Operazione Keu: una murata collettiva per dire “no” a una Terra dei Fuochi toscana

murales operazione keu

Street artists uniti in un’opera collettiva a Empoli per combattere la battaglia contro il sistema criminale che ha portato all’utilizzo dei materiali inquinanti per sottofondi stradali, terreni agricoli e opere pubbliche in tutta la Toscana.

È il 2017 quando un’indagine di ARPAT scoperchia il vaso di Pandora di una questione aperta a tutt’oggi: la cosiddetta “Operazione Keu”. Nel maggio 2018, infatti, iniziano le indagini che tre anni più tardi porteranno a quella che è ormai nota a tutti come Inchiesta Keu – dal nome del residuo altamente tossico e inquinante degli scarti delle concerie di Santa Croce –, dalla quale è emerso un vero e proprio sistema criminale e affiliazioni mafiose in Toscana. Ma andiamo per gradi.

Il keu è un materiale derivante dal trattamento termico dei fanghi di depurazione prodotti dal depuratore Aquarno, nel quale vengono convogliati i reflui delle aziende conciarie di Santa Croce. In teoria questo sarebbe un processo virtuoso poiché permetterebbe di trasformare materiali di scarto in nuovi materiali per l’edilizia, riducendo al minimo gli sprechi e ottenendo un prodotto che, se adeguatamente trattato, miscelato e legato idraulicamente con cemento, non rilascia sostanze contaminanti poiché queste vi restano all’interno. L’impianto del Consorzio Aquarno, infatti, è specializzato nel trattamento dei fanghi di depurazione che subiscono una lavorazione in cinque passaggi: la disidratazione e centrifugazione, l’essiccamento, la pirosinterizzazione e infine la produzione di granulato sinterizzato – il famoso keu – che, dopo la miscelazione con carbonato di calcio, è impiegato per la produzione di granulati inerti per l’edilizia e conglomerati bituminosi per asfalti.

Le miscele di keu con altri materiali inerti venivano dunque qualificate come sottoprodotto e commercializzate come materiale per vari impieghi, soprattutto nel campo edile. Questo materiale è stato utilizzato in diversi cantieri presenti sul territorio toscano, a partire dall’area di urbanizzazione, denominata “Green Park”, nel comune di Pontedera, dove ARPAT ha potuto svolgere alcune indagini tecnico-analitiche che hanno rivelato qualcosa di inaspettato: il prodotto impiegato non possedeva affatto le caratteristiche necessarie per essere considerato un sottoprodotto, ma anzi, erano tali da classificarlo come rifiuto speciale. Dalle indagini effettuate sui terreni in cui è stato impiegato il keu sono stati trovati infatti solfati e cromo, arsenico, selenio, metalli pesanti in concentrazioni che vanno da cinquanta a settanta volte i limiti di legge.

L’attività ispettiva ha interessato altri siti, ed è stata tanto estesa da coinvolgere in accertamenti direttamente l’impianto di produzione della ditta Lerose che commercializzava il keu; in pratica il keu che usciva dall’impianto Aquarno veniva inviato direttamente alla ditta di Pontedera di Francesco Lerose – imprenditore calabrese in stretto contatto con la cosca ’ndranghetista dei Gallace di Guardavalle e con la cosca Grande Aracri di Cutro – che lo riciclava per riempimenti e sottofondi stradali, in particolare nel lotto V della SRT 429, tra Brusciana nel comune di Empoli e Dogana nel comune di Castelfiorentino.

Una nota del Ministero, pubblicata per spiegare le indagini, recita così: “I Gallace avevano preso il controllo del subappalto del movimento terra per la realizzazione del V lotto della SRT 429 empolese. Grazie a questi contatti e infiltrazioni risulterebbero essere stati smaltiti abusivamente nei rilevati della superstrada circa 8.000 tonnellate di rifiuti contaminati. Ottomila tonnellate, sì, ma non è finita qui.

