Dietro la maschera di Eman Rus

eman rus

Intervista a Eman Rus, il digital creator fiorentino d’adozione che spopola su Instagram, tra marketing, attualità, giornalismo satirico e arte.

Nessuno sa davvero chi ci sia dietro alla maschera di Eman Rus ma in pochissimo tempo ha scalato le vette di Instagram con 158K follower (e 0 profili seguiti), coinvolgendo anche personaggi del calibro di Salmo, Gué Pequeno, Michelle Hunziker e altri, che hanno partecipato al video Sono io Eman Rus. Le sue creazioni digitali sono capolavori di Photoshop che mixano creatività, satira, attualità e informazione in modo davvero unico e originale. Per chi non lo conoscesse già, può farsi un’idea guardando il suo profilo Instagram che spiega, meglio delle parole, il suo lavoro.

L’abbiamo convinto a incontrarci per bere una birra in Sant’Ambrogio, per sottofondo uno strano concertino improvvisato in piazza, con la promessa di non svelare mai chi ci sia dietro alla maschera e gli abbiamo fatto qualche domanda schietta, in pieno stile Eman Rus.

Allora, partendo dal presupposto che farti domande intelligenti, nuove e senza retorica non è facile, proverò a farti questa intervista in maniera diretta e senza filtri, proprio come fai tu: oggi voglio essere io Eman Rus. Partiamo dalla questione “identità celata” così ci leviamo il dente. Te l’hanno già chiesto in tanti il perché di questa decisione e la tua risposta è “Ciò che conta per me è la mia arte e non il mio volto né la mia identità”. Okay, ma dietro a questa risposta c’è un ragazzo sveglio che sa anche che questa è una trovata di marketing che funziona bene, mi sbaglio?

No, onestamente devo dire che non ti sbagli sul fatto che rientri anche in una trovata di marketing. Anche l’immagine stessa con cui ho deciso di presentarmi al pubblico e i colori che uso – giallo e nero a contrasto – contribuiscono a creare un’immagine – per così dire – iconica; ma alla base di tutto c’è un lato caratteriale che mi appartiene che è quello della timidezza. Trovo che mi calzi a pennello la definizione di “timido egocentrico” e avere un’identità nascosta mi aiuta a mettermi in mostra ma in maniera silenziosa. C’è anche un’altra ragione però. Quando ho iniziato a vedere crescere i follower sul mio account, sono arrivati anche commenti come “Che figa questa pagina” o vedevo persone che taggavano amici invitandoli a dare un’occhiata alla “pagina”. La sensazione era che il mio lavoro non fosse percepito come il contenuto di qualcuno che ci investe tempo ed energie, ma semplicemente come una “pagina”. È da quel momento che ho deciso di mostrarmi di spalle, per far vedere che Eman Rus non è solo una pagina, ma una persona. Contemporaneamente è uscito il tormentone “Sono io Eman Rus” e le persone hanno iniziato a interessarsi sempre di più a me e ai miei contenuti. A quel punto farmi vedere solo di spalle era diventato per me limitante e ripetitivo. Ho iniziato quindi a sentire la necessità e la voglia di partecipare anche agli eventi dal vivo e così le prime volte indossavo un passamontagna, ma anche quello era uno stratagemma fin troppo visto e mi sono detto che la soluzione giusta per me era una maschera con il calco del mio volto e così è stato. Quindi sì, c’è anche del marketing in questa decisione, ma in fondo in quale ambito della vita, oggi, non c’è marketing? 

In questa intervista prometto solennemente di non chiederti niente di personale né provare a farmi dire cose che non vorresti. Tu però in cambio facci un regalo: spiegaci come hai fatto a convincere personaggi come Nicola Savino, Gué Pequeno, Rudy Zerbi e Michelle Hunziker a partecipare al tuo video Sono io Eman Rus.

