L’Argentina di Javier Milei negli scatti di Manuel Berisso

Perché il popolo ha votato il più grottesco dei candidati possibili? Se lo è chiesto il fotografo fiorentino Manuel Berisso, spettatore a Buenos Aires di un evento epocale nel Paese latinoamericano a 40 anni dal ritorno della democrazia. 

La mattina dello scorso 10 dicembre ho deciso di avvicinarmi alla Plaza del Congreso, situata nel centro della città di Buenos Aires, per assistere a l’assunzione del presidente argentino. Non è stata la voglia di essere testimone di un giorno storico, ma la necessità di vedere quale era “il volto del votante” del nuovo presidente Javier Milei. Il candidato ultra libertario o anarcocapitalista – come a lui stesso piace definirsi – ha vinto grazie all’appoggio del partito di destra Juntos Por El Cambio, dopo un ballottaggio con il partito di governo uscente Union Por La Patria. È stata una vittoria chiara, affermata in 21 delle 24 province della nazione.

Volevo scrutare quei volti, capire se vi avrei riconosciuto i cittadini che nei mesi precedenti avevo visto nei programmi tv e nei telegiornali. Volti rappresentati principalmente da uomini giovani, al di sotto dei 25 anni, che avevano iniziato a seguire il nuovo presidente attraverso i social e che durante le interviste con forza e rabbia inneggiavano contro la classe politica che li aveva governati negli ultimi decenni.

Javier Gerardo Milei è nato a Buenos Aires il 22 Ottobre del 1970 da una famiglia di classe media. Dopo essersi laureato in Economia ha iniziato a lavorare come docente e consulente finanziario. È solo nel 2017 che inizia a farsi conoscere pubblicamente, in quell’anno partecipa come opinionista in un programma televisivo, però più che per le sue opinioni ultra libertarie sull’economia si fa notare per le sue reazioni iraconde e aggressive verso gli altri ospiti del programma, contribuendo a far salire lo share di ascolto e diventando un ospite fisso della trasmissione.

Ma è durante la pandemia che diventa famoso, trasformandosi in uno dei maggiori critici sulle misure di isolamento applicate dal governo di Alberto Fernandez, il presidente uscente, sostenendo dichiarazioni negazioniste e opponendosi per un lungo periodo al vaccino. Nel 2021, durante le elezioni legislative di metà mandato, vi parteciperà creando un nuovo partito “La Libertà Avanza”. In quelle elezioni prende il 17% nella città di Buenos Aires e da quel momento la sua popolarità non si è più fermata, arrivando in soli due anni a vincere le presidenziali.

Durante la campagna elettorale, Milei si è presentato in piazze e strade argentine impugnando una motosega – simbolo della promessa di ridurre le spese pubbliche dello stato – gridando slogan come “La casta ha paura” o “Che vadano via tutti” riferendosi ai partiti politici. Ha promesso la dollarizzazione dell’economia del Paese, eliminando la moneta locale, il peso, dicendo che avrebbe dinamitato o in altre occasioni bruciato la Banca Centrale Argentina, mettendo fine all’inflazione e migliorando il potere d’acquisto del popolo. Più volte ha detto che sarebbe stata la casta politica a pagare le regolazioni necessarie per far ripartire l’economia del Paese e che si sarebbe tagliato un braccio prima di aumentare un’imposta.

Durante il dibattito presidenziale ha negato l’esistenza della crisi climatica, dicendo che è una congettura dei governi socialisti, si è mostrato contrario all’aborto – la legge sull’aborto in Argentina è entrata in vigore solo nel 2020 – e ha negato che durante l’ultima dittatura civile-militare (1976-1983) l’esercito abbia ucciso e fatto scomparire 30.000 argentini, riducendo la cifra a meno di un terzo, giustificando la repressione come risposta alla guerriglia in corso in quegli anni portata avanti da sovversivi di sinistra. Un fatto ufficialmente smentito nei processi che sono stati fatti ai militari dopo il ritorno alla democrazia, poiché già le sentenze dei tribunali civili nel 1985 confermarono le tesi dell’accusa sui crimini contro l’umanità compiute dalla giunta militare guidata dal generale Jorge Rafael Videla.

Per il neopresidente tutti i mali dell’Argentina sono individuabili nello Stato e nella casta politica che lo governa: politici che rubano sistematicamente agli argentini con le loro politiche pubbliche e l’eccessivo interventismo. Durante un programma in tv ha detto testualmente: «Lo Stato è come un pedofilo in un asilo nido, con i bambini incatenati e ricoperti di vasellina».

