Il famoso concerto dei Clash allo stadio comunale inaugurò gli anni ’80 a Firenze, fu la miccia di una stagione unica che partì con il botto.
«La scena giovanile fiorentina era esuberante: mostre, party, feste, disco, rassegne cinematografiche, avanguardie teatrali, sfilate di moda; in una parola, il trend fiorentino anni Ottanta esplodeva. Mi sembrava di trovarmi nel posto giusto al momento giusto» scrisse l’intellettuale Pier Vittorio Tondelli.
Lasciati alle spalle gli Anni di piombo – con tutto il corollario di manifestazioni politiche e scontri di piazza – anche la nostra città vide la rinascita delle culture giovanili, però con l’aggiunta di una peculiare colonna sonora: quel mix di punk e blues elettrico che sarebbe stato etichettato new wave. Piero Pelù, prima del successo con i Litfiba, nel 1980 aveva vissuto a Londra ma ne fu deluso e come dichiarò in seguito: «Tornai a Firenze ed esplosero gli anni Ottanta, era il 1981 e da quel momento in poi fu un’escalation».
Quale fu la miccia che innescò Firenze rendendola, insieme a Milano, il place to be in Italia? Ci sbilanciamo e celebriamo i quarant’anni da quel sabato 23 maggio 1981 quando The Clash si esibirono allo stadio comunale. Sul concerto, uno dei più infiammanti del Mission Impossible ’81 Tour, con la band in formazione originale – Joe Strummer alla voce, Paul Simonon al basso, Mick Jones alla chitarra e Nick Headon alla batteria – non si trovano molte immagini su internet.
Tuttavia, FUL è riuscito a far aprire l’archivio di Stefano Rovai – oggi noto designer – che quel giorno, ventitreenne, era fotografo accreditato per Radio Centofiori (l’emittente, legata al Partito Comunista Italiano, fu organizzatrice dell’evento. Tra l’altro il PCI aveva già voluto i Clash in piazza Maggiore a Bologna nel 1980, per accattivarsi i giovani in vista delle elezioni. NdR). Immortalò lo show da sotto il palco: ancora oggi la sua testimonianza per immagini cattura l’energia di quella band e di come il decennio ’80 partì con il botto! Oltre alle fotografie, ha condiviso con noi il ricordo di quell’evento e il contesto sociale di Firenze in cui arrivarono Joe Strummer e compagni.
«L’inizio del concerto fu travolgente» esordisce Rovai, «i Clash salirono sul palco sulle note di Il Buono, il Brutto e il Cattivo di Ennio Morricone e attaccarono con London Calling, per cui il pubblico esplose in un boato di liberazione! Venivamo fuori dalla violenza dei ’70 e stavamo per vivere il nuovo decennio in cui cominciavano i grandi concerti in Italia. Durante gli Anni di piombo le band internazionali non si esibivano più nel nostro Paese a causa del clima di tensione permanente.
Il concerto di Patti Smith allo stadio di Firenze del 1979, anch’esso organizzato da Radio Centofiori, nell’ambito della Festa dell’Unità, fu il primo di quella rinascita. Poi Lou Reed al Parco delle Cascine e Iggy Pop nel 1980. Quindi i Clash nel 1981 e la gente impazzì, tutti che pogavano e saltavano, una serata indimenticabile! Si temeva del casino, anche scontri – come era accaduto per Patti Smith tra una parte del pubblico e il servizio d’ordine – invece andò tutto bene. All’epoca c’era il problema della sicurezza e della gestione degli spazi per la musica, Patti Smith si era lasciata dietro anche la polemica dei danni al campo di gioco.
Così per i Clash ci trovammo in questa strana situazione in cui il pubblico era sugli spalti, lontano dal prato ma soprattutto dalla band. Mi ricordo che il palco era montato in campo e le persone assistevano dalla Curva Ferrovia. È ovvio che questo tipo di show non lo puoi vedere con l’idea del distacco, lo devi vedere con l’idea della partecipazione».
I Clash, come pochi altri, sono stati completamente liberi di esprimere e mettere in musica il disagio del mondo che li circondava, partendo dal primo album punk fino ai successi – oggi classici del rock – dalle svariate sonorità e in cui si avvertono pure i primi echi del rap newyorkese. Il tour del 1981 portava nella dimensione live un disco molto chiacchierato – Sandinista! si presentò infatti come un triplo LP dalle recensioni contrastanti – ma fu la degna inaugurazione del fermento culturale degli anni Ottanta a Firenze. Una stagione unica che non si sarebbe più ripetuta.
«In qualche modo nel 1981 cambiò la lettura della musica» prosegue Rovai, «perché la città diventò punto di riferimento per tutta una serie di esperienze, ad esempio il Tenax. C’era l’idea che si potesse cambiare la società, cosa che non è avvenuta, o se è avvenuta è andata in un’altra direzione… Era un mondo con una forte attenzione al sociale, non lo si può raccontare, bisogna averlo vissuto. Anche i Clash stessi incarnavano questo spirito di rivolta, quel concerto segnò il momento preciso della voglia di cambiamento».
Fu un’illusione, perché poi ci sarà “il riflusso”, il disimpegno politico, l’edonismo. «Si tornò indietro perdendo tutta quella parte di profondità, pensando solo all’estetica, alla forma senza sostanza. Però è stata una stagione fantastica, Firenze divenne una capitale del rock, c’era finalmente la voglia di partecipare. Ricordo pure che il concerto di David Bowie fu mitico, ma come per Lucio Dalla e Francesco De Gregori c’erano decine di migliaia di persone. A parte il fatto che avevo vent’anni e vivere queste esperienze fu straordinario, davvero avevamo tanta voglia di fare e la gente partecipava. In questo clima di euforia generale i musicisti erano anch’essi generosi, Iggy Pop addirittura invitò il pubblico a salire sul palco!».
Nel 1981 i ventenni, come ci ha raccontato Rovai, erano pieni di entusiasmo e come tante crisalidi aspettavano di aprire le ali verso quella libertà che repressione e terrorismo avevano negato negli anni ’70. Ma questa voglia sarà sopita dai nuovi modelli costruiti dalla TV commerciale, dal disimpegno e da una nuova classe politica che abbandonò le piazze e gli spazi reali per diventare triste immagine sbiadita dal tubo catodico. I testi delle canzoni di Joe Strummer e soci in Sandinista! erano un presagio del mondo che sarebbe venuto.
Testo di Francesco Sani e Valerio Grana.
Foto: © Stefano Rovai.