Chiacchierata fiume col collettivo Guerrilla Spam e Matteo Bidini della Street Levels Gallery a proposito di una street art sempre più decorativa e di una società italiana sempre meno accogliente
Quella che era una forma artistica di rottura ha ormai invaso i salotti delle famiglie. Ne è passato di tempo da quando la street art ha avuto il merito di far evadere l’arte dagli spazi e dal controllo delle gallerie e dei musei per riportarla nelle strade alla libera lettura delle persone. Negli anni ha acquisito sempre più vigore e prosperità, generando anche inediti e imprevisti esiti, ma ha suscitato anche un po’ di spaesamento nei suoi rappresentanti e nel suo pubblico, che di giorno in giorno si è fatto sempre più ampio. In tanti hanno percepito questo interesse e provato a dargli diverse risposte. Da una parte studiandola, interpretandola e divulgandola; la street art è così tornata dentro gallerie e musei per far sì che il suo complesso messaggio possa essere più facilmente apprezzato. All’estremo opposto è stata sfruttata per scopi strumentali, divenendo linguaggio pubblicitario, mezzo promozionale delle istituzioni e arredo urbano estetizzante con i dibattuti esiti di gentrificazione.
Guerrilla Spam un collettivo nato nel 2010
In questo grande calderone non mancano però coloro che hanno un’idea molto chiara di cosa sia e, soprattutto, di come servirsene e per quali fini. Tra questi sicuramente il collettivo Guerrilla Spam, che nasce nel 2010 a Firenze «come spontanea azione non autorizzata di attacchinaggio negli spazi urbani». Proprio i loro primi anni fiorentini hanno condizionato la scelta di una delle loro tecniche predominanti: il contesto del centro storico li ha portati a sviluppare l’affissione dei poster in modo da poter veicolare il proprio messaggio nel rispetto del patrimonio storico-artistico.
Le loro prime azioni lasciano trasparire un chiaro intento di critica sociale che si scaglia soprattutto contro il sistema dell’arte, la società del consumo e lo strapotere dei media. Con uno stile semplice e d’impatto – segnato da un uso pressoché esclusivo del forte contrasto tra il bianco e il nero – il collettivo mira manifestatamente a veicolare un contenuto più che alla mera offerta di un’esperienza estetica. Assegnare un’eccessiva – o addirittura un’esclusiva – rilevanza all’apparenza dell’opera, secondo loro, rischia di rendere l’arte una mera decorazione e svuotarla del messaggio culturale che dovrebbe sempre avere. Un esempio di questo esito è il grande muro dedicato Mandela da poco realizzato a Firenze: un’opera che, nella sua rappresentazione iperrealistica e “piacevole”, finisce per trasformare un personaggio simbolo della lotta dei diritti umani in un ornamento urbano nel quale la patina estetica prevale sul contenuto.
Anche per questa deriva contemporanea della street art, i Guerrilla Spam ci tengono a smarcarsi dall’etichetta e, usando termini presi a prestito dalla storia dell’arte, dividono le loro azioni in attacchinaggi non autorizzati e muralismo pubblico. Nel primo caso gli interventi sono piccoli, spontanei e provocatori; come è successo a Firenze e in altre città d’Italia con La voce del popolo – Istruisciti per non diventare come me, una serie di piccoli poster che sottolineavano l’importanza della cultura per non diventare intollerante.
Un altro esempio è il poster Gemelli comparso anche a Firenze e protagonista della copertina del nostro numero FUL 38; un lavoro dal forte impatto che pone il tema della diversità, ma lo lascia aperto a un tipo di riflessione che può avere esiti ambivalenti.
I grandi murales richiedono invece un periodo di preparazione più lungo, quasi sproporzionato rispetto al tempo dedicato all’esecuzione. In questi casi l’attenzione del collettivo è quella di far sì che l’intervento si inserisca in modo coerente nel territorio, sappia interagire con la sua storia e le sue problematiche e possa conservare il suo messaggio il più a lungo possibile.
Ma il collettivo ha iniziato a operare anche a livello didattico soprattutto in occasioni di festival o all’interno di scuole. In questi contesti cercano di far convivere e interagire il momento laboratoriale con quello dell’azione, spesso comunque non autorizzata. Dopo i laboratori di poster art sono nati quelli che loro definiscono “meticci” perché i partecipanti sono sia italiani che stranieri, soprattutto provenienti dall’Africa. L’interesse verso le tematiche delle migrazioni, della conoscenza reciproca tra culture diverse e dell’inclusione dell’altro è nato anche dalla tragica situazione politica e sociale italiana nella quale il razzismo e l’intolleranza verso il diverso fanno purtroppo la voce sempre più grossa.
Al collettivo piace pensare alle proprie attività artistiche come a diversi modi di esprimersi: se l’attacchinaggio illegale può essere paragonato a un grido, il grande murale prende le sembianze di una esposizione pacata, fino ad arrivare al laboratorio che instaura una vera e propria chiacchierata.
A unire le loro diverse azioni ci sono molti elementi ricorrenti che vanno costituire i fondamenti del loro metodo. Il rapporto col passato è sicuramente uno di questi. Conoscerlo significa potersi muovere meglio nel presente, evitando di ripetere gli stessi errori o di farsi abbindolare da visioni del mondo propagandistiche che non hanno alcun fondamento storico.
Qual è la missione di Guerrilla Spam
Le immagini vengono usate dal collettivo in modo narrativo sperando di scatenare un circolo virtuoso che dovrebbe partire con la curiosità, passare all’approfondimento del tema, portare alla riflessione su di esso e auspicabilmente approdare a un arricchimento culturale e allo sviluppo di un senso critico sempre più acuto. Le opere del collettivo si aprono a più interpretazioni stratificate per livello di complessità. Il nucleo è rappresentato dal tema e dal messaggio principali, ma, se l’opera riesce nel suo intento di incuriosire, si apre ad altri significati sempre più dettagliati. Come avviene nell’enorme e spettacolare Murales contro le guerre realizzato a Roma, nel quale il ricordo dei bombardamenti di San Lorenzo del 1943 non è che lo spunto per denunciare ogni altro conflitto contemporaneo.
La missione dei Guerrilla Spam sembra essere quella di rompere la superficie: la superficie di un’arte che rischia di essere solo decorazione e la superficialità di certe posizioni che rendono la nostra società un luogo meno accogliente per tutti. E di un’arte che sappia veicolare cultura e senso critico, come di una società capace di arricchirsi grazie alle diversità reciproche, nell’Italia di questi giorni, ne abbiamo davvero urgente bisogno!
Questo articolo è nato in seguito a una chiacchierata fiume tra me, un componente del collettivo Guerrilla Spam e Matteo Bidini della Street Levels Gallery di Firenze.
Articolo a cura di Jacopo Visani