Roberto Taddei, la penna che disegna l’anima

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In collaborazione con “I Greppi di Bolgheri”, incastrata tra la meraviglia delle colline toscane, “Outsider fuori dagli schemi”: la mostra di un astro nascente dell’arte italiana che usa l’inchiostro per dare vita propria alle tele.

Bolgheri, 5 agosto 2021. Il vino, il libeccio, il tramonto, una terrazza che si affaccia sui filari più famosi del mondo, il mare a due passi, 10 opere da ammirare e tanti sorrisi da ricambiare. 

Anche l’arte torna finalmente a respirare dopo due anni di apnea forzata, in questo caso lo fa in un contesto da favola, celebrando il talento purissimo di un pittore controcorrente. 

Controcorrente per tecnica e concetto, per provenienza e stile. 

In un momento storico in cui la scuola si asciuga e schizzi caotici di vernice da interpretare sono il surrogato del disegno, emerge una mano che coltiva la tradizione del passato scaraventandola nel futuro. 

I quadri di Roberto Taddei hanno un unico grande filo conduttore, un’unica reazione possibile: lasciano a bocca aperta. Che piacciano o meno, che a guardarli sia un critico d’arte o un semplice passante, l’impulso è chiedersi come sia stato possibile realizzare un’opera simile. 

Si chiama “wow effect” ed è una delle principali leve che muovono la comunicazione contemporanea.  

Non è possibile, questa è una foto!”  Ogni volta la stessa affermazione, ogni lo volta lo stesso scetticismo che si tramuta in stupore puro quando ci si avvicina alla tela e si capisce che i quadri di Roberto non sono fotografie, sono semplicemente riproduzioni perfette della realtà, la sua realtà.

La realtà che vede lui, interpretata attraverso immagini sinestesiche che associano sfere sensoriali differenti. 

Fisherman 120 x 70

Per interpretare un astrattismo servono libertà e fantasia, per dare significato alla realtà è necessario scontrarsi con se stessi. È quello che fa Roberto ogni giorno, si scontra con se stesso, si scontra con la realtà e la disegna su un foglio. 

Architetto per studi e formazione, è appassionato di sorrisi e di parole. Da una vita studia attentamente i personaggi dei suoi quadri, che vede passare quando si siede in un locale, mentre passeggia per le vie della sua cittadina, o quando aiuta i genitori nella paninoteca storica che gestiscono da sempre. 

Come uno scrittore prende appunti per raccontare chi vede, come uno scrittore, incredibilmente, usa la penna.

Convivialis 140 x 250

La Tecnica

Lo studio di Roberto è un tempio sorretto da colonne fatte di penne. Penne Bic, penne Biro, chiamatele come volete, il vocabolario definisce una penna come “qualsiasi strumento scrittorio basato sull’impiego dell’inchiostro”. Da strumento scrittorio la penna diventa pennello, il chiaro-scuro si sostituisce alla gamma dei colori di una tavolozza, giocando con milioni di percettibili sfumature. 

L’artista utilizza solo penne e lapis per esprimersi: tratti, finiture, riempimenti, ogni singolo centimetro delle sue tele è calcato da inchiostro o polvere di matita. 

I centimetri sono ciò con cui convive quotidianamente, è così che riproduce la realtà. Partendo da una foto, ne analizza ogni tassello scomponendola  in minuscoli pezzetti, che riporta sul foglio, adattandoli alle dimensioni volute. 

La precisione da amanuense si intreccia con lo spirito, l’impulso di raffigurare; questo connubio dona ai disegni una vita propria, permette alla pupilla che osserva di mettere in moto il cervello ed elaborare un significato partendo dall’attimo. 

Cominciare da una foto, scegliendola accuratamente, consente  all’artista di creare una storia intorno al soggetto, che prende forma ad ogni sguardo. 

In questo mondo dove tutti sono esperti di tutto, nell’era dello “scrolling” e di Wikipedia, c’è la classica tendenza a cadere nel banale di fronte a un dipinto. 

Un quadro non si guarda, si osserva, si legge. 

Esattamente come un libro o una poesia, è il frutto di un pensiero, di un costrutto, è necessario conoscerne il linguaggio, sforzarsi di capirlo, scavare. 

Il semplice “Mi trasmette emozione” non basta. C’è di più. C’è molto di più. 

Roberto parte da una foto, dicevamo. C’è un iter ben preciso nell’edificazione di un quadro, passaggi scanditi che danno vita ad una sorta di “hub artistico” molto moderno, in cui svariati soggetti collaborano in un intreccio particolare.

Grappolo d’uva 120 x 100

L’Atelier 4.0

Fotografi, grafici, artigiani, organizzatori, ispiratori. 

L’Atelier di Roberto è un concerto di talenti che collaborano. 

Ogni singolo componente di questa speciale catena artistica ha il suo ruolo definito e la sua importanza strategica nella preparazione di un quadro. 

Il risultato è un’immagine che addensa conoscenza e capacità, l’esplosione del genio è solo l’atto finale di un percorso professionale. 

Parte tutto dalla scelta di una fotografia. Che venga commissionata una foto precisa, o che si indichi la sfera di appartenenza del soggetto da raffigurare, l’artista si affida sempre, in primis, alla vena di chi immortala l’attimo. 

Una sorta di “brain Storming”, con una squadra di persone fidate, in pieno stile aziendale molto attuale, dà vita a una scelta definitiva. 

Dopodiché subentrano le tecniche del futuro: gli strumenti digitali e chi li manovra personalizzano la foto a seconda degli intenti di rappresentazione. 

