Prove di (pacifica) GUERRIGLIA URBANA – Prima parte

guerrillagardening1Secondo l’ultimo rapporto-shock di Fai e WWF, nel 2032 l’Italia sarà invasa dal cemento. Scompariranno 75 ettari di terreno al giorno. Siamo tutti onestamente costretti a temere per un’emergenza ambientale che il governo dovrebbe affrontare subito. Lotta severa all’abusivismo, dunque. E, perché no, un occhio di riguardo per incentivare e proteggere il lavoro dei cosiddetti “giardinieri d’assalto”!

Quella del guerrilla gardening (letteralmente: “giardinaggio d’assalto”) è una realtà singolare e relativamente nuova, approdata nel Bel Paese solo due-tre anni fa. Pur avendo radici antiche, il movimento nasce ufficialmente verso la fine degli anni Novanta del ‘900 in America, quando il gruppo Green Guerrilla trasformò un lotto abbandonato nell’area di Bowery Houston a New York in uno splendido giardino, tuttora esistente e protetto dal Dipartimento Parchi.

Si tratta infatti di un movimento di resistenza al degrado urbano che aspira a far rinascere le città, le loro abbandonate zone grigie cementificate. Promuove “attacchi verdi” aperti a tutti -e le adesioni sono sempre più numerose- intervenendo sullo spazio pubblico senza alcuna autorizzazione ufficiale, oppure,  in modo più aperto, con il coinvolgimento delle realtà locali.

Ad ogni modo ricordiamo che, per adesso le autorità non hanno ancora previsto una fattispecie di reato legato alla promozione di atti florovivaistici!

Utilizzando materiali di recupero a impatto zero, si tratta di un metodo di ricreazione creativa e interazione sociale, che porta alla rinascita di luoghi trascurati ma anche e sicuramente verso una resurrezione personale, una consapevolezza diversa, l’educazione al rapporto con la natura, i suoi tempi, la sua armonia e la bellezza. Attraverso il quale ognuno può seminare, piantare, coltivare fiori o, perché no, verdure.

Imparando a creare il proprio piccolo/ grande orto ed introducendo, a fronte del concetto della “spesa a chilometri zero”,  quello del “metro zero”. E del tutto biologico.

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Sviluppando così l’idea di “sovranità alimentare”: ristabilire l’equilibrio che la produzione massificata di ortaggi ha definitivamente rimosso, coltivando in proprio. E imparando, ad esempio, che coltivare una pianta di pomodoro accanto ad una di cicoria, a differenza di interminabili filari monocoltura, contribuisce a creare un microsistema fatto di piccoli insetti, che aiuteranno la pianta a sviluppare un proprio apparato immunitario, senza bisogno di tutti i prodotti chimici che vengono  nebulizzati sugli ortaggi intensivamente prodotti.

E’ un giardiniere d’assalto , Giacomo Salizzoni, bolognese di nascita ma ormai fiorentino adottivo. Architetto, fotografo, videomaker. Promotore del blog, “volutamente in lingua inglese”, http://www.guerrillagardener.it/.

Ebbene, Giacomo ci spiega che il processo di urbanizzazione sviluppatosi negli ultimi decenni sta facendo sì che le zone edificate rispetto alle aree verdi della terra, aumentino esponenzialmente. Di modo che il cittadino prevalga sulla figura del coltivatore contadino. Senza però che riesca a rimuovere l’ancestrale richiamo ad un vecchio e sano stile di vita. Ciò significa che il cittadino può ben trasformarsi in “agricoltore urbano” e può farlo condividendo il suo desiderio con una comunità, fatta di donne e uomini, giovani e anziani, adulti e bambini, della stessa o di diverse culture, religioni… chiunque voglia ritrovare anche solo un contatto tattile con la terra, mangiare cibi biologici, imparare, condividere,  riconnettersi con la natura, incontrare nuove persone con lo stesso sogno…

Per qualsiasi buona ragione, il guerrilla gardening offre un’occasione di coesione e rinascita.

MARTINA SCAPIGLIATI