Viva il vivaio! Intervista a Cesare Torricelli, fondatore del Vivaio del Malcantone

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Intervista a Cesare Torricelli, fondatore del Vivaio del Malcantone, nel primo decennale di un luogo di resistenza culturale, crocevia di associazioni e realtà artistiche fiorentine.

La riflessione condivisa che sorge nel giardino assolato parlando con Cesare Torricelli, fondatore del Vivaio del Malcantone, tra fiori e alberi da frutto, è che non stiamo accrescendo il PIL.

«In questo momento qualcuno da qualche parte sta minuziosamente progettando una mina antiuomo, e sulle armi si fa quasi tutto il PIL del pianeta. Pensa. Questa idea mi atterrisce ogni volta che mi torna in mente».

Ma ora ci troviamo in un antico vivaio, ristrutturato in modo da lasciare che affiorino tracce del passato, la vecchia porta e il cornicione scalcinato ricordano quello che un tempo era stata la limonaia, tutto è armonioso, ordinato e illuminato, così che le riflessioni sulla avvilente realtà contemporanea vengono messe da parte. Intorno a noi il giardino, un tempo coltivato in permacultura, topinambur in fiore, un diospero, molti alberi, cespugli, colori e odori.

Ecco chi è Cesare Torricelli, riporto la sua biografia: si laurea in Pedagogia, dove approfondisce i rapporti tra il teatro di ricerca e la formazione. Continua i suoi studi come pedagogista corporeo con orientamento bioenergetico e si qualifica come esperto in metodologie autobiografiche. Attraverso percorsi intensivi, workshop e seminari con vari maestri della scena, indaga in un’area che spazia dal teatro alla danza contemporanea, fino a concentrarsi sullo studio della vocalità. Sono molteplici gli spettacoli e le produzioni a cui partecipa in qualità di trainer, regista e co-autore nell’ambito dei percorsi formativi della scuola comunale di teatro Artimbanco di Cecina (LI), dell’Associazione culturale Fosca e della sua attività di libero professionista. Si specializza in percorsi di teatro sociale. La sua ricerca è orientata verso la sperimentazione e la riflessione su alcuni dei principi fondamentali che riguardano la presenza scenica e il gesto fisico e vocale e sull’analisi e individuazione di alcuni degli interrogativi nodali presenti nella pratica della scena. La sua tecnica di lavoro si sviluppa prendendo spunto dai principi ispiratori di varie discipline: dallo yoga alla danza contemporanea, dalla bioenergetica al canto

Cesare, cos’è per te il teatro e com’è il tuo teatro? 

«Il teatro è un’occasione per entrare in contatto con la profondità dell’essere umano. Di base, io faccio distinzione tra cultura e intrattenimento. Il mio teatro non è certo intrattenimento ma vuole essere turbamento, qualcosa che stimoli una torsione della parte scomoda di sé. Io vengo da una famiglia di borghesia colta, parto da lì ma cerco anche altro… certo, il teatro nasce come pratica di consapevolezza civile, penso a quello delle origini, quello che Ippocrate suggeriva come pratica terapeutica. Ecco, io cerco un’esperienza che non sia intrattenimento ma che sia formativa, senza nulla togliere all’intrattenimento di cui però non mi occupo e che non mi interessa. 

Sono cresciuto in un’epoca in cui Firenze era esplosiva, penso ai primi spettacoli dei Kinkaleri visti al CPA, al fatto che la mia prima collaborazione è stata con la compianta Caterina Poggesi di Fosca, con Anonima Scena (la compagnia teatrale che dal CPA si spostò all’Ambasciata di Marte, poi all’Elettropiù), sono quindi cresciuto con un teatro che si avvicina molto alla performance, rappresentato anche in luoghi non strutturati o istituzionali, che evade dai canoni classici, senza quinte né filtri. Sono cresciuto molto nel teatro come regia e messa in scena, ma anche nel teatro da camera, dove dell’attore mentre recita puoi sentire perfino il respiro… e comunque mi piace sperimentare anche rispetto allo spettatore. La mia grande passione resta però, in definitiva, quella di lavorare con ragazzi non professionisti, con la loro carica vitale e urgenza di espressione».

