Lando Conti, sangue su Firenze

Omicidio Lando Conti, Firenze, 1986

Lando Conti, ex sindaco di Firenze, viene barbaramente ucciso da un commando delle Brigate Rosse il 10 febbraio del 1986. Un omicidio che pone ancora interrogativi e getta lunghe ombre sulla piena verità.

Il 10 febbraio del 1986, pochi minuti dopo le 17, Lando Conti, consigliere comunale del Partito Repubblicano ed ex sindaco di Firenze, viene barbaramente ucciso dalle Brigate Rosse.

L’ex primo cittadino (in carica dal 26 marzo 1984 al 23 settembre 1985) aveva da poco lasciato l’abitazione con la sua Opel Corsa per recarsi in Palazzo Vecchio, dove era in corso una seduta del Consiglio Comunale quando, al semaforo di via Faentina all’angolo con viale Togliatti, in località Ponte alla Badia, venne affiancato da una Fiat Uno rossa dalla quale partono i primi colpi di arma da fuoco che provocano inevitabilmente lo sbandamento di Conti. Secondo le ricostruzioni di una testimone, uno dei terroristi sarebbe poi sceso dall’auto per accanirsi ulteriormente con altri spari, sul  corpo ormai senza vita dell’uomo. Gli assassini fuggirono imboccando via Salviati, gettando chiodi sulla strada per evitare ogni eventuale inseguimento.

Viene stroncata così la vita del “sindaco del sorriso”, che a 52 anni lascia la moglie e quattro figli: Leonardo, Lapo, Lorenzo e Stefano di soli 10 anni. Ed è proprio uno di loro, Lorenzo, a trovare il padre trucidato sul sedile di guida dell’Opel Corsa. Un’immagine agghiacciante e spettrale che lo segnerà per sempre. 

La notizia si diffonde poco dopo in Consiglio Comunale, dove a dare l’annuncio all’aula tocca al sindaco Massimo Bogianckino, che sospende la seduta in segno di lutto. Anche i lavori della Giunta Regionale che erano in corso vengono sospesi e per l’indomani viene promosso lo sciopero cittadino con manifestazione contro il terrorismo.

L’omicidio viene infatti rivendicato dalle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente (BR – PCC), mediante un volantino lasciato vicino all’auto dove giaceva la vittima, in cui c’era scritto: “Il 10 febbraio 1986 un nucleo armato della nostra organizzazione ha giustiziato Lando Conti, dirigente della SMA e stretto collaboratore del Ministro della guerra, il porco sionista Spadolini. Brigate Rosse – Partito Comunista Combattente”.

La stessa firma era già comparsa l’anno precedente nell’omicidio del professor Ezio Tarantelli, e comparirà quattro giorni dopo nell’assalto di via Prati di Papa a Roma, e, nel 1988, 1999, e 2002 negli omicidi di Roberto Ruffilli, Massimo D’Antona e Marco Biagi.  L’attribuzione dell’assassinio di Conti alle BR viene comunque ribadito tramite una telefonata sopraggiunta alla sede di Milano del quotidiano La Repubblica, in cui un uomo dichiara: «Qui Brigate Rosse, rivendichiamo l’omicidio di Lando Conti».

Le Brigate Rosse (BR) sono state una formazione armata clandestina di matrice marxista-leninista. Teorizzata alla Facoltà di Sociologia di Trento alla fine degli anni Sessanta, è fondata a Reggio Emilia nel 1970 da Renato Curcio, Mario Moretti, Alberto Franceschini e Mara Cagol. L’organizzazione è considerata la più potente, numerosa e longeva struttura politico-militare rivoluzionaria del secondo dopoguerra esistente in Europa occidentale. Nel 1987, dopo 86 omicidi rivendicati – il più celebre quello del primo ministro Aldo Moro (1978) –, centinaia di arresti e numerose azioni di guerriglia urbana, Renato Curcio e Mario Moretti firmarono un documento dal carcere in cui dichiaravano conclusa l’esperienza delle BR.

Firenze, che era stata fino a quel momento estranea al terrorismo per le strade, si ritrova invece protagonista di uno degli episodi più cruenti della strategia della tensione. Erano passati almeno sedici anni da quando Renato Curcio aveva teorizzato e fondato l’organizzazione terroristica delle BR, anni di stragi, in cui si è arrivati a contare più di due omicidi politici al mese, che però sembravano essersi fermati con l’uccisione di Aldo Moro nel 1978, dopo una prigionia di 55 giorni. Quest’ultima vicenda aveva infatti segnato il punto più alto dell’eversione brigatista ma al contempo l’inizio della sua disfatta.