Le indagini della DDA fiorentina hanno portato al sequestro dei beni di Lerose per un valore di circa 5 milioni di euro, ma sembra solo l’inizio di una bruttissima storia, molto più grande di quello che ci si aspetti. Si scoprono ogni giorno nuovi siti contaminati sparsi per tutta la regione, tra le province di Lucca, Arezzo e Pisa. Proprio a Pisa, nell’area industriale chiamata “ex Vacis” i campioni prelevati rivelano una quantità di cromo superiore cinquanta volte a quella consentita per legge; sotto il maneggio di un’azienda agricola nel pisano sono state scoperte oltre settemila tonnellate di rifiuti provenienti dalle concerie con una presenza di cromo ben oltre il limite previsto. Contaminate anche la strada provinciale 26 in Valdelsa e la strada di Piantavigne nell’aretino. Ultimamente cromo, arsenico, selenio e boro sono emersi in alte concentrazioni anche nel terreno della strada provinciale 7, a Terranuova Bracciolini, già ribattezzata “la strada dei veleni”.

E purtroppo non è ancora finita. Nessuno sa ancora esattamente quali e quanti siano i siti compromessi da questi materiali inquinanti. Una questione complessa, che mette in campo forze contrastanti: quella dell’economia del made in Italy di un settore che in Toscana da decenni garantisce il reddito a molte migliaia di famiglie, quella delle evidenti e innegabili infiltrazioni mafiose nella regione, e ovviamente quella politica. Infine, la questione più importante: quella della salute delle persone, della vita o della morte. 

Ma in tutto il polverone che questa faccenda ha sollevato del valore della vita si è parlato ben poco. Per fortuna qualcuno se ne è ricordato e ce l’ha sbattuto in faccia: non è un caso che a farlo siano stati degli artisti, gli street artists che a Empoli hanno creato una murata contro il keu. Ninjaz, Forma, Rois one, Marco Fine, Snico, Fone e Beast sono gli street artists che hanno creato un’opera collettiva per dire “no” al keu e porre all’attenzione di tutti una questione sottovalutata o addirittura sconosciuta a tanti. Si sono incontrati, hanno parlato della questione Keu, ne hanno conosciuto e compreso complessità e pericolosità e hanno tradotto tutto in immagini. 

Il muro in questione, che costeggia il centro “la Vela di Margherita Hack”, nel quartiere di Avane, già ospitava una gigantesca scritta “KEU=MORTE”, commissionata dall’Assemblea permanente No Keu, costituitasi all’indomani dell’inchiesta dell’Antimafia. Il muro però – di proprietà comunale – è da anni affidato alla gestione dell’Associazione Agrado nella persona di Forma, street artist e writer empolese che dal 1997 “gestisce” questo muro. Così Forma ha fatto una chiamata alle armi per riappropriarsi del muro, mantenendo comunque il messaggio no-Keu. Artisti fiorentini, empolesi, ma anche di Viareggio, Pisa e persino Genova si sono incontrati a Empoli per creare un’opera collettiva dal forte messaggio sociale: “Non vogliamo una Terra dei Fuochi toscana, la vita ha un valore”. È importante ribadirlo perché della questione Keu tanti non sanno niente, soprattutto i più giovani.

Così spunta un gigantesco Braccio di Ferro, opera più emblematica dell’intera murata, che tiene in mano la classica lattina che però, al posto degli spinaci, è piena di keu, una sostanza di un verde radioattivo fatta di tanti piccoli teschi. Dalla sua pipa esce uno strano fumo giallo fluorescente e in alto a destra si legge la scritta “KEU=MORTE”. Un parallelismo – quello tra gli spinaci, che danno forza a Popeye the Sailor, e i pericolosi fanghi tossici – che Ninjaz, autore dell’opera, ha spiegato ponendo attenzione sul fatto che ciò che mangiamo nasce dalla terra, una terra che ora è piena di sostanze inquinanti e nocive che contaminano tutto: ciò che mangiamo, l’acqua che beviamo. Assieme a lui gli altri street artists hanno espresso con le loro opere la protesta nei confronti della vicenda, realizzando una murata che ha creato un’unità di voci che gridano all’unisono “NO KEU”. Un messaggio che ha trovato d’accordo anche l’Assemblea permanente No Keu, i cui membri – recatisi sul luogo – hanno compreso la finalità del nuovo murale e accolto l’opera in segno di partecipazione alla stessa battaglia, dichiarando: «Grazie a chi, anche con l’arte, porta le nostre battaglie alte sui muri di questa città». E noi non possiamo che unirci ai ringraziamenti e a questa protesta.

Foto di Fabrizio Forma e Francesco Sani