Il giorno prima di Sanremo 2020, forse la mattina stessa, mi è venuto in mente di mandare un messaggio a Salmo, che conosco personalmente – siamo originari della stessa città –, chiedendogli se avesse voglia di fare un video in cui dice di essere me, così per divertirmi un po’. Lui senza battere ciglio l’ha fatto e io l’ho pubblicato immediatamente, esattamente come l’avevo ricevuto – seguo molto il mio mood, non faccio piani editoriali. Da questo poi mi è venuta l’idea di sfruttare il rapporto di messaggistica che già avevo instaurato con alcuni vip che nel corso del tempo mi avevano scritto – credo con l’intento di “tenermi buono” ed evitare che pubblicassi contenuti troppo cattivi su di loro; anche se io, alla fine, pubblico contenuti solo su personaggi che mi stanno simpatici. Ho sfruttato l’attenzione che sapevo ci sarebbe stata su un contenuto mediatico forte come Sanremo.

Produci contenuti che funzionano da paura, ma il successo della tua pagina va oltre a questo. C’è satira, attualità e sempre una chiara presa di posizione condita d’ironia. Essere così sul pezzo e avere successo al di là della retorica dei contenuti non è affatto scontato e sapendo che lavori anche per il Corriere Fiorentino spiega tante cose. Il tuo per me è giornalismo satirico che si è mischiato all’arte. Che ne dici?

Sì, hai ragione; io stesso ho sempre avuto difficoltà a capire cosa stessi effettivamente facendo, ma so cosa non voglio fare. Ad esempio, una delle primissime mostre che ho realizzato, l’ho intitolata “Don’t call it meme” perché io odio i tormentoni in genere e immagino i meme come figure che parlano da sé, si adattano a mille contesti e significati diversi, e non volevo che i miei lavori fossero considerati tali. Comunque in generale leggo molto, mi informo tanto, e con il tempo è cambiato anche il contenuto che produco, che è diventato sempre più satirico e in linea con l’intento di fare informazione. Credo che tutto sia cominciato in quarantena, quando tutti noi eravamo sempre più dipendenti dall’informazione e aspettavamo costantemente notizie e bollettini; ho sentito di voler fare anche io informazione a modo mio. È stato allo stesso tempo anche un modo e un mezzo per me per sfogarmi e forse questo corrisponde un po’ di più alla componente artistica di cui parli.

In altre interviste ho letto che la pagina di Eman Rus è nata durante il lockdown, ma i tuoi primi fotomontaggi che ho trovato risalgono al 2017 (sì, con molta pazienza sono arrivata fino al primo post del tuo profilo). Quindi, se per te sta bene parlare di ciò che fai come arte – e per me lo è –, che evoluzione artistica hai avuto in questi anni? Intendo dire, i tuoi primi post erano fotomontaggi “semplici”, divertenti per gli accostamenti assurdi e il paradosso che creano ma finiva là. Con il tempo invece ho l’impressione che tu abbia puntato sempre più in alto… 

Non mi piace definirmi artista e non credo nemmeno sia giusto che sia io a farlo. Il lavoro che sento più vicino a una forma d’arte che ho fatto è il remake di “American girl”, la storica foto della ragazza che cammina sotto lo sguardo attento dei ragazzi davanti al Caffè Gilli. Il lavoro tecnico che io svolgo è in realtà relativamente “semplice”. È però necessario fare ricerca e cercare di progredire perché la piattaforma su cui mi muovo, quella di Instagram e dei social in genere, è quella del nuovo intrattenimento e per produrre un contenuto che funziona serve costanza e tenere alta la guardia. 

A questo proposito, tu hai all’attivo 158K follower e 0 seguiti. Ci spieghi come hai fatto ad arrivare a questi risultati? Cioè, al di là del successo innegabile dei tuoi contenuti, questi sono numeri importanti e raggiungerli è davvero difficile. Vuoi dare qualche dritta a chi ci prova e non sa come fare?

