Il Coronavirus a Firenze e la ricostruzione della nostra vita sociale.

Passata l’emergenza, potremmo essere costretti a ripensare il nostro concetto di comunità e realizzare che per troppo tempo abbiamo preteso risposte individuali per problemi pubblici. Anche i social hanno contribuito a questo atteggiamento, qualcuno ha scambiato il “like” per una forma di partecipazione attiva.

A Firenze, nello specifico, c’è da porsi qualche domanda in merito al modello economico troppo sbilanciato sul turismo. Un modello che ha generato la conseguenza di un centro storico di seconde case consegnate all’attività ricettiva e svuotato del suo tessuto sociale originale. Con l’80% delle disdette nelle strutture alberghiere, senza questa presenza costante considerata flusso eterno, quasi familiare, abbiamo trovato irriconoscibili luoghi che frequentiamo da sempre. 

Allo stesso modo la diffusione del contagio ha messo a nudo anni di tagli alla sanità pubblica. È anche a causa della riduzione dei posti letto negli ospedali che oggi si chiede a tutti noi una drastica assunzione di responsabilità verso quella parte di popolazione più a rischio. L’eccessivo numero di ricoveri potrebbe far collassare il sistema sanitario nazionale.

Un ultimo aspetto riguarda la politica. Il Coronavirus, con gli italiani trattati come appestati e untori del mondo, magari ci farà vedere sotto lente diversa i seminatori di paura nostrani. Verrà finalmente smascherato quel noto politico italiano che è stato il principale diffusore del virus dell’odio nel nostro paese? Un virus che dalla Francia alla Polonia, dall’Italia all’Ungheria, passando per la Brexit, ha iniziato a infettarci ben prima dell’arrivo dell’epidemia. Oggi con i locali chiusi, i negozi vuoti e l’auto-quarantena di molti, riflettiamo su come sarebbe l’Europa autarchica che tanto piace alla nuova destra sovranista. Ci sentiremmo tutti stranieri “a casa nostra”, non saremmo più sicuri ma solo più tristi.

Testo di Francesco Sani Foto di Alessio Li (IG: @alessiochao).