Nonostante la nuova legge Ecoproteste che può infliggere fino a 6 mesi di carcere agli attivisti ambientali, il primo pomeriggio di martedì 13 febbraio ha visto un nuovo blitz di Ultima Generazione agli Uffizi: protagonista l’iconica Venere del Botticelli. Ma perché gli attivisti climatici “attaccano” proprio le opere d’arte?
Dopo l’azione del luglio scorso di fronte al Battistero contro l’industria dei combustibili fossili, la ormai celebre protesta che colpì Palazzo Vecchio con vernice lavabile, con tanto di intervento del Sindaco in persona (e relativa valanga di meme) e l’azione del luglio di due anni fa sulla Primavera del Botticelli, gli Uffizi, stavolta con la Venere del Botticelli, suo fiore all’occhiello, sono stati di nuovo protagonisti di uno dei “colpi” di Ultima Generazione tra lo stupore della folla di turisti che ogni giorno affolla il museo fiorentino. Il vetro che protegge l’opera è stato ricoperto infatti di immagini della recente alluvione di Campi Bisenzio che, come sottolineato dagli attivisti stessi, sta a due passi dal ben noto museo. Come riporta l’Ansa, a seguito dell’azione di protesta che è stata portata avanti da due militanti di Ultima Generazione, “il personale del museo ha fatto uscire i turisti, spento le luci e chiuso la sala. I carabinieri hanno raggiunto i due attivisti e li hanno fermati”.
La Nascita di Venere di Botticelli è stata ricoperta “da immagini della realtà nella quale stiamo affondando, alluvioni e frane sempre più frequenti che creano danni alle case, scuole, ospedali e strade da un lato, siccità inimmaginabili dall’altro” – spiega il comunicato diffuso da Ultima Generazione. “Oggi, la Nascita della Venere di Botticelli è stata ricoperta di immagini delle alluvioni di Campi Bisenzio, attaccate con scotch di carta alla teca del quadro. A farlo sono stati Giordano (Cavini Casellini) e altri due cittadini aderenti alla campagna ‘Fondo Riparazione’, promossa da Ultima Generazione. Recandosi alle Gallerie degli Uffizi, Giordano ha violato l’obbligo di dimora, a cui è sottoposto in seguito a un blocco stradale, dal 8 dicembre 2023. Un’azione di disobbedienza civile nonviolenta molto semplice per cui rischia gli arresti domiciliari, se non la custodia cautelare in carcere”.
Il comunicato, letto anche dall’attivista proprio davanti alla Nascita di Venere, continua così: “Sono Giordano, sono un padre di famiglia e operatore socio-sanitario. Oggi ho scelto di contravvenire al mio obbligo di dimora e di infrangere nuovamente la legge, rischiando la prigione per tenere fede alla mia promessa di fare tutto il possibile per proteggere la vita. Oggi questo quadro simbolo di amore e bellezza si è trasformato mostrando la distruzione e il dolore che stiamo già vivendo a causa della crisi climatica. Il Governo continua a fingere che i campi non siano arsi a gennaio, che l’acqua non sarà un problema quest’estate, che le case distrutte dalle alluvioni siano eventi accidentali e non causate da scelte umane. E anziché occuparsi di questi e veri problemi, fa leggi assurde per zuppe su del vetro. I nostri politici continuano ad opprimere le voci di chi chiede aiuto e di chi li richiama al loro dovere, con nuove leggi punitive cercando di spaventarci: non capiscono o non vogliono capire, che io sto già soffrendo, soffro per il futuro dei miei amici, soffro per il futuro delle persone che amo, soffro per il futuro di mia figlia”.
Ma perché gli attivisti climatici scelgono i musei per le loro proteste?
Gli interventi degli attivisti climatici e in particolare di Ultima Generazione in vari musei e luoghi della cultura sono ormai notizia quasi all’ordine del giorno e la causa per cui si battono, rischiando alte pene economiche e perfino pene detentive, è ben nota ormai a tutti. Su questo modus operandi ognuno è libero di essere d’accordo o meno ovviamente, ma vi siete mai chiesti perché questi “attacchi”, se così vogliamo chiamarli, siano quasi sempre indirizzati proprio al patrimonio artistico e culturale?
Probabilmente esistono più risposte, tutte plausibili e corrette; la prima cosa che verrebbe da pensare è che gli obiettivi degli attivisti siano opere iconiche e celeberrime e di conseguenza che questa sia la via più breve e facile per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e del governo. Ma se fosse solo questo, siamo sicuri che non esista qualcosa di più famoso, più iconico, qualcosa che sia in grado di attirare l’attenzione maggiormente? Forse sì, ma farebbe parlare così tanto? Farebbe anche indignare molte persone così tanto?
