Quarant’anni fa il concerto dei Clash a Firenze

CLASH-FIRENZE-1981

FUL presenta foto inedite dello show e un profilo sui Clash con una serie di ospiti esclusivi, dalla rock band The Sun all’attore Tim Daish.

Quale fu la miccia che innescò il decennio d’oro di Firenze rendendola, insieme a Milano, la “place to be” in Italia? Mi sbilancio e celebro i quarant’anni da quel sabato 23 maggio 1981 quando The Clash si esibirono allo stadio comunale di fronte a 13.000 spettatori.

Sul concerto dei Clash, uno dei più infiammanti del Mission Impossible Tour, in formazione originale – Joe Strummer alla voce, Paul Simonon al basso, Mick Jones alla chitarra e Nick Headon alla batteria – e con il palco montato di fronte alla Curva Ferrovia, sono riuscito a far aprire l’archivio di Stefano Rovai che quel giorno era fotografo accreditato e immortalò lo show, organizzato da due radio fiorentine, Controradio e Centofiori!

La sua testimonianza per immagini cattura l’energia di quella band e di come il decennio ’80 partì con il botto nella nostra città!

Ecco di seguito in esclusiva le foto di quel mitico concerto di maggio del 1981, impreziosite da un profilo sulla band e su Joe Strummer, un illuminato artista che un infarto si è portato via a soli 50 anni nel 2002.

The Clash, colonna sonora per battaglie sociali universali.

Ho chiesto a Valerio Grana, il più esperto sulla musica del quartetto londinese tra noi collaboratori di FUL, di spiegare perché tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ‘80 erano così influenti sul panorama rock.

<<La prima cosa rilevante da dire sui Clash è la contrapposizione tra il messaggio politico-sociale delle loro canzoni e il “no future” nichilistico dei Sex Pistols e altri gruppi della scena punk inglese. Joe Strummer, figlio di un diplomatico britannico in Turchia – nacque ad Ankara, infatti – era di estrazione alto borghese ma, quando da adolescente la sua famiglia fece rientro a Londra, si identificò con la working class di Brixton (da cui invece veniva Paul Simonon. NdR) anziché l’upper class di origine>>.

Benché il primo album dei Clash sia da considerarsi essenzialmente punk, c’era già nei testi delle canzoni una visione globale delle battaglie sociali.

<<Da “White Riot”, che invita i giovani bianchi a prendere parte contro le diseguaglianze sociali – i bianchi vittime come gli immigrati dello stesso sfruttamento in un paese piegato dalla disoccupazione – a “Rock The Casbah”, dove si cita il divieto imposto in Iran di suonare il rock – dopo la Rivoluzione e l’instaurazione della Repubblica Islamica – i loro brani sono un invito a sovvertire lo status quo. E ancora, dal rifiuto dell’imperialismo americano di “I’m so bored with the USA” al futuro distopico di “London Calling”.

Questa canzone, grande successo commerciale nel 1979, resta un messaggio di attualità e quasi potrebbe essere manifesto per il movimento Fridays For Future. Il testo – titolo inspirato all’annuncio radiofonico con il quale gli USA dichiararono l’entrata in guerra nel secondo conflitto mondiale – chiamava a raccolta per un mondo da difendere dagli interessi predatori del sistema neoliberistico. Margareth Thatcher era stata eletta da pochi mesi ma loro avevano già intuito i danni che avrebbe fatto la lady primo ministro che dichiarava “la società non esiste ci sono solo gli individui”>>.

Nel 1981 con Sandinista! i Clash accettano le critiche di stampa e pubblico ma si lasciano contaminare dalla word music, mischiando al punk altri generi, dal reggae alla etno music, dal folk al rockabilly, dal blues al funk. Oggi quel disco è un’altra pietra miliare del rock. <<Nella loro grande cultura musicale i Clash rendevano omaggio addirittura anche a Ennio Morricone, siamo ben oltre i riff punk!>>

I Clash sono a tutt’oggi considerati dalla celebre rivista Rolling Stone la rock band più influente di sempre a livello internazionale, è lunga la lista dei musicisti che devono pagare tributo al quartetto londinese: dagli U2 ai Red Hot Chili Peppers, da Manu Chao con il suo gruppo Mano Negra a Bob Geldof.

E non dimentichiamo la scena musicale in Italia. <<Possiamo citare Modena City Ramblers per impegno sociale e per l’anima folk, ma soprattutto The Gang. La band dei fratelli Severini sono i Clash italiani, forti del loro “know how” acquisito nel periodo trascorso a Londra negli anni ’70>>.

Joe Strummer, un’eredità musicale con la quale dobbiamo fare i conti. 

Documentari e libri si sprecano per capire appunto l’influenza dei Clash – attivi dal 1977 al 1985 – su due generazioni di musicisti rock. Quanto l’eredità artistica del loro leader Joe Strummer sia immensa lo raccontano a FUL due di loro: Francesco Lorenzi e Riccardo Rossi, rispettivamente voce e batteria dei The Sun.

Venti anni fa, all’inizio della carriera, la band veneta aprì per l’ultimo concerto in Italia di Joe Strummer (in quell’occasione presentatosi con la sua ultima band: The Mescaleros). 

