Forgotten Guerrero: un reportage di Alfredo Bosco

guerriero alfredo bosco

Il fotografo Alfredo Bosco ha realizzato un reportage sullo Stato messicano di Guerrero dove lo scontro tra i cartelli del narcotraffico, e con le forze armate, ha raggiunto livelli inauditi di violenza. I civili sono vittime tra due fuochi.

Alfredo Bosco, classe 1987, toscano di Santa Croce sull’Arno, è un fotografo freelance che mette le questioni sociali e le crisi geopolitiche al centro della sua indagine fotografica. Nel 2015 è stato inserito da Lens Culture nei 50 migliori talenti emergenti del mondo. Negli ultimi dieci anni ha immortalato molte situazioni di crisi, come il terremoto di Haiti, la criminalità a Caracas, il racket dell’eroina in Kirghizistan o le violente manifestazioni nella banlieue parigina.

Dal 2014 testimonia per immagini il conflitto nell’Ucraina orientale e nel 2018 il progetto Donbass: No Man’s Land è stato selezionato al Lumix Festival of Young Photojournalism. Nel corso del 2022 Alfredo – in seguito all’occupazione militare russa – si è recato nuovamente in Ucraina per testimoniare la guerra in corso, muovendosi tra Kiev, Leopoli, Odessa, Mykolaïv e ancora il Donbass.

Su FUL abbiamo deciso di presentare il progetto che lo ha impegnato tre anni in America Latina per raccontare un’altra guerra: quella alla droga nello stato messicano di Guerrero. Il lavoro – dopo aver ricevuto nel 2019 il Visa d’Or Humanitarian dalla Croce Rossa (CICR) e l’esposizione delle foto al Visa Pour l’Image Festival di Perpignan – ha portato alla recente pubblicazione del libro Estado de Guerrero, edito da Seipersei. 

Mexico; Guerrero; Rincon de Chautla; 2019

Il reportage Forgotten Guerrero documenta l’attuale situazione sociale e politica a Guerrero, lo Stato messicano situato nel centro sud del Paese, affacciato sul Pacifico, noto per Acapulco. La città è l’esempio di quella che un tempo era una località famosa per le crociere e che, come risultato del narcotraffico, è diventata negli ultimi anni una tra le prime dieci città più pericolose al mondo. Guerrero è particolarmente coinvolto nel narcotraffico perché, nonostante lo Stato sia tra i meno estesi del Messico, è il principale produttore di papavero con cui si ricava l’eroina. Questo ha portato a una sorta di guerra civile tra i gruppi criminali che combattono per la produzione e il traffico di droga. «Potete solo immaginare le conseguenze disastrose per la popolazione portate da questa guerra», dice Alfredo Bosco.

Nei centri urbani più grandi, come Chilpancingo e Chilapa de Álvarez, gli scontri per il controllo del territorio sono sempre più violenti e seminano il terrore tra la popolazione locale. I cartelli della droga e gli altri gruppi criminali adottano poi la cosiddetta necropolitica: alimentano la paura assumendo il ruolo di “giudici di morte” nei confronti di coloro che abitano quelle aree per ostentare il potere, rendendo facile per chiunque cadere vittima di questa terribile violenza. Una delle immagini più crude di Estado de Guerrero è quella di un ragazzino brutalmente assassinato, la cui unica colpa era aver violato un “coprifuoco” imposto dai criminali su Acapulco. Si tratta solo di una delle innumerevoli vittime sacrificate solo per diffondere terrore tra la popolazione.

Mexico; Guerrero; Acapulco; 2020

Un aspetto particolare che rende Guerrero unico tra gli Stati afflitti dalla guerra al narcotraffico è la creazione delle “polizie comunitarie”. I villaggi remoti all’interno dell’area di montagna molto spesso istituiscono una polizia autonoma per la mancanza di agenti. Qui ci sono solo 0,9 poliziotti ogni 1.000 abitanti, la metà di quello che il governo federale messicano definisce standard minimo per una copertura sufficiente. Le autorità non riconoscono questa difesa autonoma ma il fatto che la tollerino significa ammettere la difficoltà di salvaguardare questi villaggi dai gruppi criminali. «Il problema è che la maggior parte di queste polizie comunitarie negli anni si sono evolute anch’esse in maniera criminale. Occupando il proprio territorio, iniziando a coltivare anche loro il papavero: hanno esteso il loro controllo sul territorio con tutte quelle che sono le tipiche attività criminali», spiega il fotografo.

Così, l’esercito, i cartelli criminali e i gruppi di autodifesa portano a livelli altissimi brutalità e soprusi, e il risultato sono migliaia di morti ogni anno, persone che scompaiono e desplazados – rifugiati che abbandonano i loro villaggi data la violenza ormai inaudita. «L’assenza cronica di sicurezza costringe spesso gli abitanti delle città più piccole ad abbandonare le loro case in cerca di un posto più sicuro, causando il costante incremento dei pueblos fantasmas (villaggi fantasma), lasciati frettolosamente o dove gli abitanti sono misteriosamente svaniti nel nulla. È facile morire nello Stato di Guerrero, ma è ancora più facile sparire», precisa.

