Roberto Sapia, appassionato di gastronomia nonché del Giappone, non nuovo nel campo della ristorazione, ha voluto creare, insieme alla moglie giapponese Sachiko, un ambiente ricercato e non banale.
Non svelarsi subito, non apparire nel modo più scontato, è uno dei concetti cardini della cultura giapponese. Così come lo è la contemplazione della natura, sia essa anche un fiore o un solo albero. Tsubo-niwa, che in Giappone è un piccolo giardino – da tsubo unità di misura equivalente a 180 cm. per 180 cm. e niwa, giardino -, ben riunisce i due concetti. Originario di Kyotō, lo tsubo-niwa trova ragion d’essere in quelle case – le tradizionali machiya di Kyotō, – strette, lunghe e spesso in fila una accanto all’altra, nelle quali luce e aria faticano a entrare in tutta la loro lunghezza. Ecco quindi che l’idea di un piccolo giardino all’interno della casa (ma ci sono anche case che hanno al proprio interno più di un giardino), fa sì che aria e luce naturale possano entrare all’interno della casa.
Ma lo tsubo-niwa porta anche un altro valore: non essendo all’ingresso della casa ma all’interno, e per questo non immediatamente visibile, diventa esso stesso una sorpresa, una bella sorpresa, per chi entra in casa per la prima volta. Inoltre lo tsubo-niwa rappresenta un’oasi di relax per gli stessi abitanti della casa.
Tutto questo, e anche altro, è Bentōro, ristorante giapponese a Firenze aperto da circa un anno nella zona di via Gioberti, al cui interno c’è un piccolo giardino: uno tsubo-niwa. Entrando nel ristorante si viene colpiti dal senso di design diffuso, dai colori, dai volti con occhi a mandorla disegnati sui muri a destra e che smarginano sulla volta, tutti elementi del raffinato progetto d’interior dell’architetto Saverio Innocenti. Ma del giardino interno non c’è ancora traccia visiva.
Bisogna andare in fondo e girare a sinistra, per trovarlo. Come in una casa giapponese. Dal punto in cui è il giardino, la via sulla quale affaccia il ristorante scompare alla vista, e i pochi tavoli che circondano il giardino su tre lati, non sembrano neanche quelli di un ristorante, intimi come sono.
Continuando nel parallelismo con la casa giapponese, lo spazio stretto in cui sono posti i tavoli e che sembra un corridoio tutt’intorno al giardino, ricorda l’engawa. Quel corridoio veranda che in alcune case giapponesi collega, non solo fisicamente, l’interno della casa con l’esterno, molto spesso un giardino. Nella bella serie giapponese Makanai (che si può vedere su Netflix), le ragazze che vivono nella casa delle geiko – che a Kyotō, significa geisha -, si ritrovano spesso sedute sul lato aperto dell’engawa per parlare tra loro o mangiare, contemplando il piccolo giardino interno della casa.
Lo stesso si può fare da Bentōro che, si sarà capito, non è soltanto un ristorante giapponese in cui andare a mangiare, bensì un luogo in cui vivere un’esperienza, innanzitutto di approccio alla cultura giapponese.
Il proprietario, Roberto Sapia, appassionato di gastronomia nonché del Giappone, non nuovo nel campo della ristorazione, ha voluto creare, insieme alla moglie giapponese Sachiko, un ambiente ricercato e non banale, in cui anche il menu è stato costruito adeguandosi allo stile del locale. Ogni piatto, anche quelli più usuali, hanno un elemento distintivo. È il caso dei gyoza, tipici di tante izakaya e ristoranti di rāmen in Giappone, che Bentōro serve in brodo di pesce con yuzu e cipollotto.
È il caso del karaage, piatto giapponese familiare che negli ultimi anni ha “contaminato” il menu di molti ristoranti fuori dal Giappone, e che qui viene un po’ rivisto. Ed è anche il caso dell’omurice, avvolto in uno strato di uovo fritto e bisque di crostacei.
L’ingrediente più rappresentativo del ristorante è però il wagyū, il famoso manzo giapponese, proveniente da Kagoshima, in Giappone. Bentōro propone il wagyū nella versione hamburg – che in Giappone differisce dall’hamburger per l’assenza del pane – o come ingrediente principale di uno dei quattro bentō che il ristorante ha nel menu.
Ciò perché, altra caratteristica di Bentōro è l’attenzione riservata al bentō, cui fa riferimento il nome del locale. Il bentō è una delle icone del Giappone, gastronomiche quanto estetiche. Riso, carne o pesce, verdure e altri ingredienti, compongono, nel misurato spazio di una scatola, un mosaico di colori, consistenze e texture diverse. Gioia per gli occhi quanto per il palato. Cui non si sottraggono i bentō di Bentōro che, a due piani, serviti l’uno sull’altro aggiungono alla bellezza la sorpresa.
Come alla bellezza fa eco la sorpresa nel piccolo giardino interno, valore aggiunto di Bentōro.