Le manifatture dell’Alto Mugello protagoniste di un progetto fotografico curato dalla Cooperativa di Comunità “la C.I.A. – Cultura Innovazione Ambiente” in mostra diffusa fino all’8 dicembre.
“AAA Manifatture” è un progetto che coinvolge importanti realtà manifatturiere del territorio e che si concretizzerà in autunno in un catalogo e in una mostra nei Comuni di Palazzuolo sul Senio, Marradi e Firenzuola, vincitore dell’avviso pubblico “Strategia Fotografia 2022, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura“. Nei mesi scorsi i fotografi Giancarlo Barzagli, Ilaria Di Biagio e Franco Guardascione, ossia i tre fotografi che hanno il compito di raccontare AAA Manifatture attraverso i loro scatti, hanno effettuato un sopralluogo presso le realtà produttive implicate.
L’iniziativa vede il coinvolgimento dei lavoratori di realtà quali la Copser di Firenzuola, La Fabbrica dei Marroni di Marradi, oltre alla Meccanica RC e l’Elettromeccanica Misileo di Palazzuolo sul Senio, ed è la naturale continuazione di “Archivio Appennino-R/Esistenze” (Strategia Fotografia 2020), che andava ad indagare com’è ancora esistere e resistere (e lavorare) nei luoghi dell’Alto Mugello.
Con “AAA Manifatture” si vuole indagare su un’altro tipo di resistenza, ossia il lavoro manifatturiero, grazie al quale i tre comuni interessati (Marradi, Palazzuolo sul Senio e Firenzuola) riescono ancora a sopravvivere.
“AAA Manifatture”, sostenuto anche dagli enti locali e dalle aziende stesse, nasce per contrastare la retorica che vede questi territori come luoghi marginali, per dare loro una nuova centralità, con un racconto partecipato, che coinvolge i lavoratori stessi, in un approccio fra arte e lavoro passando anche attraverso un’analisi filosofica.Il corpo del lavoro verrà raccolto in un libro fotografico, introdotto da un saggio della filosofa Federica Montevecchi.
Verrà inoltre realizzata una installazione fotografica diffusa “site-specific” attraverso una campagna di affissioni negli spazi pubblici come luogo di condivisione e racconto in concomitanza con talk: momenti di divulgazione ma anche confronto collettivo dell’esperienza indagata.
Il catalogo e i fotografi.
Che cosa è la fotografia se non verità momentanea, verità di un momento che contraddice altre verità di altri momenti?», è la domanda di Leonardo Sciascia riportata alla mente da Federica Montevecchi nel catalogo di “AAA Manifatture”. Nell’era capitalista dell’industria 4.0, in cui si assiste al progressivo dissolvimento dei lavoratori, dei luoghi e dei tempi della produzione, la fotografia si trova così costretta al paradosso, a misurarsi per certi versi con l’invisibilità e a interrogarsi sul suo potere di osservazione, su come possa dare corpo visivo all’ordinario delle nostre esistenze, al di là dell’immediatezza del guardare e della fascinazione tossica dell’immaginare stereotipato.
A maggior ragione allora i volti, i gesti quotidiani e le trasformazioni che essi determinano, immortalati nelle fotografie del catalogo AAA Manifatture provano con forza a mostrarci quello che di solito non possiamo vedere e cioè uomini e donne sul posto di lavoro, macchine sofisticate, paesaggi trasformati, e a favorire la riflessione sul vincolo che può legare il lavoro ad un territorio dal quale è inseparabile, come nel caso di Firenzuola e di Marradi, oppure vuole esserlo come a Palazzuolo Sul Senio.
Ilaria Di Biagio: Gesti e forme della fabbrica 4.0 – distretto meccanico di Palazzuolo Sul Senio.
Ilaria Di Biagio, fotografa e artista visiva nata a Firenze nel 1984, vive nella campagna toscana e lavora come freelance in Italia e all’estero. La sequenza di fotografie scattate nel distretto meccanico di Palazzuolo Sul Senio omaggia la ricerca di Bruno Munari sulla gestualità, ma anche quella sull’analisi delle forme e dei colori, e ne trae spunto. Ciascuna immagine vede, infatti, l’interposizione fra la macchina fotografica e il soggetto da immortalare di un telo ignifugo rosso, usato nella fabbrica dai saldatori, che se da un lato nasconde i tratti somatici specifici dell’operaio, dall’altro rivela l’universalità dei suoi gesti, e di rimando l’anonimato e l’isolamento di chi li compie.
Giancarlo Barzagli: I volti della lotta – Fabbrica dei Marroni di Marradi.
Giancarlo Barzagli, fotografo e videomaker nato a Fiesole nel 1981, è cresciuto a Razzuolo nel Mugello. Proprio le montagne dove ha trascorso l’infanzia sono il luogo della sua ricerca fotografica, che si concentra sull’analisi del rapporto fra memoria, identità e territorio. La sua indagine è centrata sulla resistenza appenninica legata all’attività dell’Ortofrutticola del Mugello di Marradi e alla lotta operaia che ha evitato la delocalizzazione dell’azienda a Bergamo, seppur con la perdita della produzione di marrons glacés, vanto storico della manifattura. Di questo danno conto le immagini di Barzagli che ha ritratto le protagoniste della lotta sindacale sul luogo di lavoro e poi ha nuovamente fotografato le loro immagini immerse proprio dalle stesse lavoratrici nello sciroppo che un tempo serviva per i marrons glacés.
