Cattedrale. Tommaso Mannucci Shot Exhibition

Mannucci

Lasciamo la parola a Tommaso Mannucci che ci racconta il suo progetto e la sua mostra “Cattedrale” che inaugura sabato 25 maggio alle ore 18 presso Associazione Mariano Ferreyra di Firenze

Questo progetto è nato principalmente per raccontare attraverso le immagini una visione alternativa da quella tradizionale del centro di una città come Firenze. In particolare volevo documentare la realtà che si nasconde all’interno di alcuni capannoni, in disuso da qualche anno, appena fuori dal centro storico. Questo luogo in stato di abbandono e completamente dimenticato dalla città è stato il posto dove la street art locale è nata e ha cominciato soprattutto a crescere e maturare; molti degli street artists più conosciuti hanno le proprie radici proprio in quei capannoni, usati come ‘palestra’ per sperimentare tecniche e soggetti prima di regalarli alla strada della città. Per anni in pochi hanno usufruito di questo spazio, ma col passare del tempo e lo spargersi della notizia di un posto tranquillo dove poter dipingere, molti si sono interessati e hanno cominciato a frequentare lo stabile. Nel giro di un paio di anni ogni centimetro dei capannoni centrali è stato dipinto e decorato da decine di artisti diversi per provenienza e per stile, non solo toscani e italiani ma anche internazionali che trovandosi a Firenze non hanno potuto fare a meno di lasciare una propria opera all’interno della Cattedrale.
Inoltre a breve (per quanto possano essere brevi le tempistiche delle istituzioni italiane e comunali) questo luogo verrà demolito per, a quanto pare, edificare blocchi di case popolari che finalmente vorrebbe dire riuscire a utilizzare uno spazio ampissimo per qualcosa di utile anche se in ritardo di una decina di anni almeno.

I primi scatti li ho fatti all’architettura e i dipinti all’interno del capannone centrale senza però riuscire a esprimere qualcosa in più sul luogo rispetto alla semplice documentazione, quindi la volta successiva sono tornato avendo già l’idea di aggiungere un po’ di umanità al posto altrimenti completamente vuoto. Con un amico abbiamo fatto degli scatti cercando di ricreare scene surreali e di giocare con le varie pozze d’acqua ma ancora una volta senza riuscire a veicolare un messaggio preciso, ma cercando più che altro una forma estetica gradevole dell’immagine. Purtroppo però è molto difficoltoso accedere a questi spazi ultimamente per diversi motivi tra cui il dover attraversare binari e scavalcare recinzioni che con l’attrezzatura fotografica non era molto fattibile. A causa di queste difficoltà logistiche ho cominciato a creare dei montaggi con le foto che avevo e qui finalmente ho trovato qualcosa che mi permetteva di esprimere al meglio il messaggio che volevo diffondere attraverso le mie immagini.

Ho deciso di chiamare il progetto ‘Cattedrale‘ per tre motivi diversi, il primo è la somiglianza della struttura architettonica privata del tetto, tramite alcuni interventi negli ultimi mesi, con la famosa chiesa di San Galgano; il secondo motivo invece è la quasi sacralità che questo luogo emana e il fatto che tutti quelli che ci hanno messo mano e lavorato l’hanno trattato come un luogo ‘sacro’. Infine il motivo principale è frutto di una vicenda nota solo agli artisti che spesso si ritrovavano a dipingere di domenica dalla mattina e il messaggio ‘in codice’ era: “Oggi andiamo a messa/ in chiesa”.
Purtroppo siamo ormai abituati a vivere l’arte secondo regole precise: visitiamo musei, chiese e palazzi antichi ad orari prestabiliti, aperture rare e solo in determinate occasioni e soprattutto chiunque deve avere con sé un biglietto più o meno caro. Per vedere la Trinità di Masaccio nella chiesa di Santa Maria Novella bisogna munirsi di biglietto per poter entrare. Trovo abbastanza grottesca questa situazione soprattutto nel periodo storico che stiamo vivendo in cui è grazie all’ignoranza e al disinteresse che certe idee tornano a galla e riacquistano nuova forza.

