Il Forteto era una comunità a Vicchio. Secondo quanto emerso dalle vicende giudiziarie e tre commissioni di inchiesta, vi sono stati commessi abusi psicologici e sessuali su persone in affidamento dal Tribunale dei minori. I giornalisti Duccio Tronci e Francesco Pini hanno provato a districarsi nella complessa vicenda.
C’è una storia che forse non avete mai sentito raccontare. È una storia brutta, vale la pena metterlo subito in chiaro. Così come è bene premettere che non c’è un lieto fine e forse non c’è nemmeno una fine. È una storia in cui, a posteriori, non è difficile scorgere il Male, ma in cui è complicato contestualizzarlo a distanza di anni, è dura spiegare perché avesse assunto forme giudicate così magnetiche, attraenti. Per raccontare questa storia, sempre ammesso che sia possibile raccontarla tutta e davvero, si può partire da un’immagine recente e poi ripartire dall’inizio, come accade nei romanzi: un uomo anziano in canottiera nera poggia le mani sul tavolo di un bar di Aulla, assieme a lui due ragazzini coperti da uno smile. È una foto che suscita indignazione, che fa tornare tanti e tanti con la mente a qualcosa che è impossibile da dimenticare. Quell’uomo è il protagonista della storia: è stato condannato per violenze e abusi su minori, ma in passato ha anche parlato al TedX di Firenze davanti all’allora sindaco Matteo Renzi; è al centro di racconti raccapriccianti, ma autorità illustri lo hanno elogiato per come ha portato avanti una comunità, una cooperativa agricola. Si chiama Rodolfo Fiesoli, lo chiamano il Profeta. È stata la mente dietro il Forteto, di cui probabilmente ricordate l’epiteto giornalistico: “la fattoria degli orrori”.
Parlare in breve del Forteto, spiegare cosa fosse, cosa successe là dentro, non è possibile, perché vorrebbe dire banalizzarlo. Per identificarlo basta una parola: setta. Come ogni setta ha un maestro, in questo caso Fiesoli, il Profeta. “Il Forteto è stato il campo di battaglia del Fiesoli; dalla sua posizione apicale, forte del condizionamento totale e della sottomissione degli altri componenti, l’imputato ha scelto le proprie vittime muovendosi come in un territorio di caccia, nei primi anni intrattenendo relazioni omosessuali praticamente con tutti gli uomini presenti in comunità”. A scriverlo sono i giudici nelle motivazioni della condanna a Fiesoli e a altre quindici persone al termine del processo concluso nel 2015.
Il Forteto era una comunità a Vicchio, nel Mugello. Venne fondata nel 1977 da Fiesoli e dal suo storico braccio destro, Luigi Goffredi. Secondo quanto emerso dalle vicende giudiziarie e da tre commissioni di inchiesta regionale e nazionale al Forteto sono stati commessi abusi psicologici e sessuali, le vittime erano persone minorenni o persone con disabilità, date in affidamento al Forteto dal Tribunale dei minori. Come era possibile tutto questo? Perché la politica e la magistratura paiono aver chiuso gli occhi, in special modo dopo un primo arresto nel 1978 di Fiesoli e Goffredi per abusi sessuali e atti osceni? Perché molti politici della “rossa Toscana” di allora, molte personalità di alto livello, non hanno detto niente? E soprattutto, come mai una vicenda del genere sembra quasi di nicchia? Arduo dare risposte. Qualcuno ci ha provato. Con un’indagine che, in un momento in cui il mestiere è considerato sinonimo di sciacallaggio, ha ridato dignità e fulgore al ruolo di giornalista.
È il caso del libro-inchiesta Setta di Stato. Il caso Forteto, uscito nel 2015 per Ab Edizioni e scritto dai due giornalisti toscani Duccio Tronci e Francesco Pini. Certo, ci sono stati anche podcast come L’isola che non c’era di Marco Maisano oppure docuserie come quella di Sky, del Forteto hanno parlato – e bene – anche Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni in Nella setta (Fandango, 2019). Molti media ne hanno parlato in relazione al legame con la politica, c’è stato chi ha puntato il dito contro la sinistra toscana e “i suoi silenzi”. C’è stato anche chi ne ha scritto e ora non vuole più saperne, perché, interpellato sull’argomento, “vuole lasciarselo alle spalle, non fa bene tornare a parlarne”. Setta di Stato comunque è il primo e più completo libro sul Forteto, fondamentale per saperne e capirne di più.
«Ho vissuto a Dicomano, vicino a Vicchio. Il Forteto era un luogo di aggregazione per gruppi giovanili. Ricordo che una volta, a 14-15 anni, con degli amici ci fermammo a prendere un gelato alla bottega» dice Francesco Pini. Lui e Duccio Tronci si conoscono da molti anni, ma le loro strade lavorative si incrociano intorno al 2013 o giù di lì. Ancora Pini: «Dopo l’arresto di Fiesoli del 2011 inizio a raccogliere materiale, documentarmi, era molta roba. Parlo con Duccio e con lui pensiamo al libro». Il lavoro dei due parte verso il 2013 e dura due anni. Il volume esce dopo la sentenza di primo grado, nel 2015. Non è solo una raccolta di documenti, è una mappa dettagliata di un processo, di una storia brutta.
