Al termine della sua mostra Grand Tourismo, che ha ottenuto uno strepitoso successo presso la Galleria degli Uffizi di Firenze, abbiamo raggiunto al telefono Giacomo Zaganelli –che avevamo già intervistato su FUL n°3 in merito al suo progetto La Mappa dell’Abbandono– per fare il punto della situazione e vedere come e quanto le cose sono cambiate.
Giacomo è un fiorentino doc: nato a Firenze nel 1983 e laureato presso la Facoltà di Architettura di Firenze in Disegno industriale, ha iniziato a lavorare al termine degli studi realizzando interventi d’arte nello spazio pubblico e progetti curatoriali, con un approccio multidisciplinare.
Giacomo, tu sei un volto noto ai lettori di FUL: ti abbiamo intervistato in uno dei nostri primi numeri! Ci potresti riassumere cos’è cambiato in questi anni?
In effetti, sono cambiate molte cose. In questi anni ho viaggiato molto per lavoro, soprattutto in Asia dove trascorro alcuni mesi all’anno. Ancora vivo a cavallo tra Firenze e Berlino, ma sono sempre in giro, sempre in movimento per realizzare progetti nuovi.
A proposito dei tuoi progetti, ci vuoi parlare della tua mostra agli Uffizi, conclusa lo scorso settembre? Si è trattato di un grandissimo successo!
Si, e anche di un unicum: è la prima volta infatti che una sala lungo il percorso museale è stata completamente dedicata al lavoro di un’artista contemporaneo. Inoltre secondo le stime del museo, si tratta della mostra più vista degli Uffizi e della seconda mostra più vista di sempre con un’affluenza di visitatori davvero impressionante, non a caso è stata prorogata per più di un anno, da Luglio 2018 a Settembre 2019. Sono davvero orgoglioso e soddisfatto di questo risultato. Molti visitatori dopo averla vista, mi hanno contattato e hanno contattato il museo per manifestare il loro apprezzamento e la cosa mi fa estremamente piacere.
Qual era il messaggio che volevi veicolare attraverso il tuo intervento?
In realtà questa mostra prende le mosse da un’esposizione che avevo fatto al MOCA di Taipei a Taiwan, dal titolo Superficially. Visitando il loro Paese per la prima volta, ero rimasto impressionato dal loro attaccamento –quasi ossessivo- nei confronti del telefonino: tutti ne erano letteralmente impossessati al punto che non era più uno strumento ma un nuovo paio di occhi con cui non-vedere il mondo. Ho deciso di approfondire questo tema e, pensando a una città come Firenze, mi è venuto spontaneo pensare alle orde di turisti che invece di osservare i monumenti e la città pensano solo a scattare la foto. Così quando sono stato contattato dal direttore degli Uffizi, interessato al mia mostra di Taipei, ci siamo subito trovati in sintonia su cosa fare. E i numeri, a quanto pare, ci hanno dato ragione.
Analizzando un po’ la tua carriera, costellata di successi internazionali, sembra di trovare un comune denominatore: il contesto in cui l’installazione si inserisce. Perché?
Dal mio punto di vista l’arte oggi non può assolutamente prescindere dal contesto all’interno del quale si inserisce, anzi deve rappresentare un’occasione per dialogarci e proporre uno sguardo altro, aprendo prospettive differenti sullo stesso. Penso per esempio a La Mappa dell’Abbandono, uno dei miei progetti più longevi il quale, dopo quasi dieci anni di mappatura, organizzazioni di conferenze e workshops in Italia e all’estero e perfino un invito in Senato, è anche diventato un libro. Una guida d’artista della Toscana in cui sono presentati sei itinerari alla scoperta dei quaranta luoghi più interessanti della regione. Edito da Centro Di è il primo di una collana sull’Italia che ho ideato assieme all’editore.
Sembra di capire che per te l’arte non sia semplicemente una forma estetica, ma che abbia più una funzione sociale.
Sì, è così. L’arte all’inizio del XXI secolo, quando con la tecnologia si può realizzare e riprodurre praticamente tutto, non può e non deve essere una questione meramente di tipo estetico-decorativa, strettamente fine a sé stessa. Per come la intendo io è un modo per veicolare un contenuto di matrice principalmente sociale. Un’arte che deve essere politica, nel senso greco di polis, di amore e cura per la cosa pubblica e di interesse nei confronti della società . Attraverso i miei interventi cerco di svegliare le coscienze, aprire gli occhi e soprattutto, in maniera concretamente, di creare e ricreare spazi condivisi all’interno o fuori della città , come il lavoro appena realizzati in Giappone per la Setouchi Triennale, in cui una piscina abbandonata da quindici anni è diventato un giardino per la collettività .
A proposito di collettività e città , Giacomo tu sei cresciuto a Firenze e ancora la frequenti. Che rapporto hai con Firenze?
Sono molto legato a Firenze, sono cresciuto per le vie di Santa Croce e ancora ci passo molto tempo in relazione a vari progetti che ho in Toscana. Purtroppo però devo dire che la città è molto cambiata in questi anni. È diventata vittima e preda di un turismo massivo e consumistico – oggetto tra l’altro proprio della mostra agli Uffizi -, che non porta niente di costruttivo alla città ma che anzi, invadendola e affollandola in maniera sempre maggiore, e senza instaurare alcun dialogo, la svuota e la divora dall’interno rendendola un luogo invivibile, dove la percezione di futuro si è talmente assottigliata fino quasi a scomparire. Mi chiedo dove siano finiti il substrato intellettuale, le menti critiche e la dimensione reattiva nei confronti di un fenomeno come questo? Possibile che si siano davvero ridotti tutti ad affittare appartamenti a breve termine e a frammentare la propria giornata fra un check-in e l’altro? Effettivamente per i miei coetanei e vecchi amici non sembra esserci altro orizzonte, ma per quanto mi riguarda, riflettere su questo tema dovrebbe essere la prima urgenza e anche il primo punto dell’agenda politica-industriale, perché se è vero che il turismo è il primo asset economico fiorentino, viene da chiedersi quale è veramente il prezzo da pagare per tutto ciò?
Un’ultima domanda: potresti accennarci qualcosa dei tuoi prossimi progetti?
Fortunatamente sono tantissimi e vari 😄. Per di più ho iniziato a collaborare più assiduamente con la mia compagna Silvia, il che sembra aprire orizzonti davvero molto interessanti. In programma ci sono progetti e mostre in Italia, Europa e in Asia e anche possibilità che si stanno concretizzando in altri continenti: nuovi spazi e nuovi ambienti per me linfa vitale per creare ed entrare in contatto con persone e contesti nuovi.
Chissà allora quali altre sorprese ci regalerà Giacomo… per scoprirlo potrete sempre rimanere aggiornati tramite la sua pagina web www.giacomozaganelli.com
Intervista a cura di Rita Barbieri