Non riuscivo a capire come gli argentini avessero scelto di affidare il proprio futuro a un personaggio così radicale, come potevano credere nuovamente nella favola neoliberale che nel 2001 li aveva portati a una crisi economica devastante e che, sotto il governo di Mauricio Macri del 2015-2019, li aveva indebitati nuovamente con il Fondo Monetario Internazionale – all’indomani del prestito più grande nella storia di questa istituzione di 57 miliardi di dollari? Chi potevano essere quelle persone con così poca memoria storica?

Una volta arrivato in Plaza del Congreso ho cominciato a vedere famiglie, persone di tutte le età e classi sociali; solo ogni tanto potevo individuare qualche personaggio “fuori dalla norma”. Ma per la maggior parte erano persone comuni, ed è così che ho capito. In un’Argentina che con gli ultimi due governi, il primo conservatore e il secondo progressista, ha visto una crescita costante dell’inflazione – arrivando a un 130% annuale e accrescendo con sé la povertà al 40% – il popolo ha preferito votare per lo sconosciuto, non fidandosi più dei partiti politici tradizionali. Hanno preferito dare una possibilità a qualcuno che non l’aveva avuta prima, anche se questo voleva dire votare Javier Milei.

La cosa più tragica è che già nel primo mese in carica sono state tradite quasi tutte le loro aspettative. A pagare il costo della crisi non è stata la casta ma il popolo, come sempre. Milei ha formato un governo con i soliti politici e non ha mantenuto  le promesse fatte in campagna elettorale, anzi. ​​La prima misura che ha preso come presidente il 12 dicembre 2023 è stata svalorizzare per il 118% la moneta nazionale, con un immediato aumento dei prezzi del quasi 30%.

Poi, una settimana dopo, ha presentato il decreto di Necessità e Urgenza DNU (366 articoli) dove sembra che le uniche “necessità” e “urgenze” siano quelle delle grandi imprese e non del popolo; smantellate le leggi che proteggevano le piccole e medie imprese, si dà il via libera  a importazioni ed esportazioni senza regolarizzazione,  è liberalizzata la legge sugli affitti (i proprietari possono creare contratti d’affitto per la durata che vogliono, anche solo di qualche mese, e nella moneta che preferiscono, peso o dollaro che sia), non c’è più un tetto limite di ettari che i privati stranieri possono comprare in Argentina (fino ad adesso la legge permetteva che solo il 15% delle terre di ogni provincia potesse essere venduta a privati stranieri).

Una settimana dopo, il 27 dicembre, ha presentato il mega pacchetto di leggi denominato Ley Omnibus (644 articoli) che dovrà essere approvato nel Congresso. Con queste leggi il Governo dichiara una situazione di emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, fiscale, di sicurezza, sanitaria, energetica, amministrativa e sociale, estendendola fino al 25 dicembre 2025 e rendendola prorogabile di altri due anni.

Ciò significa che durante i suoi quattro anni di mandato il presidente avrebbe non solo il potere esecutivo, ma anche quello legislativo. All’interno della legge si stabilisce che tutte le aziende dello Stato possano essere privatizzate – tra cui le imprese di petrolio, di trasporto pubblico anche aereo, la Banca centrale, le poste, per un totale di 40 aziende statali. Propone inoltre di aumentare le pene per chi dissente con reclusione fino a cinque anni anche solo per aver organizzato o coordinato una manifestazione e di levare i sussidi statali a chi vi partecipa.

Durante i mesi di dicembre e gennaio il potere d’acquisto si è dimezzato. Il prezzo della benzina è salito dell’86% e quello degli alimenti è quasi raddoppiato. Ci sono state varie manifestazioni e la cittadinanza inizia poco alla volta a organizzarsi. Stanno nascendo in maniera spontanea e apolitica le assemblee di quartiere (realtà alle quali anch’io partecipo) con lo scopo di manifestare pubblicamente il rifiuto per le nuove misure del governo.

Milei ha dichiarato che occorre un sacrificio da parte del popolo per i prossimi mesi dopo cui si inizieranno a vedere i risultati delle sue politiche. 

La sensazione è che alcune persone che lo hanno votato solo pochi mesi fa inizino già a pentirsi, ma la maggior parte del popolo crede ancora nelle promesse elettorali.

Testo e Foto di Manuel Berisso