Setta di Stato è a suo modo prezioso anche per come tratta la materia. Pini e Tronci intervistano le persone che hanno vissuto al Forteto, che lo hanno “subìto”. Lo fanno non solo con rigore giornalistico, bensì con un rispetto enorme verso le persone di cui parlano e anche per il lettore. «Non è stato facile – rivela Tronci – le storie erano allucinanti. Dovevamo renderle, ma dovevamo anche rispettare le vittime. Ci siamo predisposti per non urtare la sensibilità di nessuno. Il lavoro che abbiamo fatto anche con alcune persone che erano al Forteto è stato delicato. Sono serviti educazione e sensibilità. Si può fare un’inchiesta anche così, senza essere per forza eclatanti». Così Pini: «Dal punto di vista emotivo è stato duro. Abbiamo toccato la sofferenza vera».
Come è possibile, però, che un caso come il Forteto non abbia avuto la rilevanza di tantissimi altri? Pini prova a rispondere: «Ha una difficoltà intrinseca. Non c’è un finale drammatico in maniera generalizzata ma non c’è nessun lieto fine. Era una vicenda contorta con mille omissioni. Anche a livello di scelte politiche, di riforme del sistema dei servizi sociali, della giustizia minorile, del servizio dell’affido o dell’accreditamento delle comunità non si è fatto sostanzialmente niente dopo che è emerso il tutto. È difficile trovare un punto di raccordo univoco per questa storia, raccontarla da un punto di vista narrativo». Simile la visione di Tronci: «Il Forteto è una realtà più complessa di tutte le altre, sono intervenuti tantissimi fattori e non c’è uno scambio diretto tra chi ha commesso dei reati, o è stato accusato di commettere dei reati, e una controparte.
Questo la rende farraginosa». Secondo Tronci «Il Forteto è molto più degli abusi sui minori, pur gravissimi, dobbiamo chiederci perché sono successe con politica e magistratura che hanno chiuso gli occhi. Tutto ciò evidentemente affonda le radici in un sistema, è frutto di un sistema». Tolti gli inviati della trasmissione “Le Iene” e le altre opere citate, in pochi comunque hanno posato lo sguardo su Vicchio. «È mancata la copertura di quel pubblico che fa riferimento alla tv generalista e alla stampa nazionale» afferma Pini, che aggiunge come questa sia «una vicenda complessa da comprendere come tutte le sette» perché «non è facile capire come qualcosa appaia all’esterno in un modo che è diametralmente opposto».
Rimane l’impressione che ci sia ancora qualcosa di sommerso. Lo spiega Tronci: «Non è stato detto sicuramente tutto perché molte cose sono ancora buie. Dico anche che non è stata fatta giustizia. Tutti credono che una volta che Fiesoli è stato condannato, il caso è chiuso. Passa questo messaggio, ma in realtà il Forteto affonda le radici in un sistema e quindi niente è mai chiuso definitivamente. Ci sono persone che non hanno pagato per via della prescrizione». C’è stata pure una serie di dinamiche che non costituivano reato, tant’è che in varie sedi si è parlato di istituire reati nuovi.
«C’è un po’ di reticenza e omertà a parlare del Forteto, scotta ancora» prosegue Tronci. Bruno Vespa in una puntata di “Porta a Porta” dice di aver subito pressioni per non toccare l’argomento. Non è stato così per Tronci e Pini, a detta di entrambi: «Siamo andati spediti, senza pressioni. Anzi, grazie al lavoro dell’avvocato Mazzarri abbiamo potuto accelerare l’indagine». Tronci ha ricevuto due querele dal Forteto per le sue dichiarazioni pubbliche, due giudici diversi hanno accolto le richieste di archiviazione di due PM diversi: entrambi hanno ritenuto infondate le accuse. A dire il vero, però, il Forteto è entrato in un romanzo.
Una strada collaterale collega il Profeta e la sua setta col caso del “Mostro di Firenze”. Alessandro Ceccherini, romanziere di Certaldo, ha immaginato proprio Fiesoli nel libro Il Mostro, uscito nel 2022 per Nottetempo. In un capitolo nevralgico ha seguito una potenziale giornata tipo del Profeta e ha poi focalizzato l’attenzione su uno dei luoghi mugellani dove accadde uno dei duplici omicidi del Mostro. Lo stesso Ceccherini non usa mezze misure sulla vicenda e sul perché, secondo lui, ancora per molti non è del tutto chiara: «Le coperture sulla vicenda sono state enormi e hanno ostacolato le indagini.
Inoltre il comunitarismo cattocomunista del Forteto è stato giustificato culturalmente con tre volumi accademici stampati dalle edizioni Il Mulino e tutelato dai vertici del Tribunale dei minori di Firenze, della ASL e della politica toscana: alcuni dei responsabili oggi siedono su poltrone dorate». Questa storia, per Ceccherini, «mette ancora i brividi perché ha tentacoli lunghi, e credo si possa trovare in questa paura il motivo per cui non se ne parla quasi per niente, nonostante il cosiddetto true crime abbondi ovunque e sotto ogni forma. Può sembrare troppo nera per vivere in piena luce nel cuore di questa bella e nobile Toscana».
Goffredi nel 2020 è morto. Fiesoli è vivo, pur condannato è in libertà. Il Forteto è ancora a Vicchio, anche se ovviamente è un posto cambiato rispetto alla “setta di Stato” del libro. Le ombre rimangono, ma c’è spazio anche per un piccolo spiraglio di luce, secondo Duccio Tronci e Francesco Pini: «Il fatto di aver dato un contributo su una vicenda così pazzesca e aver in qualche modo contribuito a renderla nota è un lato positivo. Se grazie al libro anche soltanto una persona è venuta a conoscenza della vicenda e ha aperto gli occhi o se soltanto qualcuno, tra chi ha subìto sulla propria pelle quel che avveniva al Forteto, ha avuto sollievo, allora per noi è una soddisfazione».
Illustrazioni di Ludovico Venturi