Due eventi in arrivo ad Ottobre nel grande giardino e fino al 19 Novembre 2023 la mostra contemporanea “a house is a house is a home” nella residenza secolare votata all’arte, dal respiro e lo scambio cosmopolita.
Villa Romana ha una nuova direzione femminile: dopo ben diciassette anni con Angelika Stepken, dal dicembre 2022 la guida della villa neoclassica è passata ad Elena Agudio. Italiana, Elena ha vissuto a Berlino per quasi 15 anni, è una storica dell’arte e una curatrice, la cui pratica si concentra su questioni di decanonizzazione, migrazione e appartenenza diasporica, come sull’ecologia, l’abitabilità planetaria e la creazione di infrastrutture sostenibili per e con comunità vulnerabili. È particolarmente interessata a esplorare il potenziale delle pratiche curatoriali come forme di disturbo, con particolare attenzione ai loro aspetti performativi e relazionali. Tra il 2013 e il 2023 Elena è stata co-direttrice artistica di SAVVY Contemporary – The Laboratory of Form-Ideas, insieme al suo fondatore e direttore Bonaventure Soh Bejeng Ndikung.
Lo scorso 16 settembre Villa Romana ha aperto le sue porte per presentare al pubblico gli studi e i lavori dei suoi nuovi quattro borsisti, i Villa Romana Fellows 2023 e si è potuti così entrare in una casa, come sostiene la direttrice: “Villa Romana non è una villa, non un museo, ma una casa. Non è un’arcadia, ma un luogo reale, con i suoi problemi e le sue crepe; uno spazio fisico e mentale dove sentirsi al sicuro e a volte inquieti, come nella vita. Questa è la riflessione fondamentale al centro della nuova fase appena avviata di questa istituzione in divenire”.
Villa Romana è una realtà di grande valore per Firenze, di respiro e scambio internazionale sin dai primi del Novecento, quando il tedesco Klinger la acquistò con lo scopo di farne centro di soggiorno e studio per giovani artisti, per i quali venne istituito un premio annuale, tuttora attivo. Scrive la direttrice in una sua “nota concettuale”: “Per immaginare un futuro ecologiamente e socialmente sostenibile, Villa Romana rinasce come laboratorio di riflessione critica e di confronto, come spazio di sperimentazione socio-artistico-culturale, allo stesso tempo come laboratorio e casa per lo sviluppo di strumenti e pratiche che ci permettano di affrontare la difficile opera di riparazione a cui siamo chiamati”. Nel nuovo programma si legge di progetti quali l’autoriflessione istituzionale, la trasformazione infrastrutturale, in direzione antirazzista e antidiscriminatoria.
Villa Romana si muove nel contemporaneo, abbracciando la dimensione collettiva, lo scambio, aprendosi a relazioni e collaborazioni con organizzazioni, istituzioni accademiche e persone, che sostengono visioni condivise per l’arte e il pianeta. Organizza e sperimenta formati discorsivi e performativi, programmi di residenza (anche digitale), mostre, suoni e sonorità, radio, digitalizzazione, creazione e disturbo di archivi, reti digitali e piattaforme educative. Il programma e la sua direzione si concentrano sulle pratiche di domesticità e convivialità, sul ruolo del disturbo e della rovina, affrontando il fascino problematico dell’antichità europea e la violenza epistemica della storia dell’arte occidentale, sull’appartenenza diasporica, l’esperienza della migrazione e le nuove forme di appartenenza.
La curatrice del programma è Mistura Allison: ricercatrice, curatrice e storica dell’arte. È la fondatrice di ashikọ, una piattaforma di ricerca ispirata all’Africa e alla sua Diaspora.
I Villa Romana Fellows 2023, che abitano la casa dallo scorso febbraio, sono: Diana Ejaita, Jessica Ekomane, Samuel Baah Kortey, Pınar Öğrenci. Le loro espressioni sono multiformi, come quelle che sempre si esprimono nell’abitare una casa, le opere varie, si passa dall’installazione video a quella sonora (notevole quella realizzata in collaborazione con Radio Papesse, installazione immersiva dove le voci riflettono sul corpo come luogo del discorso, utilizzandolo come cassa di risonanza e strumento sonoro), passando per le immagini, il dipinto, le installazioni permanenti nelle camere degli ospiti. Molto apprezzata è stata poi la visita guidata che la direttrice ha fatto personalmente, in occasione del vernissage dove ha accolto il pubblico e spiegato ciascuna opera.
Il grande giardino di 1,5 ettari è stato reinterpretato come spazio di pensiero e di azione, dove in ottobre Villa Romana organizzerà un incontro e un evento che celebrano il raccolto e la coltivazione collettiva. Dal comunicato stampa: “Con il cambio di stagione e il passaggio ai mesi autunnali e invernali più bui, vi invitiamo nel giardino di Villa Romana per incontri e riflessioni incentrate sulla pratica del raccolto, per momenti dedicati alla celebrazione della coltivazione collaborativa. Unitevi a noi per desinare insieme, partecipare a laboratori e prendere parte a presentazioni performative! Il fine settimana del 7 e 8 ottobre verrà dedicato ai progetti “agropoetici” (come noi amiamo definirli) di Daniela Zambrano Almidón e Leone Contini, e al giardino di semi prodotto attraverso la collaborazione di artisti da diverse geografie – progetti che crescono nel nostro giardino dalla scorsa primavera. Questi processi in divenire esplorano e riflettono sulla relazione tra esseri umani e piante e sul tema dell’appartenenza Diasporica. Come nuovo team di Villa Romana stiamo lentamente imparando da questo giardino e dai suoi abitanti. Vi invitiamo a unirvi a noi nel weekend del 7 e 8 ottobre”.