Discorso ancora più ampio dovrebbe essere fatto dal punto di vista dell’artista invece che dello spettatore. Le gallerie e i loro circuiti, la difficoltà nel proporre i propri lavori ecc. Per questo motivo nasce un sentimento di riappropriazione di uno spazio che si manifesta sotto forma di Street art, graffiti e ogni forma d’arte per così dire illegale. Illegale perché prende forma in luoghi non appositamente adibiti, vive nelle strade, nei vicoli, spesso in posti che in pochi avrebbero notato ma che assumono un altro fascino e valore dopo un intervento. Ma cosa più importante è che è completamente libera sia di essere creata sia di essere vissuta e goduta dalle persone e, almeno nella sua forma più genuina e iniziale, è slegata da qualsiasi circuito ed è solo la rappresentazione di un sentimento e di una necessità dell’artista.

Non è arte solo ciò che è racchiuso in una bella cornice, in una stanza o in un palazzo privato. In questo posto decine di street artist e writer provenienti da tutta Italia (e non solo, persino dal Brasile) hanno completamente riempito ogni singolo muro rendendo il luogo unico. Alcuni hanno dipinto per imparare e altri per sperimentare nuove tecniche ma tutti hanno lasciato un’ impronta senza secondi fini se non il piacere di passare una giornata in compagnia degli amici artisti. Il risultato è unico.

Questo è il messaggio che volevo riuscire a esprimere tramite le mie fotografie, il mio concetto di arte è slegato da ogni logica legata al denaro, per fare un esempio un ragazzo americano non appartenente alla comunità europea per poter visitare gli Uffizi è costretto a comprare un biglietto del valore di addirittura 20€. Purtroppo nella mia visione del problema questa privatizzazione e monetizzazione dell’arte ha delle conseguenze indirette enormi anche sulla stessa società. In questo periodo storico uno dei tanti problemi che dovremmo affrontare ma non facciamo è quello dell’ignoranza a livello giovanile e non solo. Questo grazie ai tagli al sistema di istruzione, alle riforme scadenti che non hanno apportato alcun miglioramento alla Scuola italiana che già era in crisi. Questa ignoranza dilagante poi è il motivo principale per il quale certe idee e ideologie sono tornate in auge negli ultimi anni come ad esempio il ritorno all’apprezzamento dell’ideologia fascista o nazista per altre parti di Europa e altre idee scellerate basate solo sull’odio e sulla rabbia di una popolazione. Prendo in considerazione ad esempio il sentimento razzista che si sta diffondendo sempre di più e che io non riesco nemmeno a concepire e trovo calzante il fatto che nell’Eneide Enea quando sbarca per la prima volta sulle coste italiche viene malamente respinto e cacciato riproponendo alla lettera quello che il governo italiano cerca di fare nel 2019.

L’arte accessibile a tutti non dico che risolverebbe questi problemi ma sicuramente potrebbe essere una goccia che a qualcuno può servire per documentarsi e poi arrivare a delle conclusioni, o quantomeno per accendere la curiosità nella mente delle persone.

La street art è nata con questo intento: praticata per le strade, con modalità che vanno contro la legalità e atta a trasmettere e esprimere in maniera più o meno dura una critica e una denuncia verso una situazione sociale, politica e morale. Questo tipo di arte prendendo forma e manifestandosi per le strade e nei vicoli non è vincolata dai meccanismi che smuovono l’arte che definisco come museale o da galleria, rimane libera di essere fruita e apprezzata da qualsiasi persona, di qualsiasi opinione e appartenenza ideologica, di qualsiasi estrazione sociale e economica e non viene preclusa a nessuno.

