Confusi dalle tante previsioni azzardate in merito alla situazione Afghana, abbiamo incontrato Paola cooperatrice internazionale
( non sveliamo ne l’identità ne il ruolo per preservare la sua sicurezza in questo momento così complicato ) per farci raccontare, con le parole di chi quel paese lo conosce per davvero, come si presenta oggi l’Afghanistan o meglio che cosa era a livello sociale, questa bellissima terra, fino a pochi giorni fa.
Lavori con l’Afghanistan da 10 anni, che cosa racconteresti di questa terra ad una persona qualunque?
“Tutto quello che desiderei raccontare è tutto quello che non viene mai raccontato e non è stato mai raccontato nei media – almeno quelli italiani – sull’Afghanistan che viene sempre solo citato per attentati – specie quando coinvolgono gli occidentali – rapimenti e violenze.
L’Afghanistan è una paese bellissimo e speciale, con una diversità geografica ed etnica incredibile, una storia culturale ricchissima e che è abitato da una popolazione giovane – il 46% degli Afghani ha meno di 15 anni – che non ha mai conosciuto il governo dei Taliban, rimosso nel 2001. I giovani afghani sono spesso ben istruiti, curiosi, aperti al mondo occidentale, talentuosi e spesso vivono nelle grandi città come Kabul. A Kabul ci sono – o forse dovrei dire esistevano – cafè simili a quelli di New York, dove si organizzano mostre di foto e iniziative culturali di vario genere, esistono gruppi punk rock che si esibiscono, e sono stati creati negli ultimi anni da afghani anche studi yoga – per donne in maggioranza – piste da skate e piscine. Esistono ristoranti di varie specialità – pizza inclusa – e la vita nonostante le difficoltà legate alla sicurezza era molto piacevole ed estremamente stimolante.
Il discorso è diverso per l’Afghanistan rurale dove vive la maggior parte della popolazione dove la vita procede a un ritmo diverso e dove l’accesso ai servizi essenziali è molto più limitato, ma dove comunque è abbastanza facile trovare persone aperte, interessate, curiose, molto ospitali e rispettose di culture e stili di vita diversi, segno che il progresso fatto negli ultimi anni ha raggiunto anche le periferie del paese seppur in maniera minore”.
Durante l’ultimo ventennio afghano che cosa era stato fatto di buono?
Moltissimo anche se come abbiamo visto dagli eventi delle ultime settimane, il contesto politico era molto fragile.
Come menzionavo prima, la popolazione afghana è per lo più molto molto giovane e tanti ragazzi non hanno nessun ricordo del governo talibano. Sono cresciuti e si sono formati in un mondo completamente diverso da quello dei loro genitori, un mondo che li ha riempiti di speranza, opportunità e sane ambizioni. I giovani afghani vogliono essere istruiti e desiderano andare all’università, vogliono partecipare attivamente alla vita del paese e l’esposizione agli stranieri che hanno ricevuto negli ultimi venti anni ha corroborato ancora di più le loro ambizioni di istruzione e successo nell’ambito lavorativo. Questo fenomeno è accaduto anche nell’Afghanistan rurale dove l’istruzione è diventata importante, dove i genitori hanno cominciato a vedere concretamente un futuro diverso per i loro figli.
Negli ultimi anni si è anche assistito al fenomeno della diaspora di ritorno, ovvero afghani figli di immigrati per lo più negli USA o in UK che sono tornati nel paese per contribuire allo sviluppo, con tanto di lauree, Masters e PhD. Una giovane collega con cui collaboravo era tornata nel paese dopo un master alla John Hopkins -una rinomata università americana – e a soli 25 anni era stata messa a capo di un dipartimento nel ministero della salute. Un altro giovane amico dopo gli studi in UK era rientrato nel paese e lavorava come assistente parlamentare e collaboratore del presidente Ghani. Questi sono solo due semplici esempi – e immagino ne esistano molti altri – di come gli ultimi venti anni abbiamo davvero fatto intravedere all’Afghanistan la possibilità concreta di un paese stabile, democratico, moderno e competitivo.
Questi processi sono stati ovviamente favoriti dalla presenza di una forza di occupazione che negli ultimi venti anni ha in larga parte garantito la sicurezza nella maggior parte del paese e permesso alle persone di guardare al futuro.
Come il lavoro delle varie organizzazioni internazionali aveva cercato di far emancipare la figura della donna durante questo periodo?
La cooperazione internazionale aveva aiutato moltissimo e su molti livelli. Prima di tutto portando servizi nelle zone rurali, primo tra tutti l’accesso ai servizi sanitari, all’istruzione e possibiltà di sviluppo economico offrendo corsi di formazione alle donne e ai gruppi più vulnerabili. Questo ha permesso alle donne di curarsi, di partorire in sicurezza, di crescere i propri figli in salute, di andare a scuola, di dare un sostegno economico alle proprie famiglie. Aveva creato anche molte opportunità per le fasce più istruite della società afghana, permettendo alle ragazze di lavorare, di mettere a servizio le proprie competenze acquisite a scuola e nelle università, di emanciparsi scegliendo una carriera anziché un matrimonio precoce dovuto spesso alle condizioni economiche disagiate delle proprie famiglie.
Aveva anche permesso – questo per mia personale esperienza – di creare un paese più equo dove anche le donne istruite delle grandi città venivano in contatto con la realtà rurale del paese e questo le convinceva a fare qualcosa per loro, a migliorare le condizioni delle donne più vulnerabili e in generale creare una coscienza che permettesse di difendere e promuovere i diritti delle fasce della popolazione che avevano meno voce.
L’ultima volta sei stata in Afghanistan alcuni mesi fa, si percepiva già che qualcosa sarebbe cambiato?
C’era molta tensione riguardo alla ritirata delle truppe della coalizione e incertezza riguardo agli eventi a seguire, ma nessuno avrebbe immaginato un epilogo del genere ovvero un concreto ritorno dei Talibani al potere nell’arco di pochissimi giorni.
Speri di poter tornare presto in questa terra per poter continuare i tuoi progetti, oppure pensi che ti sarà impossibile?
Purtroppo credo che nel breve periodo sarà impossibile. Il futuro dell’Afghanistan è adesso una grande incognita.
Foto di copertina qui