L'ultima partita di Maradona a Firenze

A Italia ’90 si incrociarono Argentina e Jugoslavia sul prato dell’Artemio Franchi

Diego Maradona è stato un Dio e il San Paolo di Napoli il suo tempio. Oggi noi vogliamo ricordarlo con l’ultima apparizione nello stadio della nostra città.

La Coppa del Mondo ospitata in Italia nell’estate 1990, quella delle “Notti Magiche”, fu il torneo che segnò l’alba del calcio moderno. Fu anche l’ultima occasione per vedere allo stadio di Firenze le gesta dal campione argentino. Infatti, nella successiva ultima stagione disputata con la maglia partenopea, quella 1990/91, saltò Fiorentina – Napoli per infortunio.

Argentina – Jugoslavia al Franchi.

Nei Quarti di Finale del Mondiale italiano, il tabellone propose un accoppiamento di grande fascino. La vincente avrebbe trovato in Semifinale proprio l’Italia, che all’Olimpico eliminava la sorprendente Irlanda di Jackie Charlton. Se l’Argentina aveva sofferto in ogni partita, rimanendo aggrappata al torneo grazie a tanto mestiere e ad un gioco ai limiti della correttezza, la Jugoslavia era arrivata all’appuntamento in crescendo. Un gruppo di talento ormai pronto ad affermarsi a grande livello. Al più forte giocatore del mondo, “El Pibe de Oro”, fresco di Scudetto con il Napoli, contrapponevano il più forte giocatore d’Europa: Dragan Stoijković, leader della Stella Rossa Belgrado. 

diego maradona a firenze

Nel turno precedente degli Ottavi di Finale, a Torino, i detentori del titolo avevano superato 1-0 il Brasile, in una partita dalle mille polemiche come ogni derby sudamericano che si rispetti. I Verdeoro dominarono la gara ma, nel finale, Maradona rubò palla a centrocampo e s’inventò un assist per Claudio Caniggia. I rivali di sempre erano fregati con il più classico dei contropiedi. A Verona, la squadra capitanata dal carismatico difensore di Sarajevo Faruk Hadzibegićmatava 2-1 la Spagna. Doppietta di Stoijković e Furie Rosse rispedite a casa. Una vittoria che aveva riacceso entusiasmo in patria, già da tempo scossa da rivendicazioni etniche e rigurgiti indipendentisti. 

L’incontro allo stadio Franchi fu probabilmente il più equilibrato del torneo. Meglio i giovani slavi, costretti tra l’altro a giocare in dieci dal 30’ a causa di una frettolosa espulsione. Era stato proprio Maradona a provocare la cacciata del difensore Refik Šabanadžović per un fallo considerato di troppo dall’arbitro.

Una gara tattica con le squadre che si annullarono a vicenda nei 90 minuti più i supplementari. Persistendo lo 0-0, il passaggio del turno si sarebbe deciso con la lotteria dei rigori. La sequenza si calciò nella porta sotto la Curva Fiesole ed è magistralmente raccontato nel libro di Riva “L’ultimo rigore di Faruk”, edito da Sellerio.

l'ultimo rigore di Faruk

Quel rigore tra i fischi dei fiorentini.

Durante la sequenza dagli 11 metri, sul punteggio di 2 a 1 per gli argentini, quando fu il turno del Pibe de oro, Maradona venne subissato di fischi dal pubblico fiorentino. E lui fece una cilecca clamorosa: tiro debole e centrale, il portiere Ivković si trovò il pallone fra le mani. 

Gli appassionati di calcio ricordano che il portiere dell’Albiceleste Sergio Goycochea parò il rigore decisivo a Faruk Hadzibegić e l’Argentina andò a giocarsi la Semifinale con l’Italia. In un precedente articolo a giugno avevamo già raccontato di quella partita a Firenze. Ironia della sorte fu anche l’ultima gara della Jugoslavia a un Mondiale prima della violenta frantumazione dello stato balcanico.

Trent’anni dopo quella partita il mondo e il gioco del calcio sono incredibilmente cambiati. Eppure i gol di Maradona sono stati una costante nella vita di tutti gli appassionati del pallone. Perché se il calcio è una metafora della vita, El Diego ha metaforicamente rappresentato il riscatto del Sud del Mondo e del Sud Italia. Sì, perché quando arrivò a Napoli il 4 luglio 1984 trovò una città ancora piegata dalle ferite del terremoto del 1980 e la condusse al primo storico Scudetto del 1986. La stessa estate, in nazionale, vinse il Mondiale in Messico. Fu la coppa per il popolo, veramente celebrata, dopo quella infame della dittatura militare nel 1978.

Senza essere tifosi del Napoli, e tantomeno dell’Argentina, celebriamo la morte di Maradona, perché con lui se ne va anche un pezzo della nostra adolescenza, vissuta ai tempi di un calcio romantico perduto per sempre.

Adiós Diego.