Il quadro continua il suo viaggio di costruzione con lo studio della cornice. La manualità, l’esperienza e la visione dell’artigiano proiettano il dipinto in quella che sarà la sua dimora naturale. 

Dopo il pensiero, la mano. 

Da questo momento in poi per Roberto inizia una sfida con se stesso, nella stesura della realtà, così come la vede lui.

Roberto Taddei e la sua squadra da sinistra Samuele Pasquini artigiano di Sa. Si. Fa. Falegnameria, Lucrezia Bozzolo, assistente, Roberto Taddei e Francesco Mutti, il curatore

Il Disegno

Cos’è disegnare? Come ci si arriva? E’ l’atto di aprirsi un passaggio attraverso un muro di ferro invisibile che sembra trovarsi tra ciò che si sente e che si può.

Vincent Van Gogh

Disegnare comporta sacrificio, studio, scuola, fatica. 

Disegnare è un lavoro certosino, presuppone sbagliare e correggere l’errore. Significa strappare il foglio con cui si è fatto l’amore per poi ricominciare, in un processo lungo e snervante. 

Chi disegna diventa schiavo del perfezionismo, fa la lotta con gli impulsi, deve coordinare i movimenti del corpo con gli inganni della mente. 

È molto più semplice abbandonarsi ad un linguaggio di segni e colori che presuppone interpretazione e follia, piuttosto che chinarsi di fronte all’oracolo della precisione maniacale. 

È così che l’arte pittorica si svuota di contenuti e diventa il palcoscenico degli inventori e dei loro narratori personali. 

La tecnologia, la frenesia, le opportunità, quella tendenza a risparmiare un minuto per ogni minuto che viviamo, tipiche dell’era contemporanea, hanno spalancato la strada a una pittura convulsa e senza leggi: l’unica regola è sedurre il mercato. 

Pablo Picasso scrisse: “A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino.

Partire dalla scuola, partire dal disegno, concimare il proprio talento con sudore e sacrificio, poi, forse, innovare e stravolgere. 

Adesso si ribalta il paradigma, si salta un passaggio e si inizia direttamente dal tentativo di sconvolgere. 

Roberto Taddei, a tal proposito, è un artista anacronistico, atipico, raro. 

Talento al servizio della tecnica, un suo quadro richiede decine di ore di lavoro. Nulla è lasciato al caso, il dettaglio più invisibile diventa un manifesto di abilità. 

Roberto Taddei

La Mostra

“Outsider fuori dagli schemi”, questo il titolo scelto dagli organizzatori dell’evento e da Roberto Taddei col suo team: un vero e proprio lavoro di squadra, un’unità di intenti che ha coinvolto a 360 gradi il marketing dell’azienda vinicola bolgherese e l’entourage dell’artista. 

Un connubio tra vino e arte che è antico come il mondo ma che non smette mai di affascinare. Direttamente proporzionali.

Le vigne disegnano una via diretta verso la spiaggia, se si seguono i filari con lo sguardo, dalla terrazza, gli occhi si riempiono di blu appena sbattono sull’orizzonte segnato dal mare. 

Le opere dominano lo spazio, disposte agli angoli di un quadrato che diventa magico, ad ogni passo.

La suggestione si completa con la presenza di tutti gli attori dello show. 

Il direttore marketing de “I Greppi di Bolgheri”, Marco Filippeschi, si mette in prima linea riempiendo i bicchieri degli ospiti, raccontando loro la storia di ciò che stanno bevendo. 

Tutti i componenti dello staff di Roberto Taddei accompagnano gli invitati svelando i particolari dei quadri in esposizione. 

Lucrezia Bozzolo, assistente a tutto tondo dell’artista, i ragazzi della Falegnameria Sa. Si. Fa., che incastonano i disegni nelle loro cornici e Francesco Mutti, il curatore, colui che ha creduto in Roberto appena ha gettato lo sguardo sul suo primo schizzo. 

Le sue parole sembrano scaturire dritte, intense, da una penna biro dell’artista, ci raccontano di due aspetti nascosti e controversi dell’arte di Taddei: il rapporto con il tempo e con l’errore.

“Tempo ed errore in Roberto sono legati l’uno all’altro, caratteri che assumono qualità straordinarie a seconda dell’ambito in cui si collocano o dell’accezione con cui li interpretiamo.

Per Taddei il tempo è imprescindibile, la sua attenzione al dettaglio non è puro tecnicismo o vuoto virtuosismo, ma rincorsa alla definizione di un istante che egli vive in prima persona, coscientemente immerso in una bolla temporale solitaria ed emotiva dove tutto si allunga e rallenta prima di tornare alla normalità.

L’errore, invece, è l’ossessione che si tramuta in qualità, insita nello strumento che si è scelto e che utilizza quasi in maniera esclusiva. La penna bic, da stupefacente strumento letterario diventa carnefice implacabile di ogni suo gesto, richiamandolo all’ordine nell’impossibilità di recuperare lo sbaglio. 

Quanta differenza con la semplice matita, con le possibilità infinite del carboncino, delle cere o dei pennarelli, persino della pittura a olio. 

La penna significa familiarizzare fin da subito con l’idea unilaterale delle forme, delle linee, del chiaroscuro, per studiarle, analizzarle, gestirle e dunque reinterpretarle senza possibilità di appello. 

Di contro, il suo strumento pone in essere concentrazione e riflessione assolute, da concedere al singolo tratto prima che alla visione d’insieme, sia questo caratteristico di un profilo, o parte di un tratteggio più ampio teso a individuare la profondità.” 

La Mostra “Outsider fuori dagli schemi” tra i vigneti di Bolgheri