ogni tentativo attuale di fare arte cada inevitabilmente nella banalità? Possibile, ma come in ogni forma di vita anche l’arte sembra averne una propria, e prosegue imperterrita nel suo percorso. Fino al monumentale oggetto di acciaio in bella vista in Piazza della Signoria, che sorride orgoglioso al David e alle altre statue della Loggia dei Lanzi tra un flash e l’altro dei passanti. La mostra, inaugurata ormai cinque giorni fa a Palazzo Vecchio, durerà fino al 28 dicembre e segna un momento di apertura della classica Firenze alla contemporaneità: infatti l’ultima opera di grandi dimensioni installata prima del “Pluto and Proserpina” di Koons era stata, pensa te, l’Ercole e Caco di Baccio Bandinelli (1493-1560). Si parla di 500 anni fa, un lungo periodo di solitudine per il povero David. L’occasione è la 29esima edizione della Biennale Internazionale dell’Antiquariato, di cui la mostra In Florence fa parte, curata da Sergio Risaliti con il sostegno della Galleria Moretti.
Ma il contrasto tra vecchio e nuovo non si esaurisce nella versione pop/kitsch del Ratto di Proserpina del Bernini: nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio vi sorprenderà infatti un fauno barberino con una palla blu in equilibrio sulla gamba. La statua, in gesso, proviene da un’esposizione del periodo greco-romano e Jeff Koons altro non ha fatto che aggiungere la sua “Gazing Ball” all’opera, strappandola al mondo classico e trasportandola così in quello contemporaneo. Entrando nella Sala il contrasto è evidente: la “Giuditta e Oloferne” di Donatello quasi scompare accanto alla luce della “Gazing Ball”, sebbene quest’ultima con lo stile della sala non abbia nulla a che fare. Insomma, il minimalismo pop di Jeff Koons ne esce vincitore, riuscendo a pieno nel suo intento: superare l’impermeabilità delle culture, quella alta classica e quella bassa kitsch, infrangendo questo confine e mescolandole tra loro. Si può dire che l’erede di Andy Warhol abbia colpito nel segno.
Roberta Poggi