<<Quando ho incontrato Joe Strummer non avevo tutta la consapevolezza su chi avessi di fronte a me  esordisce Francesco Lorenzi  i Clash li avevo “sfiorati” perché avevano influenzato molte punk band che seguivo ma, come succede talvolta, ho compreso bene chi fossero in seguito. Oggi se ripenso a quel momento nel backstage ricordo la grandissima reverenza che c’era nei confronti di quest’uomo. Vidi come gli altri lo guardavano e questo mi interrogò su quanto questo artista fosse stato influente perché poi, effettivamente, andando a scoprire l’impulso potentissimo che aveva dato alla musica – e a un certo tipo di musica di denuncia – capii.

CLASH FIRENZE 1981

Talvolta le situazioni ti passano a fianco e non ci si rende conto di cosa sta succedendo, io avevo solo 18 anni, però oggi ascolto i Clash e dico: quanto sono stato fortunato! Sicuramente quell’esperienza mi ha dato un impulso, quanto deve essere stato importante e influente Joe Strummer perché tutti avessero gratitudine nei suoi confronti. È bello questo, significa che ha lasciato qualcosa alle persone e questo è il merito più grande che gli va dato. Noi ci dobbiamo misurare con questi artisti perché avevano consapevolezza del loro ruolo, della responsabilità che ricoprivano per essere voce di tante persone che non avevano voce.

La band londinese è universalmente considerata una delle più originali in assoluto nella scena rock, eppure non erano il top della tecnica. <<I Clash sono importanti perché hanno conciliato il punk con il reggae, un’innovazione incredibile, precursori di un genere musicale che è pure un’attitudine – mi spiega Riccardo Rossi – quella di “prendere la vita a morsi”. Joe Strummer è stato una figura carismatica che non mostrava la sua leadership con atteggiamenti forzati ma con i fatti in un contesto storico, gli anni ‘70, in cui l’Inghilterra, più degli USA, è stata una fucina di talenti nella musica. I Clash, senza per forza avere dei tecnicismi da puristi – le canzoni erano quasi tutte semplici in 4/4 – arrivavano alle coscienze.

In un momento in cui le persone avevano bisogno di una rivalsa sociale, chi l’ha cercata nella politica e chi nell’arte, loro si sono messi al servizio delle persone conciliando il rock con l’impegno politico. È quello che la musica dovrebbe sempre fare, ma oggi è l’esatto opposto, viviamo un periodo buio e ne avremmo bisogno. Personalmente ricordo che, dopo aver fatto l’apertura del concerto, ho visto Joe Strummer nel backstage ma la sua “presenza” si percepiva prima che arrivasse, tale era l’aurea che lo circondava, così appena fu vicino lo abbracciai come un padre! Ti assicuro che quell’incontro mi ha segnato la vita, perché fino a venti anni fa essere fan di qualcuno era diverso da oggi, non c’era la sovraesposizione mediatica, quindi quando avveniva un incontro di persona con tali personaggi ti sentivi molto fortunato. L’ho sentito come una persona piena di amore per le persone e spiritualmente molto elevata, con un’energia immensa… E pensare che poco tempo dopo sarebbe morto>>.

Il futuro non è scritto.

Ho chiesto al collega Marco Cappelli, responsabile del programma musicale MetalDetector su Clio TV, un commento sulla modernità della musica e del messaggio dei Clash.

<<La band tutt’ora divide gli amanti del punk, perché i duri e puri non gli hanno mai perdonato la contaminazione con altri stili. Inaccettabile per alcuni, per me è una grande ricchezza. Sono coevi del reggae spirituale e profetico di Bob Marley. Sono a suo pari come rivoluzione culturale in musica perché, pur essendo figli del punk e della ribellione, non avevano i contenuti anarchici delle altre band inglesi e tantomeno dei Ramones. Il loro mondo sonoro che mischiava ritmi dal folk al reggae è ancora modernissimo, i dischi suonano freschi come se fossero usciti oggi, senza contare l’attualità del messaggio sociale nei testi di Joe Strummer>>.

Le canzoni dei Clash non vengono dal passato ma sono “poesie dal futuro”, perdonatemi se scomodo una citazione da Karl Marx. Ma, il futuro distopico cantato in London Calling è già accaduto: dai disastri nucleari alla crisi climatica, dalla repressione poliziesca ai conflitti bellici, l’Apocalisse è già tra noi pare avvertirci Joe Strummer!

Non potevo, infine, esimermi dal chiedere a Tim Daish, l’influenza dei Clash sulla generazione britannica nata dopo la stagione del punk.

<<Sono cresciuto nell’Inghilterra degli anni ’80 ed ero troppo piccolo per comprenderli – mi racconta l’attore e musicista ma, intorno al 2005, vivevo a Londra e facevo musica con alcune band. I Clash erano di riferimento per la scena di Camdem Town, idealmente come i Beatles a Liverpool o i Joy Division a Manchester, però loro in particolare hanno incapsulato la città di Londra nelle canzoni e in certe rivolte sociali: “London Calling” oppure “London is burning”… Per tutte le band inglesi, l’eredità di quel messaggio è ancora lì e – lo dico da artista – costringe chiunque voglia fare musica nel mio paese a confrontarcisi>>.

Oggi, aldilà della retorica, le canzoni dei Clash sono ancora colonna sonora delle idee di chi crede che il rock possa cambiare il mondo, perché, come diceva Joe Strummer, “the future is unwritten”

Foto: © Stefano Rovai