Un Sociologo e uno Psicologo a confronto sul dilemma dei sentimenti durante l’emergenza sanitaria.
Il giorno seguente non morì nessuno. Comincia così una delle opere più incredibili della letteratura mondiale, “Le intermittenze della morte” di José Saramago, che noi oggi riadattiamo alla situazione, trasformando la frase nel sobrio: il giorno dopo non uscì più nessuno. Imitando il celebre autore portoghese, possiamo poi divertirci a fare una carrellata di esempi di rivoluzioni scaturite dallo shock di base, l’impossibilità di uscire di casa nella nostra realtà Covid-19.
In primis diciamo che la rivoluzione sociale, cominciata e cresciuta con la diffusione di Internet, ha subito una ulteriore evoluzione. L’utilizzo massiccio della rete, ci ha permesso di allargare il nostro mondo e di essere presenti a chilometri di distanza da dove ci troviamo – soprattutto attraverso l’utilizzo dei social – aumentando la nostra esigenza di apparire per essere identificati anche altrove. Adesso, almeno negli ultimi sessanta giorni, questo strumento è diventato qualcosa di più, la nostra unica, o se vogliamo principale, forma di interazione sociale. Questo è già un bel cambiamento. Il dilemma “esco o resto sul divano a guardare Netflix e chattare?” è scomparso dalla nostra mente e ci siamo ritrovati a comunicare solo nell’intimità delle nostre case.
L’isolamento imposto dall’emergenza sanitaria si è rivelato così un grande esperimento social(e). C’è stato infatti, seppur il fenomeno fosse già in corso da tempo, uno spostamento della centralità della nostra vita dalla comunità vis à vis a quella on line. Il flusso continuo di scambio dati e immagini, incrementato con lo sviluppo delle nuove tecnologie smartphone, è stato reso esponenziale dalla quarantena. Il successo di App. per incontri, come Tinder o Happn, che avevano già dimostrato l’inutilità di uscire per incontrare qualcuno, è addirittura aumentato. Il Coronavirus è stato il nuovo detonatore di rapporti vissuti da remoto: lo smart working, le lezioni scolastiche o quelle di yoga, le dirette Instagram o le videochiamate WhatsApp.
L’omologazione delle foto da weekend “impegnato” è subito sparita dalle bacheche dei social più popolari. Sì, qualcuno ci ha provato, “tutti a fare il pane!”, “tutti a fare la pizza!”, tentativi che dimostrano la seconda rivoluzione: la società ci è entrata definitivamente in casa. Ha sfondato le nostre porte e ci ha chiesto: “Ma tu chi sei?” Attenzione non “Che cosa fai?” Ma Chi sei? Così, in quel silenzio delle nostre stanze a poco a poco ognuno di noi, ha riacquistato la propria identità e le chat si sono trasformate, perché scrivere da casa è diverso dal farlo al tavolo di un bar mentre siamo fuori con amici e colleghi. Lì, con le dita sulla tastiera, subito viene da pensare a quante cose superflue ci siamo trovati a fare, sia in un senso (on line), sia nell’altro (vis à vis).
Non parliamo qui di realtà e virtuale, perché tutto quello che ha effetti biologici è reale, siamo sempre reali quando si interagisce con qualcuno e gli provochiamo una sensazione, il virtuale essenzialmente non esiste. Questo ultimo concetto, nel quale identifichiamo la terza rivoluzione, adesso è diventato ben chiaro per molti users e sarà quello che accenderà le rivoluzioni future. Problemi relativi a tutto questo, alla privacy e al controllo totale stanno già facendo capolino dietro l’angolo come aveva già predetto George Orwell nel romanzo 1984.
Comprendere che il nostro “qui e ora” è molto più esteso di quello che pensiamo e che non esiste una differenza tra virtuale e reale, ci obbligherà a buttare giù la maschera? A mostrare realmente chi siamo? Indubbiamente cambierà il nostro modo di vivere le relazioni, di porci nei confronti dell’altro. Se deve succedere, è già successo, lo avete già visto andando a ricercare quelle cose della giovinezza (un disco, un libro…) che in passato vi hanno permesso di identificarvi e farvi spazio nel mondo. Oggi come allora avete sentito il bisogno di identificarvi nuovamente con il mondo che cambia intorno a voi. Forse finalmente finirà l’omologazione, le produzioni in serie… Chissà! Magari torneremo a essere romantici, chiuderemo internet ammettendo i nostri limiti e vivremo nel raggio di pochi chilometri, oppure intensificheremo le nostre connessioni online essendo più sinceri, sapendo che siamo qui, ma anche là.
E l’amore? Cosa ne è stato dell’amore per chi non ha condiviso l’isolamento con il proprio partner, per i single, per chi è stato costretto ad una quarantena in solitaria? E per le coppie già finite prima del lockdown? E per quelle che erano sempre andate d’accordo, messe alla prova da ansia e tensioni nuove? Stare rinchiusi in casa, come dimostrato negli studi psicologici sull’isolamento, lo ricordiamo, aumenta pessimismo e nervosismo. Ognuno di noi, in questi giorni ha sperimentato che lo spazio pubblico, quello della nostra comunità, è “un’esigenza dell’anima” citando la scrittrice Simone Weil. Come cambierà questo spazio in seguito alle evoluzioni elencate sopra?
E il sesso? Oggi, come l’inquinamento luminoso nel cielo stellato, è praticamente scomparso alla nostra vista. Il computer lo ha sostituito in tutto e per tutto, siamo rimasti tali e quali al protagonista cantato da Lucio Dalla in “Disperato Erotico Stomp”, lo dimostrano le promozioni su Pornhub. Forse nasceranno club on line composti di cyber-stanze e solo in seguito le persone decideranno se incontrarsi vis à vis o meno, tanto anche per il sesso ci sarà l’opzione cybersex. Speriamo che abbiate fatto tesoro di questo tempo, inizia la Fase 2, poi ci sarà la Fase 3, uomini e donne, dovete darvi una sveglia e decidere definitivamente come porvi rispetto al futuro. Continuare nella cyber-rivoluzione fatta di like ed emoticons o tornare al malizioso gioco di sguardi!?
Articolo di Francesco Sani e Claudio Simoncini
Illustrazioni: Lorenzo Bertini