Sixto Rodriguez a Firenze è come se Jack Kerouac si fosse presentato al Verdi a leggere dal rotolo originale di On the Road. Passerà in sordina, anche se sold-out, ma è un incontro storico tra due opposti che forse iniziano a trovare vie di dialogo.
Rodriguez è presentato come l’uomo dell’Oscar, dopo il successo del film Serching for Sugar Man, che racconta la sua storia e ha vinto il premio come miglior documentario. Questo è utile per far capire di chi si tratti e vendere biglietti, ma il concerto significa qualcosa di più. Rodriguez è un uomo che ha vissuto in strada tutta la vita, non come homeless, ma come hobo. Un neo-sadu senza radici che vive fra le braccia della gente di un’America diversa da quella delle prime pagine dei giornali. L’America dei sorrisi e delle porte aperte della costa pacifica. La West Coast dove le armi non interessano a nessuno, abbondano orti e foreste e la musica è ovunque. A San Francisco non c’è modo di girare per le strade senza imbattersi in musica dal vivo ed è così fin dagli anni ‘70 quando a Rodriguez di diventare famoso importava ben poco. Chi ha bisogno di fama e denaro quando la tua arte ti consente di trovare sempre un pasto in compagnia e ospitalità? La gloria avrebbe avuto ben poco a che fare con i suoi testi di umile protesta sociale, spesso d’amore, tesi a svegliare le anime cittadine competitive e confuse dalla materialità e l’apparenza. Una musica disillusa che mescola un cantautore rock tradizionale, tutto chitarra e voce, a sonorità psichedeliche ormai datate ma sempre interessanti, per quello che è un capostipite dello psy-rock che prenderà posto nella storia della musica al fianco di Jimmy Hendrix e Bob Dylan.
La sua musica racchiude la protesta di un’epoca celebrata ma ancora oggi inascoltata nei suoi contenuti anti-capitalisti, pacifisti e volti all’amore sociale.
Lorenzo Dal Piaz
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Un idolo dimenticato: Sixto Rodriguez in concerto a Firenze
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