La risposta, in entrambi i casi, è probabilmente no. E sono proprio le parole spese oggi da uno degli attivisti durante la protesta agli Uffizi a suggerircelo, dichiarando che “questo quadro simbolo di amore e bellezza si è trasformato mostrando la distruzione e il dolore“. Quindi non un’opera a caso, non un’opera semplicemente famosa, ma un’opera che per lui stesso ha un grosso valore, come spesso è successo in altre azioni di protesta, dove le opere “attaccate” sono proprio opere molto amate anche dagli attivisti stessi che, vale la pensa ricordarlo, non vengono danneggiate realmente, intervenendo sempre sui dispositivi di protezione, ma danneggiandone piuttosto la fruizione da parte del pubblico. È il caso ad esempio di uno degli attivisti di Just Stop Oil che, in un atto di protesta alla National Gallery, aveva attaccato la sua mano ad un’opera di Constable, dichiarando che quella era una delle sue opere preferite, che l’amava profondamente perché gli ricordava quei paesaggi della campagna inglese a cui è così affezionato e in nome dei quali stava intervenendo, per non vederli scomparire.
Allora vale la pena domandarsi anche se quella di Ultima Generazione, o degli attivisti climatici in genere che portano i loro blitz nei musei, sia un’azione che va davvero a danneggiare l’arte o se in qualche modo non va addirittura ad esaltarne il valore. E qui chi legge penserà probabilmente “è impazzita, ma che sta dicendo?”. Mi spiego meglio dunque.
Il motivo per cui la provocazione di Ultima Generazione funziona e ci dà così fastidio (me compresa, ovviamente) vedere questa e altre opere d’arte sporcate in modo non permanente (N.B. non danneggiate) è perché il patrimonio culturale, appartenendo al passato, è percepito come qualcosa che potenzialmente potrebbe essere distrutto, cancellato per sempre, e con esso anche la sua memoria, motivo per cui siamo sicuramente ossessionati anche dalla sua conservazione e da qualsiasi minaccia ad essa. Ma se questo patrimonio culturale, che noi consideriamo così intoccabile e avulso da qualsiasi contesto contemporaneo e di conseguenza a noi estraneo, con queste azioni di protesta diventasse improvvisamente qualcosa di presente e importante per la vita di ognuno di noi? Sì perché queste azioni stanno facendo fare al patrimonio culturale una cosa che purtroppo nei tempi odierni non fa più, e da molto tempo: parlare al presente, anziché al passato.
Attraverso queste espressioni di rabbia, l’arte è stata riattivata come strumento civico, di partecipazione democratica, cioè una riappropriazione dell’arte come qualcosa che ci riguarda, come materia viva e non come cimelio. Che senso ha la tutela se non teniamo a mente che l’obiettivo dell’arte è lo sviluppo umano e non la sua conservazione, fine e mezzo per raggiungerlo? Che senso ha proteggere l’arte a tutti i costi se i musei sono solo un cimitero di adorazione di capolavori e meraviglie che andiamo ad ammirare per poi tornare alla nostra “vita vera” fuori da quelle mura? Non ha più senso usare l’arte per permetterci di fare dei ragionamenti su qualcosa che ci riguarda e ci tocca davvero da vicino, prima di tutto come esseri umani?
Altra riflessione: se la separazione che spesso si fa tra arte e ambiente, in realtà non sia così netta e questo gesto le mettesse ancora di più in risalto? E ancora, se vedessimo la protesta non come una minaccia verso l’arte ma piuttosto come un’alleata che gli attivisti hanno scelto per combattere la loro causa? Uomo, ambiente e arte sono da sempre e saranno per sempre indissolubilmente legati perché, se ci pensiamo bene, cos’è l’arte se non il prodotto della relazione umana con l’ambiente sociale e naturale? Non a caso patrimonio storico-artistico e ambiente stanno insieme nell’articolo 9 della Costituzione e il codice che li regola si chiama Codice dei beni culturali e del paesaggio. Se viene a mancare l’uno è inevitabile che venga a mancare anche l’altro: questo è il messaggio che gli attivisti vogliono mandarci. Se non ci prendiamo cura dell’ambiente, a cosa ci servirà l’arte?
Foto in copertina fonte: ilgiornalepopolare.it