Franco Guardascione: La percezione della pietra – Copser di Firenzuola.
Franco Guardascione, nato a Napoli nel 1969 si è trasferito nell’Alto Mugello nel 2000, insegnante e fotografo di scena è stato autore di diverse inchieste fotografiche. La sequenza dei cinque trittici sulla manifattura della pietra serena di Firenzuola sono il risultato di un percorso di ricerca, che si richiama alle riflessioni e agli studi tanto di Maurice Merlau-Ponty sulla fenomenologia della percezione quanto di Rudolf Arneim sulla visione retinea, volto a svincolare la fotografia dall’informazione documentaria per condurla a rappresentare il rapporto fra il visibile e l’invisibile, fra la percezione e il pensiero.
Il “work in progress” raccontato dai protagonisti.
<<Per me Marradi è un luogo familiare. Mia mamma è nata qui e io ci ho passato parte dell’ infanzia – racconta Giancarlo Barzagli che ha fotografato La Fabbrica dei Marroni di Marradi -. Il mio punto di vista è sicuramente influenzato dai racconti che ho sempre sentito sul Marrone (qualcosa di veramente radicato nel l’identità del paese) ma c’è anche il disincanto dell’adulto che conosce la lotta sindacale combattuta dalle lavoratrici e dai lavoratori della fabbrica per tenersi quel poco di dignità che un lavoro difficile e faticoso può dare.
Negli sguardi c’è molta onestà e quello che arriva sono due sensazioni contrastanti: fierezza e rassegnazione. La vita ci costringe a combattere per un lavoro che si ci emancipa economicamente (più o meno) ma che ha una larga parte di colpa nel rendere la vita stessa difficile. Per questo ho deciso di immergere i volti delle lavoratrici e dei lavoratori negli sciroppi utilizzati all’interno della fabbrica. Per me rappresentano un po’ la metafora della vita che ti “appiccica” addosso cose belle e brutte fino a rendere opaco il confine che le divide>>.
Ilaria Di Biagio ha affermato che <<l’elaborazione dell’idea è stata stimolante così come aver avuto libero accesso ad un mondo in cui non mi era mai capitato di affacciarmi, ossia una fabbrica metalmeccanica. Penso che il contributo delle fotografie prodotte sia innanzitutto quello di portare la nostra esplorazione fuori dal luogo fotografato, per arrivare a persone che non avrebbero altrimenti avuto modo di conoscere quel che accade all’interno delle aree industriali dei loro paesi.
Sicuramente quello che si nota sempre quando si è in piccoli centri, è la maggior coscienza che le persone hanno del proprio territorio. Mi auguro che questo sia di buon auspicio nel creare una rete più informata, attenta e consapevole, in cui l’aspetto storico e sociale del territorio prevalga>>.
Infine Franco Guardascione, autore degli scatti sulla Copser di Firenzuola. <<La mia visione fotografica, vuole provare ad essere diversa da quella consueta e quotidiana che può suscitare curiosità ed interesse per un lavoro le cui modalità esecutive sono quasi sconosciute alla maggior parte delle persone, ossia ‘estrazione e la lavorazione della pietra serena.
Ho realizzato questo reportage con una fotocamera digitale. La mia attenzione si è rivolta maggiormente verso i segni e gli strumenti del lavoro, tralasciando spesso la presenza umana, facendola comparire a volte come comparsa. Le immagini riprese le ho poi unite insieme in dei collage attraverso un’accurata elaborazione digitale.
Per questo motivo ho deciso di avvalermi delle teorie filosofiche sulla fenomenologia della percezione di Merlau Ponty per raccontare e sublimare artisticamente l’attività lavorativa che mi era stata assegnata. Ho affrontato la difficoltà immaginifica di riuscire a rappresentare visivamente le teorie di un filosofo…e spero di esserci riuscito, almeno in parte>>.
La mostra diffusa in Mugello.
Tre luoghi, tre realtà, tre visioni, un’unica importanza: la resistenza del lavoro sull’Appennino. Un lavoro corale che spiega, attraverso immagini, dall’impressione all’espressione, il visibile e l’invisibile delle attività manifatturiere ed operaie locali raccolto in un unico catalogo fotografico presentato il 7 ottobre a Palazzuolo su Senio presso l’Elettromeccanica Misileo, l’8 ottobre a Marradi al Teatro Animosi e infine il 14 ottobre allo Spazio Open di Firenzuola. In aggiunta, attraverso manifesti fotografici temporanei, tra le vie dei paesi e nelle frazioni di Palazzuolo sul Senio, Marradi e Firenzuola, una mostra diffusa racconterà la percezione della pietra, i volti della lotta e i gesti e le forme della fabbrica 4.0 fino all’8 dicembre.