Sabato 7 ottobre 2023 (nell’ambito della Florence Art Week 2023)
10:00 – 13:00, 15:00 – 18:00 Visita guidata all’archivio della Villa, con la storica dell’arte Carlotta Castellani (Università di Urbino)
13:00 – 15:00 Seed Bunch, scambio di semi e laboratorio di creazione di vasi di semi. Seed Bunch è un giardino di semi e una biblioteca vivente e performativa che cresce nel giardino di Villa Romana. Rappresenta e dà spazio a una sperimentazione libera tra piante, dove l’operato vegetale prende il sopravvento rispetto a quello umano. Unisciti a noi per una sessione di raccolta in cui esploreremo storie legate ad alcuni di questi semi. Realizzeremo vasi di argilla per la conservazione durante i mesi invernali e utilizzeremo la cenere per proteggere i semi. Il Seed Bunch è stato immaginato con Monai de Paula Atunes e sviluppato con Leone Contini, reso possibile grazie alle generose donazioni di semi di artisti e amici; é profondamente ispirato al lavoro dell’artista Zayaan Khan e parte da una idea di seme non come oggetto ma come relazione. Il workshop è aperto per gente di tutte le età.
17:00 Presentazione di Orto Continuo e performance di Leone Contini. Orto Continuo crea uno spazio di convivenza creativa tra le storie e i movimenti delle piante e dei loro custodi. In risposta agli sfratti delle comunità agricole cinesi migranti dalle loro aziende agricole a Prato, Orto Continuo riunisce le piante di queste realtà agricole strappate con la forza, o in costante pericolo di essere confiscate, per mettere in luce il carattere demagogico e la violenza delle politiche istituzionali/mediatiche che informano tale pratica. Questi sgomberi avvengono nella zona in cui vive Leone. Orto Continuo ha quindi la responsabilità di rispondere e rendere visibile la distruzione di questa forma di agricoltura di autosussistenza in grado di nutrire la comunità locale e quindi sostenibile.
Questo giardino “continuo” chiede in che modo le autorità e i media alterano le pratiche di coltivazione delle comunità migranti attraverso discorsi sulle specie invasive. Soprattutto, il giardino è una riflessione sulle pratiche di resistenza che avvengono nonostante gli sfratti, sui giardini che vengono distrutti solo per riapparire altrove, sfuggendo alla cattura. Unisciti a noi per un pasto e una conversazione aperta all’Orto Continuo, riflettendo sul trattamento delle comunità agricole migranti e sugli spostamenti delle piante. Progetto sostenuto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito del programma Italian Council (2023). Leone Contini ha studiato Filosofia e Antropologia culturale all’Università di Siena. La sua ricerca si colloca all’intersezione tra antropologia, estetica e politica e i suoi mezzi di comunicazione includono conferenze-performance, interventi collettivi in spazi pubblici, narrazioni testuali e visive e disegni.
Domenica 8 ottobre 2023 (nell’ambito della Florence Art Week 2023)
Pachamanca / A Cosmic Pot: azione gastronomica della comunità andina di Daniela Zambrano Almidón, dalle 13:00 in poi. Pachamanca significa “vaso cosmico” in quechuan, è allo stesso tempo nutrimento, celebrazione e rito collettivo. Cotti sottoterra e con pietre calde, una serie di ingredienti quechuan vengono cucinati insieme. L’artista Daniela Zambrano Almidón lavora con il tema e la pratica della connessione profonda e vitale con la Terra e con il ritmo della terra nella cultura quechua. Nella primavera di quest’anno Daniela ha piantato nel giardino di Villa Romana varietà autoctone di mais, patata dolce e peperoncino. Pachamanca / A Cosmic Pot creerà un momento di condivisione del cibo e di ricostruzione della memoria per le comunità diasporiche andine nel contesto della diaspora. Basato sul concetto quechuan di Ayni come pratica di reciprocità e interconnessione, Pachamanca / A Cosmic Pot celebra un momento di connessione con la terra per le famiglie migranti.
La pachamanca è una festa che si svolge durante il periodo del raccolto. Rispettando il ritmo della terra e con la speranza di raccogliere le specie migranti piantate a Villa Romana, la comunità andina è invitata a partecipare a questa celebrazione che collega le nostre radici alla terra, alle nostre storie e identità. Questa celebrazione del cosmo, dei sapori e dei ricordi è anche un riconoscimento alla migrazione del cibo di origine andina. Possiamo condividere questi cibi in segno di gratitudine verso i saperi ancestrali che le comunità indigene delle Ande e nelle loro diaspore – come a Firenze – conservano nella pratica, o nella memoria, e che sono indispensabili per salvaguardare la loro vita. Questo vaso cosmico è una ricetta vivente (Living Recipe, come recita il titolo del lavoro di Daniela) che chiude quest’anno agricolo e apre la strada verso il resto della terra. Daniela Zambrano Almidón è una ricercatrice quechua peruviana e artista interdisciplinare, con esperienza in progetti artistici e di ricerca sulla cultura popolare andino-amazzonica in Perù, sui gruppi migratori, sull’interculturalità e sulla cultura memoriale. È coinvolta in numerosi progetti radicati nelle pratiche partecipative, nella ricerca artistica e negli interventi in spazi pubblici e istituzioni museali.
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In copertina: ©photoElaBialkowskaOKNOstudio