In merito al triste fenomeno dei desaparecidos, questo settembre sarà ricordato l’ottavo anniversario della scomparsa di 43 studenti di Ayotzinapa, vicenda di cronaca che ha avuto grande risalto e che resta tuttora un mistero. «Quella è stata la grande tragedia di Guerrero – arrivata anche all’attenzione dei media internazionali – le cui dinamiche sono ancora incerte. La cosa sicura è che il terribile episodio di questi studenti ha portato a una scissione profonda tra cittadinanza e governo, perché probabilmente i 43 ragazzi sono stati catturati o uccisi da chi teoricamente rappresentava l’autorità. I genitori e i familiari delle vittime cercano ancora risposte e ad oggi non si è fatta giustizia.»

Mexico; Guerrero; Ayotzinapa; 2021

Il 26 settembre 2014 un centinaio di studenti radicali della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa requisirono 5 autobus per partecipare a una manifestazione a Città del Messico. Gli autobus, dopo aver lasciato la stazione di Iguala intorno alle 21:30, furono oggetto di un brutale attacco da parte della polizia municipale che sparò nonostante i ragazzi fossero disarmati. Il bilancio fu di 6 morti, 25 feriti e tutti gli studenti tratti in arresto. Il giorno successivo, si scoprì che 43 di loro non erano mai arrivati in custodia e spariti nel nulla. Una prima indagine della Procura Generale ha concluso che in due degli autobus requisiti fosse nascosta della droga e i narcotrafficanti avessero corrotto la polizia di Iguala per recuperarla, poi si erano accaniti sugli studenti, assassinati e bruciati nella discarica di Cocula. Ma i resti non sono mai stati rinvenuti e indagini indipendenti confutano la versione e sospettano la copertura dell’esercito. La sensazione dei messicani è che Ayotzinapa, caratterizzata da decenni per il suo lavoro di lotta – come quasi tutte le scuole rurali nel paese – rappresentasse una minaccia per il potere corrotto Stato-esercito-narcotraffico, da sottomettere con la violenza. Nonostante il presidente López Obrador – dopo esser stato eletto nel 2018 – si sia speso per fare piena luce sulla vicenda, ad oggi nessun nuovo elemento di rilievo è emerso.

Guerrero, un “territorio criminale”.

Fare il giornalista in uno Stato come quello di Guerrero sicuramente richiede una particolare attenzione. La difficoltà principale lavorando come reporter in zone di narcotraffico è quella di avere sempre una pianificazione dettagliata. «Ho coperto per anni il conflitto nel Donbass nell’est dell’Ucraina e lì è chiaro dove siano il fronte e la prima linea, quindi, dove operare e come prepararsi per la propria sicurezza. Quando si tratta invece di un territorio criminale, non bisogna mai sottostimare il pericolo e occorre sempre valutare i contatti». Ogni volta che Alfredo si muoveva sul territorio lo faceva tramite una persona di fiducia, mantenendo sempre il contatto con la città vicina o la “torre di controllo”, cioè chi poteva verificare i suoi movimenti ogni due ore tramite il segnale GPS.

Un’altra cosa importante è il dialogo. «Non è facile dialogare con le vittime, soprattutto farlo con chi molto probabilmente è coinvolto in attività criminali. Bisogna sempre valutare con grande attenzione, anche a costo di non riuscire a portare a casa il lavoro, se ci sono gli estremi per poter fotografare. Spesso c’è anche una forte omertà da parte delle persone di mostrarsi e parlare di quello che sta succedendo, nonostante la violenza sia evidente anche lungo le strade.»

Mexico; Guerrero; Petlacala; 2018

I cartelli messicani controllano circa il 70% delle sostanze stupefacenti che entrano negli USA. Secondo il National Drug Intelligence Center, sono distributori dominanti a livello globale della cocaina prodotta in Sud America, oltre a cannabis, metanfetamine ed eroina prodotte in Messico. L’influenza dei gruppi messicani è cresciuta a livello esponenziale con il declino dei cartelli colombiani. Dalla fine degli anni ’80 – dopo la forzata impraticabilità dell’itinerario classico per il trasporto della cocaina in Nord America attraverso i Caraibi e la Florida – i trafficanti messicani hanno ricoperto un ruolo sempre più determinante, prima come trasportatori via terra e poi come distributori. La guerra al narcotraffico dichiarata dal presidente Felipe Calderón nel 2006, su pressione del governo statunitense, ha innescato una spirale di violenza che il Sistema Nacional de Seguridad Pública stima abbia causato in 15 anni 371mila morti e 82mila desaparecidos. Numeri che rendono il Messico una nazione in guerra de facto.

Nell’area di Acapulco sono scomparse almeno 3mila persone dal 2007 al 2020. Quello che fu un paradiso per i turisti, oggi ha un tasso di 106 omicidi ogni 100mila abitanti. Il presidente messicano López Obrador ha dichiarato che la sua priorità principale è affrontare questo dramma, ma la violenza continua a dilagare nello Stato di Guerrero. Il governo degli Stati Uniti invita fortemente i suoi cittadini a non andarci.

www.boscoalfredo.com

Foto © Alfredo Bosco