Bitter Leaves: fotografare l’impatto dell’industria del tabacco

rocco rorandelli foto industria tabacco

Intervista al fotografo Rocco Rorandelli che ha viaggiato in tutto il mondo per documentare l’impatto dell’industria del tabacco sulla salute, l’economia e l’ambiente.

Quando Papa Francesco pensò che il Vaticano dovesse mettere al bando la vendita di sigarette nel suo territorio, Sua Santità fu messo di fronte all’evidenza: il monopolio contribuisce al bilancio dello Stato della Santa Sede per 10 miliardi di euro. Questa curiosità su quanto il tabacco sia fondamentale per qualunque Ministero delle Finanze è solo un aspetto legato al fumo, perché c’è tanto altro da raccontare.

Rocco Rorandelli con Bitter Leaves, edito da GOST Books nel 2019, segue i tentacoli dell’industria del tabacco con un documentario per immagini – dalle piantagioni asiatiche di Cina e India a quelle nordamericane, passando per Italia, Nigeria, Indonesia, Bulgaria e Slovenia – e ci porta in un universo sconosciuto a molti, forse in primis proprio ai fumatori.

Rorandelli, membro e fondatore del collettivo fotografico fiorentino TerraProject, ha realizzato scatti per campagne di ONG quali Oxfam, Save the Children o MSF e le sue foto sono pubblicate su quotidiani e riviste tra cui Le Monde Magazine, Der Spiegel, Newsweek, The Wall Street Journal, Paris Match, Guardian Review, D di Repubblica, L’Espresso, Internazionale, Vanity Fair o Sportweek. Il suo progetto d’investigazione sul tabacco, oltre al libro, è divulgato in una mostra che sta girando l’Italia.

Bitter Leaves si presenta come una serie di istantanee che invitano a prendere in considerazione quanti ambiti sociali siano connessi al “vizio del fumo”. Le multinazionali del tabacco sono una garanzia per gli investitori sul mercato azionario e una lobby influente, anche in seno al Parlamento Europeo, capace di bloccare leggi che contrastino il fumo. Sono così potenti da permettere lo sviluppo industriale di alcune aree della Cina, fornire automezzi al governo nigeriano per vigilare sul contrabbando o controllare l’informazione che le riguarda sul web. Infine, non temono il fiorire dei vapo-shop, perché un fumatore è sempre un fumatore e il consumatore assuefatto alla nicotina può sempre tornare alla sigaretta classica in assenza di quella elettronica.

FUL magazine ha incontrato Rorandelli e gli ha posto alcune domande per conoscere meglio questo progetto, portato avanti dal 2008 al 2015 prima di diventare una pubblicazione. L’autore di Bitter Leaves – vincitore di un finanziamento del Fund for Investigative Journalism – ha portato alla luce anche il lavoro minorile illegale degli immigrati clandestini, provenienti principalmente dal Messico, che lavorano negli Stati Uniti per la raccolta del tabacco. Caduti in un circolo di illegalità, senza contratto e pagati pochissimo, sono vittime di una pratica fuori da ogni regola. Ha scoperto che il lavoro minorile nella raccolta del tabacco è funzionale e viene tollerata anche a livello europeo: in Bulgaria non ci sono segnalazioni sulla presenza o assenza di bambini che lavorano nelle piantagioni, «ma li ho incontrati e fotografati» ci dice Rorandelli.

La contadina Dipali Lohar in un campo coltivato misto a tabacco e sorgo.

Parlando della salute di questi bambini, il rischio maggiore viene dalla manipolazione diretta delle foglie di tabacco. Toccarle senza protezioni significa far passare la nicotina direttamente nel sangue attraverso la pelle. Questa condizione, nota come Green Tobacco Sickness, colpisce più o meno tutti i lavoratori che manipolano le foglie di tabacco a mani nude, ma nei bambini questo rischio è più forte. Una giornata lavorativa in un campo di tabacco senza protezione loro equivale a fumare circa 15-20 sigarette. «Parlando con i tanti bambini che ho incontrato, tutti si sono lamentati di emicrania, nausea e altri sintomi che sono causati proprio da questa intossicazione da nicotina»

In senso lato, questa situazione è anche legata alla tipologia dell’economia del tabacco, che a livello familiare costringe spesso il padre e la madre a chiedere aiuto ai propri figli. «Anch’io ho incontrato un caso simile, figlie e i figli che erano lì a dare una mano e a manipolare le foglie di tabacco senza guanti. Ed era vista come una cosa normale, dare una mano alla famiglia a fine stagione. Quindi si cade in questa primitività dell’industria che a livello produttivo è molto basilare, molto manuale, molto familiare e poi in realtà andate a vedere quali sono i proventi delle principali aziende produttrici di sigarette. È incredibile che alla base ci sia così tanta povertà, così tanto sfruttamento».

L’industria del tabacco, oltre a potenti uffici di marketing, è nota per essere sempre in anticipo rispetto alla legislazione. Il contrabbando di sigarette stesso – con le multinazionali del tabacco che si oppongono ma un po’ chiudono un occhio – è poi un ottimo esempio del loro interesse a mantenere attivo il fumatore, facendo girare la ruota della dipendenza: «Immagina di poter vendere un pacchetto di sigarette da quattro soldi a un ragazzino che non può spendere molto, o a una persona magari un po’ dissociata. Così li tieni attaccati, tieni in “portfolio” una serie di clienti»

Molte aziende che producono le sigarette vogliono che i loro prodotti siano garanzia di ritorno di capitale, in questo modo è utile anche fare scivolare dalle maglie del monopolio qualche sigaretta, perché magari si va a intercettare strati sociali che altrimenti non si avvicinerebbero al fumo per renderli clienti futuri. «Quando il ragazzino crescerà, continuerà ad acquistare la stessa marca o, anche se non è la stessa marca, sarà comunque inserito nella stessa cerchia di un fumatore, avendo sviluppato una dipendenza da nicotina. C’è interesse a mantenere aperto questo canale».

Jakarta, Indonesia. Un fumatore minorenne. Il 30% dei ragazzi indonesiani comincia a fumare prima dei 10 anni.

Nel reportage di Rorandelli anche l’Italia ha il suo protagonismo, è primo costruttore mondiale di macchinari per la produzione di sigarette. Considerando il mercato globale, il comparto delle macchine per rollare le sigarette è uno dei tanti in cui l’industria italiana si caratterizza per essere all’avanguardia. «Quando ero in Cina, una delle principali aziende produttrici di sigarette ha sottolineato il fatto che tutte le macchine che usavano fossero italiane. Chiaramente siamo tra i leader in questo settore… Questa tecnologia potrebbe essere utilizzata per settori meno tossici e non impregnati di tutti gli aspetti negativi delle sigarette».

Testi di Francesco Sani; intervista di Beatričė Ramašauskaité.

Foto © Rocco Rorandelli