Innanzitutto penso che sia sbagliato rimanere attaccati al numero di follower e io comunque alla fine ho sempre meno follower di quanti ne ha il cane di Chiara Ferragni. Paolo Sorrentino dice che quelli che parlano del “mio pubblico” sono patetici e io sono d’accordo: chiunque può voltarti le spalle in qualsiasi momento. Comunque, i consigli che posso dare io sono quelli che danno tutti i motivatori: essere sempre innovativi e non ripetitivi, chiedere sempre consigli a familiari, amici (e al medico di base, perché no) e infine farlo per sé e non per gli altri. Serve essere costanti, esprimere la propria idea e cercare di mantenere sempre la propria identità (e mangiare tanta frutta e verdura).

Molte delle tue creazioni sono vere e proprie mise en abyme dei tuoi stessi contenuti. L’idea delle ‘fake chat’, ad esempio, è una trovata veramente geniale e nessuno ci aveva mai pensato prima (almeno non che io sappia). È un modo di fare satira davvero intelligente e divertente, ma come ci riesci a renderle così credibili?

Credo che quello che faccio sia entrare nella testa delle persone, nel loro modo di comunicare, esattamente come fanno gli imitatori in TV. Prima di realizzare una fake chat mi studio i profili e le parole usate dai protagonisti della chat che andrò a inventare. Il fatto che chi legge non riesca a capire se quel contenuto è vero o meno credo non sia tanto merito della mia bravura ma colpa di quei personaggi che rendo protagonisti delle mie conversazioni immaginarie; sono loro, soprattutto i politici, che spesso esagerano nei loro contenuti rendendosi poco credibili – vedi l’esempio di Giorgia Meloni che sul suo profilo TikTok era apparsa in un video in cui appare con due meloni tra le mani dicendo soltanto: «25 settembre… Ho detto tutto». Le persone sono veramente pronte ad aspettarsi di tutto da questi personaggi e a volte penso che le conversazioni che invento siano davvero ciò che questi personaggi vorrebbero dire o direbbero se non ci fosse qualcuno che scrive per loro altro.

Detto tra di noi, quanto è nei tuoi obiettivi mandare messaggi a chi ti segue? Alcune delle tue immagini sottintendono critiche all’uso smodato dei social, altre ai vari modelli propinatici e inculcatici dalla società, altre ancora messaggi di natura politica, ma quanti di questi nascono davvero con l’obiettivo di smuovere le coscienze?

In realtà un bel po’. Anche quando sono tra amici difficilmente sto zitto: intervengo spesso, parlo e dico la mia e cerco sempre di farmi una mia idea. Ora che mi sono creato questa nuova “compagnia” fatta di follower che mi seguono, faccio lo stesso con loro. Questo non significa che mi senta di avere competenze specifiche o un’esperienza che mi metta al di sopra degli altri: io esprimo semplicemente il mio punto di vista che prescinde dai partiti politici. Cavalco l’onda di com’è la politica oggi, dei ‘politici-personaggi’ ma odio i fanatici, che siano di un estremo o dell’altro.

Ultima domanda: progetti per il futuro? Sogni e ambizioni? No, scherzavo, voglio sapere se qualcuno dei tuoi famosi “messaggi WhatsApp” è vero. Poi se vuoi rispondi pure alla cosa dei progetti ovviamente.

Alcuni sono veri e altri finti, ma non posso dirti quali, ovviamente. Progetti sì, ci sono, ma non voglio spoilerare niente di troppo preciso e poi “Qualsiasi cosa fai, meglio non dirla a tutti”, come dice Salmo; posso solo dirti che c’è nell’aria un format televisivo e un progetto di fotomontaggi. Per quanto riguarda gli obiettivi che ho, ti direi quello di non essere troppo dipendente da Instagram e vivermi di più la vita reale, da Eman Rus sì, ma sulla terra.

Foto a cura di Eman Rus