Un libro su Luca Alinari, artista dell’immaginifico. Intervista all’autrice Viktorija Carkina

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FUL ha incontrato l’autrice di un saggio che propone l’excursus nel mondo di uno dei più grandi artisti fiorentini del ‘900.

Luca Alinari è stato un punto di riferimento del panorama artistico letterario fiorentino e internazionale. Un’intellettuale che vantava amicizie del calibro di José Saramago o Edoardo Sanguineti, ma era conosciuto dalla Cina agli Stati Uniti d’America per le creature fantastiche e i paesaggi soavi che popolavano i suoi dipinti, segno originale di riconoscimento della sua produzione artistica.

Scomparso il 15 marzo del 2019 dopo una lunga malattia, nell’estate del 2018 c’era stata la sua ultima mostra al Museo Nazionale del Bardo di Tunisi e aveva ricevuto il “Gonfalone d’Argento”, massimo riconoscimento della Regione Toscana. Il suo è stato un percorso originale, formazione da autodidatta, dopo gli esordi alla fine degli anni ’60 il suo talento sarà riconosciuto a livello internazionale con la Biennale di Venezia del 1982.

A Firenze molti lo ricordano anche per aver disegnato il logo per il Campionato Mondiale di Ciclismo del 2013, con la tappa di arrivo proprio in città. Adesso, ecco che la storica d’arte Viktorija Carkina – lettone di nascita e fiorentina d’adozione – dedica all’artista un’interessante monografia, Luca Alinari l’artista dell’immaginifico, uscito a maggio per Capponi Editore. Per FUL ho incontrato l’autrice che ci ha presentato il libro e rivelato alcune curiosità su un grande dell’arte italiana del Novecento.

Viktorija come nasce questo libro?

Sono una storica dell’arte e questo libro nasce in realtà dalla mia tesi di laurea magistrale alla Facoltà di Storia dell’Arte, motivo per cui sono venuta a Firenze. Luca Alinari ho avuto modo di conoscerlo frequentando le mostre e i suoi quadri mi hanno affascinato da subito. In una di queste lui era presente, ci siamo messi a parlare e mi ha invitato a visitare il suo studio. Questo, all’interno della sua villa a Mitigliano, vicino Rignano sull’Arno, mi colpì per essere molto diverso dal resto della sua casa. Se gli ambienti della villa erano molto austeri e in stile classico toscano, ecco che il suo studio si presentava luminoso e pieno dei suoi quadri. Lì ho manifestato a Alinari la mia idea di scrivere la tesi su di lui e ne rimase entusiasta!

Purtroppo non ha avuto tempo di leggerla perché il 15 marzo del 2019 è morto dopo una lunga malattia, un anno prima che mi laureassi. In seguito, la mia professoressa correlatrice, la nota storica dell’arte Cristina Acidini – che aveva curato vari cataloghi di Alinari – ha appoggiato la mia idea di trarre dalla mia tesi un saggio. Il risultato è questo libro che è uscito a maggio per Capponi Editore con la prefazione di Cristina Acidini e l’introduzione dello storico dell’arte Giovanni Faccenda.

Luca Alinari è riconosciuto a livello internazionale come uno dei grandi artisti del Novecento, ma chi era per te questo pittore dato che hai fatto ricerca anche su alcuni aspetti meno noti della sua carriera?

Per me Alinari era un artista che ha fatto un percorso molto individuale, non possiamo racchiuderlo in un genere artistico. Solitamente di lui si parla in termini di Surrealismo Magico, ma credo abbia fatto una carriera più originale e non meriti etichette. A differenza di altri artisti, lui non aveva una formazione nell’arte – era laureato in Lettere – e ha sempre alternato arte figurativa ad arte astratta, attraversando generi diversi. Era partito dalla Pop Art negli Anni ’70, cioè quando la stagione della Pop Art era ormai passata, poi si è dedicato ai paesaggi, fino all’arte astratta nell’ultimo periodo della sua vita.

Quello che mi preme sottolineare è che Alinari non era solo un pittore, bensì un grande letterato. Un intellettuale che non aveva frequentato l’accademia d’arte ma aveva imparato la pittura da autodidatta. Evidentemente, questo essere libero da canoni accademici, l’ha aiutato a creare il suo percorso originale, per questo nel mio libro uso il termine “artista” piuttosto che “pittore”, perché aveva una mente da poeta.

Da curatrice d’arte quale aspetto tecnico dell’arte di Alinari colpisce da renderlo così innovativo e importante?

Alinari in realtà è molto noto per i suoi paesaggi ma per me la sua maturazione artistica avviene alla fine della sua vita quando dialoga con l’arte più astratta, concettuale e rivolta verso l’essenziale. Questo periodo, insieme a quello della Pop Art, sono a mio avviso due tappe necessarie di attenzione perché i meno indagati, da qui la decisione di farne un saggio. In merito alla Pop Art ad esempio era diversa da come siamo abituati a vederla, i critici dicono che aveva tratti innocenti e giocosi, ma oggi dopo le mie ricerche credo nascondesse anche l’espressione di sofferenze personali o idee politiche.  Lo studio delle sue opere mi ha permesso di scoprire il suo avvicinamento alla fede negli ultimi anni della sua vita – lui era ateo comunista – forse dovuto alla malattia che lo costringeva a fare i conti con l’idea della morte.

Analizzando le sue opere mi sono accorta di tanti rimandi alla religione cattolica che mi hanno incentivata ad indagare meglio il suo lato spirituale, profondamente nascosto. Avendo pensato che Alinari si fosse avvicinato a una forma di spiritualità, ho deciso di intervistare il prete con cui si confidava, Don Bernardo della Basilica di San Minato al Monte che ha confermato le mie intuizioni. Ecco, l’analisi delle opere mi ha permesso di scoprire i lati più nascosti della sua personalità.

Esistono molti cataloghi su Alinari, ma io ho cercato di fare una monografia – al momento è l’unico libro su di lui – per ricostruire anche una storia personale dell’artista ancora sconosciuta.

Il fatto di averlo conosciuto personalmente conferisce a questo libro un valore aggiunto, voglio dire che non parli della sua arte in sé, ma di una persona che ti ha fatto entrare nel suo mondo.

Assolutamente, questo lavoro è stato possibile grazie alle mie conversazioni con Luca Alinari, ma anche con la sua famiglia e “amici stretti”. Dopo la sua morte sono rimasta in contatto con la moglie e il figlio che mi hanno svelato aneddoti della sua vita o aspetti nascosti, perché era una persona molto gentile ma anche molto introversa.

Mi hanno raccontato delle prime mostre negli anni Settanta quando era sconosciuto al pubblico, i loro viaggi di famiglia e le avventure passate insieme. Anche il confronto con i suoi amici è stato importante, basti pensare a Pino Pini, il suo collaboratore per la Video Art che mi ha permesso di entrare dietro le quinte dei loro video. Come sappiamo, su YouTube si trovano circa cento video realizzati da Alinari. Mentre lui faceva il regista, Pino era operatore e montatore.

Un’ultima domanda: con quale chiave di lettura dovrebbe essere riscoperto Luca Alinari?

Non esiste una chiave sola, lui era una personalità poliedrica, aveva tantissimi interessi che ha rispecchiato nella sua arte, quindi non vorrei evidenziare un solo aspetto. Credo che sia da scoprire come personaggio in sé, un pittore con una mente da poeta.

Il libro è disponibile online presso Capponi editore

Qui il teaser del film