Dove finisce la moda e dove inizia lโarte? Reduci da una settimana di Pitti, dove il fashion รจ protagonista in tutti i suoi aspetti piรน creativi, innovativi e originali, รจ lecito porsi la questione. Molto spesso infatti, le collezioni presentate sembrano essere tutto fuorchรจ pratiche, confortevoli e adeguate alla quotidianitร : piรน opere dโarte che prรชt a porter.
Ma allora perchรฉ la moda attrae cosรฌ tanto?
In statistica, il termine indica il valore che risulta con maggior frequenza in una serie di osservazioni o di riscontri, cioรจ descrive un determinato fenomeno diffuso e generalizzato. Riduttivo quindi pensare alla moda come ai โvestiti di stagioneโ, anche perchรฉ le testimonianze del connubio con lโarte, la storia, la societร sono innumerevoli.
Con questโobiettivo, allโinterno del Museo Ferragamo, in collaborazione con il Museo del tessuto di Prato, la Biblioteca Nazionale, il Museo Marino Marini e le Gallerie degli Uffizi di Firenze, รจ stata allestita una interessante mostra, visitabile fino al 7/04/2017, in cui insieme ai pezzi simbolo del โcalzolaio delle starโ, sono esposti modelli di diversi stilisti che ripercorrono i momenti piรน significativi della storia del costume.
Partendo dagli abiti peplo di Mariano Fortuny e dai costumi di foggia preraffaellita, si vede come queste creazioni indichino, oltre a un nuovo trend, anche una esigenza diversa: quella di liberare il corpo femminile, fino ad allora costretto in corsetti e crinoline, dal peso (non solo in senso metaforico, visto che lโabbigliamento complessivo poteva superare i 14 kg) di inutili โimpalcatureโ che limitavano i movimenti. In questo modo, si permetteva per la prima volta la fluiditร , la libertร e la comoditร .
Una delle stiliste piรน rappresentative di questo, fu senza dubbio Elsa Schiaparelli che, con il suo estro e i suoi rapporti con artisti surrealisti quali Dalรฌ e Jean Cocteau da cui traeva ispirazione, ideรฒ abiti fantasiosi ma allo stesso tempo โportabiliโ come il celebre lobster dress o uno stampato con pezzi di carne strappata, a simboleggiare che togliersi un vestito รจ come togliersi uno strato di sรฉ stessi e della propria pelle.
Ma gli artisti, soprattutto surrealisti , futuristi e esponenti della pop art, continuarono a influenzare la moda e a farsi influenzare da essa, in un gioco di specchi pressochรจ continuo. Una delle sale espositive, per esempio, รจ interamente dedicata a Andy Warhol che, in uno shooting fotografico di cui รจ protagonista, interpreta la propria ambiguitร personale e sessuale contrapponendo abiti maschili a un makeup e parrucche riconoscibilmente femminili: la moda รจ dunque ricerca individuale di identitร e appartenenza.
In quanto forma di comunicazione visiva perรฒ, si fa espressione di tematiche sociali e personali ben piรน complesse e profonde. Come si vede nella sala dedicata a Inka Shonibare, artista londinese di origine nigeriana che, nei suoi coloratissimi manichini, rappresenta il dramma del razzismo, del postcolonialismo e delle conseguenze del meltinโpot. Lโimpatto รจ forte: il contrasto tra il colore del tessuto african datch batik e le figure acefale รจ violento e impressionante. Un esempio importante di quanto la moda, in veste di arte, possa farsi portavoce di messaggi profondi, attuali e perfino scomodi.
Nella sala conclusiva si raggiunge infine il culmine: gli abiti qui esposti non sono piรน pensati per vestire i corpi ma per comunicare. Come il Remote Control Dress di Hussein Chalayan: in cui lโabito, realizzato con materiale rigido, di fatto impedisce ogni tipo di movimento, perfino il piรน semplice come sedersi. Oppure le Soundsuits di Nick Cave, tute multicolore in cui non cโรจ spazio nemmeno per i fori oculari: una cappa che copre interamente il corpo, annullando ogni distinzione e differenza.
Questi sono solo alcuni dei numerosi modelli esposti e dei molteplici spunti di riflessione presenti nella mostra, curata da Stefania Ricci e Alberto Salvadori. Il messaggio sembra essere chiaro e lampante: arte e moda non solo sono legate e si influenzano reciprocamente, ma presentano lo stesso intento di fondo nel comunicare un messaggio che puรฒ essere innovativo, rivoluzionario o strettamente individuale.
โLโabito fa il monacoโ non tanto perchรจ lo veste ma perchรจ lo distingue rispetto al resto: lo rende riconoscibile e ne segnala il ruolo. Il vestito racconta dunque una storia: sociale, personale, collettiva.
Possiamo allora capire i dubbi esistenziali di tutte le donne (e uomini) che, almeno una volta al giorno, non sanno cosa mettersi… Come dice Elsa Schiaparelli nei suoi 12 comandamenti: โil venti per cento delle donne ha un complesso di inferioritร . Il settanta per cento coltiva illusioniโ.
Vestirsi significa dichiarare al mondo chi sei. Niente affatto banale come scelta, dopotutto la moda รจ pur sempre unโarte.
di Rita Barbieri
foto di Giuseppe Poeta