Erano in molti coloro che avevano deciso di abbandonare il movimento poiché in disaccordo con l’omicidio del presidente democristiano, ed era diventato sempre più difficile assumere una gestione unitaria dell’organizzazione, all’interno della quale andavano delineandosi ideologie sempre più distinte. All’inizio degli anni Ottanta le BR si scindono così in quattro tronconi, tra i quali spicca per la sua matrice sanguinaria il movimento BR – PCC, sostenitore della lotta armata e della violenza politica, guidato da Barbara Balzerani. Lo stesso movimento che deciderà di condannare a morte Conti

I terroristi accusano l’ex Sindaco di essere vicino all’allora Ministro della Difesa Giovanni Spadolini, promotore di misure repressive e antiterrorismo, noto per il suo dissenso verso la politica filopalestinese del premier Bettino Craxi, e fautore del pensiero atlantista.

Le BR mettono in atto un delitto trasversale, avrebbero infatti voluto colpire colui che definivano “Ministro della guerra”, ma essendo sorvegliato giorno e notte, colpiscono vigliaccamente un uomo totalmente indifeso. L’ulteriore assurdo motivo per cui Conti entra nel mirino del terrorismo viene espresso anch’esso nella rivendicazione: veniva attaccato perché avente una quota (peraltro dello 0,24% e ricevuta in eredità dal padre) della SMA – Segnalamento Marittimo e Aereo, una società che si occupava di produrre apparecchiature radar, e che secondo i brigatisti partecipava ai più importanti sistemi d’arma e al programma USA delle guerre stellari, sostenendo i sionisti israeliani, i golpisti NATO della Turchia e il regime segregazionista Sudafricano.

Tutte queste accuse erano già state rese pubbliche un anno prima da parte della Democrazia Proletaria, che aveva dato vita a una campagna denigratoria nei confronti di Conti, tappezzando Firenze con locandine in cui veniva raffigurato su  false banconote da 100.000 lire e in cui veniva apostrofato come “mercante d’armi”. La Democrazia Proletaria criticava anche la sua partecipazione alla SMA, ritenendola moralmente incompatibile con la carica di sindaco. Secondo gli inquirenti probabilmente le BR avevano tratto ispirazione da quella ingiuriosa propaganda, senza che questo fosse nelle volontà del partito che l’aveva promossa.

Dopo anni di ricerche, l’arma del delitto viene trovata nel 1988 nel covo Milanese delle BR in via Dogali. Si tratta di una mitraglietta modello Skorpion con la quale erano stati uccisi nel 1978 due giovani militanti del Movimento Sociale Italiano nella sede romana di Acca Larentia e, nel 1985, l’economista Ezio Tarantelli. La stessa arma aveva colpito tre anni dopo anche il senatore della Democrazia Cristiana, Roberto Ruffilli, assassinato a Forlì. 

Il Pubblico Ministero Gabriele Chelazzi che coordina le indagini, porta alla cattura di cinque membri del nucleo terroristico toscano e il 22 Maggio del 1992 vengono condannati all’ergastolo: Michele Mazzei, ex operaio di Castelnuovo Garfagnana e considerato l’ideologo del nucleo toscano dei brigatisti,  i coniugi Fabio Ravalli e Maria Cappello, operai del tessile a Prato, mentre viene inflitta una pena di trent’anni di reclusione al fiorentino Marco Venturini, adesso in libertà. Chelazzi ritiene però che non tutti gli attentatori siano stati individuati, tra i quali l’esecutore materiale dell’omicidio. Il commando omicida era probabilmente composto da almeno otto elementi.

Nelle le indagini finisce anche il nome di Roberto Morandi, tecnico di radiologia di Careggi, in quanto la Fiat Uno con la quale erano fuggiti i terroristi, viene ritrovata proprio nel parcheggio dell’ospedale, ma questa risulta essere una pista cieca, risultando l’uomo estraneo ai fatti per l’omicidio Conti. Morandi viene infatti arrestato nel 2003 insieme all’assistente sociale Nadia Desdemona Lioce per il delitto del giuslavorista Marco Biagi a Bologna nel 2002 e del giurista Massimo D’Antona a Roma nel 1999, entrambi firmati dalle “Nuove Brigate Rosse”. Ma questa è un’altra storia di terrorismo, tanto breve quanto fuori dal tempo. Nessuno di loro svelerà mai niente sul delitto Conti e l’indagine sarà costretta a fermarsi, così  nel 2009 il procuratore Francesco Fleury ne dichiara l’archiviazione. 

Il 10 febbraio del 2020, nel 34° anniversario dell’assassinio, Firenze ha onorato la memoria Lando Conti istituendo una piazza a suo nome, davanti al Palazzo di Giustizia a Novoli, luogo scelto per l’uomo che si è sempre distinto per la sua onestà e lealtà verso le istituzioni. Un imprenditore prestato alla politica per passione, che aveva saputo riconoscere nel rispetto umano un valore assoluto, e che ha svolto la sua missione politica ispirandosi ai principi di uguaglianza e fratellanza. Un uomo che con i suoi modi gentili e semplici, ha suscitato inevitabilmente la stima della sua città, che ancora oggi lo ricorda con profondo affetto.