Generazione SLASHER, qual è la tua "barra"?

generazione slasher

Nasce Generazione Slasher, la rubrica che vuole dare voce agli slasher che vivono a Firenze, il cui problema non è come vivere, ma come sopravvivere, inventandosi sempre qualcosa di nuovo pur di non restare con l’acqua alla gola

All’undicesimo minuto del film romantico sentimentale One Day, la protagonista Emma, che fa la cameriera in un locale messicano, chiede a un suo collega: «Qual è la tua barra?». Immobile, lui non comprende la domanda. Così lei replica: «Cameriere/cantante, cameriere/infermiere, cameriere/insegnante. Qual è la tua?». Sostanzialmente, dietro la domanda di Emma si nasconde una grande verità: una verità chiamata “Generazione Slasher”, ovvero, una generazione di ragazzi tra i 18 e i 30 anni che svolge diversi lavori o fa diverse cose per vivere, impegnandosi allo stesso tempo nella realizzazione dei propri sogni. Una generazione in cui la disoccupazione è diventata un fatto certo, più certo della morte.

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Generazione slasher, un termine coniato in Gran Bretagna

Il termine che Emma usa proviene dalla traduzione dall’inglese del segno “slash” (“/”), per l’appunto “barra”. In Inghilterra, il nome “slasher” viene usato già dal 2008 per indicare quel tipo di persone che combinano più ruoli occupazionali. Venne coniato da Marci Alboher con la pubblicazione del suo libro One person/Multiple careers (2007), in cui tratta argomenti riguardanti il mondo del lavoro e di chi è un X/Y/Z. In Inghilterra, come negli USA, il fenomeno slasher è già abbastanza conosciuto. Secondo le statistiche americane SME (Subject Matter Expert), circa il 30% dei giovani lavoratori sotto i 30 anni ha almeno due lavori, e in alcuni casi, anche tre.
Negli ultimi anni il fenomeno slasher si è ampiamente diffuso su scala globale, colpendo anche la città di Firenze. Quasi sempre ci si imbatte in giovani che sono artisti/camerieri, ingegneri/commessi, avvocati/operatori call-center, per non parlare di un’enorme quantità di laureati in chimica/fisica che fanno gli artisti di strada, o laureati in lettere/filosofia che creano prodotti di artigianato. La domanda «Che lavoro fai?» è ormai obsoleta. La nuova domanda da porre è: «Qual è la tua barra?».

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A Firenze gli “slasher” sotto i 30 anni sono sempre di più

Una scelta volontaria o involontaria? Assolutamente involontaria, ed è per questo che non si può nemmeno parlare di una scelta, ma di una condizione il più delle volte necessaria, in cui la maggior parte dei giovani sono costretti a vivere. Perché? Il problema è sicuramente legato all’alto tasso di disoccupazione giovanile che affligge il nostro paese, ma non solo: sembra che il mondo del lavoro preferisca ragazzi giovani che riescono a svolgere più mansioni. Infatti, nonostante i dati dell’EUROSTAT secondo cui l’Italia è seconda in Europa per disoccupazione giovanile, (con una percentuale del 32,8%, seconda solo alla Grecia che ha il 39,5%), il tasso di disoccupazione di Firenze è in costante diminuzione. Il dato del 2018 è al livello più basso dal 2010. L’ammontare di residenti occupati passa da circa 171.000 nel 2017 a circa 175.000 nel 2018. Eppure, nonostante la forte crescita, il 50% dei giovani occupati svolge almeno due lavori.

I ragazzi slasher di Firenze sono dei “collezionisti” di contratti a chiamata o di stage retribuiti 500 euro al mese, dato che al momento dei colloqui, i cosiddetti “recruiter”, esigono quasi sempre delle figure che possano essere dinamiche, flessibili e che possano ricoprire più ruoli autonomamente. Molti recruiter o HR (Human Resources) preferiscono chi riesce a svolgere più mansioni in quanto dimostra di avere maggiori abilità organizzative: saper bilanciare più lavori indica dunque avere una grande motivazione ed eccezionali doti pianificatrici.

L’organizzazione è infatti una componente essenziale per chi deve incastrare la sua vita come i pezzi del Tetris. Nel contesto fiorentino è estremamente comune vedere questi “giocatori” svolgere un lavoro part-time di 24 ore settimanali, generalmente dalle 10.00 alle 16.00, e un altro dalle 19.00 a notte inoltrata. Per non parlare dei giorni liberi o weekend in cui cercano di poter svolgere effettivamente il lavoro che gli piace, il cosiddetto dream job, a cui aspirano, per il quale ancora la scalata è ripida e lunga.

Una situazione che porta spesso a scompensi emotivi

Ma tutta questa pressione non fa nascere in loro solo l’ambizione: disturbi psichici, stress e depressione sono alcuni degli effetti collaterali della forte tensione lavorativa. La maggior parte dei giovani fiorentini affermano di non essere soddisfatti della propria vita. I motivi sono diversi, ma tra le principali motivazioni troviamo: il sentirsi costantemente sotto pressione, l’infelicità, la depressione, problemi del sonno dovuti a preoccupazione e ansia, l’incapacità di superare le difficoltà e la perdita di vitalità.

Se anche tu sei uno slasher scrivici

A Firenze i ragazzi escono portandosi dietro lo Xanax, convivono quotidianamente con attacchi di panico, ansia, depressione, insoddisfazione, infelicità e mancanza di accettazione di se stessi. Abbiamo chiesto a una ragazza di 24 anni, laureata in economia aziendale, come si senta a svolgere uno stage di 30 ore settimanali sottopagato (350 euro mensili) che la costringe a lavorare la sera in un locale e come babysitter nei weekend. Ci ha risposto «Mi sento inutile». Inutile? A 24 anni? Possiamo accettare che una ragazza di soli 24 anni si senta così? E come lei, possiamo accettare una generazione di uomini e donne che si sentono inutili, potenzialmente sempre più apatici e insofferenti?
Non possiamo accettarlo ed è arrivato il momento di parlarne. Nasce Generazione Slasher, la rubrica che vuole dare voce agli slasher che vivono a Firenze, il cui problema non è come vivere, ma come sopravvivere, inventandosi sempre qualcosa di nuovo pur di non restare con l’acqua alla gola.
E tu, qual è la tua barra? Se sei un ragazzo slasher e vuoi raccontarci la tua storia invia un’email a redazione@firenzeurbanlifestyle.com. È arrivato il momento di far conoscere questo fenomeno e di cominciare a parlarne.