Riassumendo, il messaggio che voglio far passare è quello che magari una differente gestione del patrimonio artistico dal punto di vista logistico e economico potrebbe avere dei risvolti positivi sul pensiero delle persone e sull’ignoranza che sta prendendo sempre più piede; ovviamente questo è un mio ragionamento che può essere condiviso o meno ma dal mio canto ne sono più che convinto.
Per questo ho pensato di provare a trasformare la Cattedrale in un museo con opere, personale della sicurezza e visitatori.

Per riuscire a simboleggiare questo ‘conflitto‘ tra queste due concezioni di arte ho racchiuso con delle cornici alcuni particolari di murales all’interno dello stabile, le cornici sono antiche per enfatizzare sia il fatto che ci troviamo a Firenze, patria del Rinascimento, sia il carattere di durata nel tempo (passato e futuro) sul quale questa mia concezione trova le basi. Anche i personaggi rimandano tutti a periodi storici passati: possiamo trovare il visitatore vestito secondo la moda degli anni ’30 come anche il guardiano di fine ‘900, oppure la macchina d’epoca parcheggiata che riporta la mente agli anni ’20.

L’unico elemento neutro che ho aggiunto in alcune composizioni è un airone che testimonia innanzitutto lo stato di calma assoluta dovuta all’abbandono del posto e in secondo luogo la vita, la passione e l’amore per l’arte che hanno attraversato quelle arcate negli ultimi due anni.

Infine ho deciso di adottare il bianco e nero, anche se il luogo presenta delle colorazioni fantastiche e non rende merito alle opere, perchè lascia nello spettatore un senso di mistero misto ad ammirazione. Questa scelta l’ho presa dopo aver organizzato una mostra con delle fotografie di Sebastiao Salgado e aver capito quanto il bianco e nero possa essere espressivo e potente.

Per la realizzazione del progetto ho seguito il modus operandi che sono solito utilizzare in quasi tutte le opere, a livello artistico, che propongo. Nelle fotografie, come nelle tele dipinte o i murales, cerco sempre di creare un contrasto tra soggetto e ambientazione o tra i vari componenti dell’immagine finale. Il contrasto tra i vari elementi, nel caso di queste fotografie, è creato dalla diversa concezione temporale che ogni oggetto rievoca nella mente dello spettatore e dalla decontestualizzazione di alcuni soggetti che vengono catapultati in una dimensione diametralmente opposta a quella originale o comunque nella concezione di ogni persona.

Per esempio le cornici dorate appartengono sia ad un periodo temporale di qualche secolo fa ma anche la loro concezione originale non corrisponde affatto con un murales e ancora meno con dei capannoni ferroviari completamente abbandonati da un decennio. Creando questi contrasti e queste incongruenze (benché nell’immagine convivano alla perfezione e non disturbino l’occhio di chi le osserva) lo spettatore è in qualche modo inconscio obbligato a trarne un ragionamento, a cercare di leggere l’immagine secondo una logica precisa; questo dover pensare secondo me fa apprezzare un’opera, non solo la fotografia, e riesce in qualche modo a fissare l’immagine nella mente di una persone dato che, quando si rivolge un pensiero proprio a qualcosa e se ne ricava un’idea personale, l’immagine stessa acquista una forza molto maggiore e viene assimilata meglio anche se magari al primo sguardo non riusciamo a coglierne il senso intero senza un’apposita spiegazione in didascalia. In modo più ridimensionato e sicuramente meno eclatante ho ripreso il cosiddetto automatismo utilizzato dagli artisti surrealisti che costringe, attraverso le incongruenze e il mettere a confronto più realtà diverse, a elaborare un pensiero e a estraniare l’opera da qualsiasi concezione temporale rendendola eterna nella sua rappresentazione.

Inaugurazione mostra fotografica 
sabato 25 maggio dalle ore 18 
Associazione Mariano Ferreyra Firenze 
via degli Alfani 13r – Firenze

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