Raccontami di qualche spettacolo premiato che hai a cuore, come lo hai rappresentato…

«Ricordo che c’è stato un periodo in cui mi spostavo spesso in macchina, mi muovevo molto tra Livorno e Firenze, e trovavo incidenti accompagnati da segnaletica stradale con su scritto CODE AMBO I LATI PER CURIOSI. L’incidente come luogo di spettacolarizzazione da osservare con curiosità. Così abbiamo realizzato uno spettacolo in cui gli attori giacevano a terra, con l’unico confine fisico costituito da un nastro di carta, gli spettatori avrebbero potuto osservare lo spettacolo formando un capannello tutto intorno, proprio come si fa in occasione degli incidenti: riflessioni dal passato su una vita alquanto delirante e testi costruiti a canovaccio su scampoli di battute caratterizzavano l’opera… ecco, io non amo molto scrivere. Amo che gli attori siano anche coautori e mi incuriosisce quando l’improvvisazione si struttura, ma resta pur sempre nel quaderno dell’attore. 

Spesso, poi, ho lavorato nel tradimento completo di grandi opere, che stravolgevo. Più le opere erano grandi e più mi divertivo. Ho lavorato sulla Divina Commedia con Caterina Poggesi, era il periodo dello scandalo di Abu Ghraib, abbiamo tratto uno spettacolo intitolato De-Composti Amori, ci accompagnò nell’inferno Virgilio in versione trans, interpretato da Giovanni Lindo Ferretti, lavorando sulla cronaca e cercando le varie declinazioni dell’inferno possibile ci siamo concentrati sull’ignavia, lasciando del testo originale solo la citazione “non ti curar di lor, ma guarda e passa”…»

Mentre parliamo, arriva qualcuno: una ragazzina si scalda per partecipare al corso di circo e tessuto aereo, poi qualche aspirante attrice, sono lì per il master di teatroterapia.

Il progetto di recupero del Vivaio è partito nel 2011, anno in cui è stato ristrutturato per diventare il vibrante spazio associativo che oggi è: un luogo indipendente dove gli artisti possono lavorare liberamente, formarsi, comunicare, esprimere, fare tentativi. Lo scorso novembre, in occasione della celebrazione dei primi 10 anni di attività, è stata allestita una mostra a cura di Raffaele Ferrari, che racconta attraverso dieci immagini come era il vivaio prima delle opere di ristrutturazione.

Il Vivaio del Malcantone fornisce spazi prove, contribuisce alle creazioni con un supporto organizzativo e promozionale, propone percorsi di formazione e promuove sul territorio progetti culturali organizzando incontri, laboratori, rassegne, residenze, giornate di studio in collaborazione con istituzioni e altre realtà culturali a livello locale e nazionale.

A seguito della riforma del terzo settore, il Vivaio è oggi un Associazione Arci, con un nutrito numero di tesserati. Negli anni, è stato il luogo dove si sono sviluppati numerosi progetti di matrice artistica, di ogni calibro e specie, con interesse preminente per il teatro. Lo spazio si è affermato tramite realizzazione di progetti solisti e condivisi, con il sostegno di note istituzioni e fondazioni e con i più svariati partner, come Murmuris (associazione che gestisce il Teatro Cantiere Florida), il Laboratorio Nove, il Teatro Sotterraneo, Fabbrica Europa, Festival Au Désert e molti altri… 

In che direzione sta andando il Vivaio del Malcantone?

«Ho realizzato un progetto con la Cassa di Risparmio di Firenze per cercare di colmare il vuoto che si è creato durante tutto il periodo della pandemia e della dad, quindi un vuoto di tipo laboratoriale ed esperienziale diretto. Abbiamo perciò realizzato un laboratorio con il liceo artistico di Porta Romana sulla scenografia contemporanea, pur preceduto da un lavoro su Zeffirelli, alla Fondazione Zeffirelli.

Ora, poi, cerco di occuparmi di audience development, quindi di coinvolgere nuovo pubblico. Sono anche insegnante di filosofia e scienze umane in una scuola secondaria; perciò, mi rendo benissimo conto che spesso e volentieri l’approccio che si dà alle arti è veramente faticoso e noioso, per goderne appieno occorre superare dei cliché, e questa è la mia intenzione».

Il Vivaio del Malcantone è un luogo di resistenza, in una strada segreta e bellissima, nel verde di Coverciano, a Firenze. Fornisce spazi e supporta progetti, per l’espressione artistica e culturale, è un crocevia di associazioni e di realtà. Uno di quei luoghi preziosi per il panorama, quello fiorentino ancor più.

Il Vivaio del Malcantone si trova in Via del Malcantone n. 15/b.

Per approfondimenti e contatti: ilvivaiodelmalcantone.com