Luca Barcellona, dalla scena Hip Hop alla calligrafia

luca barcellona

Da writer e MC negli anni ’90 a calligrafo di fama mondiale: abbiamo incontrato Luca Barcellona per un’interessante chiacchierata sulla sua arte, sul suo stile, sui suoi lavori e per qualche curiosità su Firenze.

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Ciao Luca, partiamo dalle tue origini: la “scena hip hop” e il writing degli anni ’90. Cosa ti ricordi di quell’epoca e come ha influenzato quello che fai adesso?

Un periodo bellissimo, in cui nessuno si rendeva realmente conto che stava mettendo le basi per quello che ci sarebbe stato dopo. Eravamo semplicemente impegnati a farlo, in maniera entusiasta e quasi maniacale. È stato formativo in tutti i sensi, il movimento hip hop mi ha dato un’identità e una collocazione in un’età in cui in genere si è molto confusi e smarriti. La mattina andavo a scuola di grafica, poi dipingevo un vagone in deposito, o andavo da Wag a vedere le fanzine e i dischi che uscivano, poi magari alla Pergola al concerto dei Sangue Misto, e poi, sulla macchina dei pochi che l’avevano, ancora a dipingere un treno. Le mie giornate passavano così. È chiaro che tutto questo ti segna e ti rende diverso. Non ne sono uscito del tutto indenne, ma sono fiero di averlo vissuto, ripeterei tutto.

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Quali altre influenze hanno contribuito a sviluppare il tuo stile?

Ovviamente non solo influenze nel campo del lettering; l’ispirazione può venire da qualsiasi forma che siamo capaci di vedere. Può essere un elemento architettonico o di design, che poi applichi alle lettere. Attingo quasi sempre dal passato: copertine di libri, dischi, insegne. Bisogna saper guardare dove gli altri non vedono. Poi si tratta di mettere in correlazione i diversi linguaggi, come ho fatto con la calligrafia tradizionale e le forme più spontanee del writing. Credo abbia funzionato, dato che molti stanno facendo lo stesso.

Come definiresti il tuo stile e come lo si può posizionare rispetto alla calligrafia “tradizionale”?

Fortunatamente non credo di avere un solo stile, inteso nel senso calligrafico del termine. Anzi, è una cosa dalla quale rifuggo perché ne puoi diventare succube. Direi piuttosto che c’è una riconducibilità ai diversi tratti che ho esplorato. Quello che faccio è assolutamente consequenziale alla calligrafia del XX secolo. Cambiano il contesto e gli strumenti. Ma mi sento parte della storia della scrittura, nella misura in cui non avrei potuto dare il mio contributo senza i grandi maestri del passato, e allo stesso tempo sviluppando una mia visione contemporanea. Il rapporto allievo-maestro è fondamentale.

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Che rapporto c’è tra forma e contenuto nelle tue creazioni?

Beh, penso il medesimo che c’è nello scegliere il carattere tipografico giusto per un testo. Con la differenza che con la calligrafia non si utilizza un sistema modulare, ma si crea un lettering ad hoc ogni volta. Questo mi spinge a trovare sempre nuove soluzioni, o a usare il “mestiere”, ovvero applicare l’esperienza alla situazione. Si può enfatizzare un concetto con il lettering giusto (pensate al gotico per il genere horrror o metal), oppure ribaltarlo completamente, scrivendo ad esempio un affettuoso messaggio di auguri con un carattere violentissimo che gronda sangue! La calligrafia può essere anche molto ironica, come succede nei miei workshop di “Lettering nel cinema”: l’ultima volta uno studente ha sostituito il titolo della locandina di un Peplum con un lettering perfetto che diceva “Maciste contro il Milanese imbruttito”, con la M che richiama la forma del Duomo. Divertentissimo!

Immagino che il rapporto con alcuni dei tuoi committenti non sia facile. Come fai a trovare il giusto compromesso per rispettare il tuo stile e garantire i loro interessi?

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Lo dico sempre: è una questione di dialogo con l’utilizzatore finale. Bisogna tirar fuori l’idea che il tuo cliente ha, perché ne ha sempre una, anche quando dice “fai tu, mi fido”. Servono sempre riferimenti visivi, perché chi ti chiede di risolvere questo problema non ha le competenze per spiegarti completamente quello che vuole con i termini giusti. Bisogna spiegare, parlare, proporre, se serve anche lottare, per arrivare a un risultato che soddisfi entrambi. E nel frattempo si fa cultura sull’argomento.

Quali sono i lavori ai quali sei più affezionato e hai in serbo qualche progetto interessante per il futuro?

I lavori che ricordo con più piacere sono di due tipi: i lettering per packaging molto popolari – come Absolut, e quelli per lo spettacolo, come C’era una volta a Roma – e le performance con il karateka Dario Marchini e il pianista Cesare Picco al teatro Dal Verme a Milano. Ho ancora i brividi a pensare a quella performance. Progetti in cantiere ne ho parecchi, di sicuro un paio di libri di imminente uscita. Poi ci sono quelli lavorativi, che mi impegnano quotidianamente: loghi commerciali per grandi aziende e piccole cose per progetti in cui credo, come le copertine di dischi autoprodotti per amici o eventi come il Bike Pride. Cerco sempre di tenere un equilibrio tra questi impegni, anche distanti tra loro. Per quanto riguarda la musica, mi interessa far conoscere quello che scopro nel digging con la radio (WAX UP! su radioraheem.it) e nei Dj Set. Ai live ho detto basta nel 2016, ma non è detto che non registri cose nuove. Per me resta una grande passione.

Cosa ne pensi della scena hip hop contemporanea italiana?

Mi interessa altra musica, quella che colleziono in vinile. Fra questi anche classici hip hop anni ’90. Però sono felice che persone come Johnny Marsiglia, EGreen, e artisti più conosciuti come Salmo abbiano portato gran spolvero a questo genere. Tutto il fenomeno trap invece non mi interessa, perché non penso che parli alla mia generazione. È giusto che la ascolti un pubblico più giovane, che ci si riconosce. Francamente mi preoccupano i miei coetanei che la ascoltano! In generale, la musica è un viaggio infinito e bellissimo, non mi limiterei mai a un solo genere.

Cosa pensi di Firenze? Hai qualche ricordo particolare della nostra città?

È la mia seconda casa! A Fiesole abitano dei carissimi amici, ho pensato più volte di trasferirmi lì! Ricordo una performance nella quale proiettavo la mia scrittura sulla facciata di Santo Spirito con Andrea Mi che metteva la musica di Umiliani, Piccioni e Trovajoli. È stato veramente incredibile!
Grazie Luca, allora ci rivediamo presto a Firenze!

Per saperne di più LucaBarcellona.com

Articolo a cura di Jacopo Visani 
Ph gentilmente concesse da Luca Barcellona