Secondo il famoso sociologo polacco Zygmunt Bauman sarà la capacità di istruire le nuove generazioni a permetterci di vincere le nostre paure e arginare l’imprevedibilità del futuro.
Un teatro Verdi strapieno di gente ha accolto calorosamente il professor Zygmunt Bauman, famoso sociologo polacco di origini ebraiche, per un intervento dal titolo “Società e Paure”.
L’evento, totalmente sold out da settimane, ha ottenuto un grande successo sia di presenze che di partecipazione da parte di un pubblico, appunto, multigenerazionale: in platea, in galleria e perfino nei soppalchi c’erano persone di tutti i tipi, di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali. Questo perché, come dice lo stesso Bauman, la paura è un fenomeno connaturato all’esistenza umana, ci accomuna e ci livella tutti in quanto esseri coscientemente transitori. La paura è di fatto, universale.
Nel suo discorso, durato 50 minuti, il famoso pensatore ha cercato di collegare le nostre inquietudini alle epoche storiche, contestualizzandole in base a società e periodi diversi. Partendo dalla sua (lunga) biografia personale, Bauman ha contrapposto la “generazione 1984” (i lettori del libro di Orwell) a quella attuale, comparando il terrore di essere continuamente sorvegliati e controllati (“Big Brother always watches you”) di ‘allora’ con quello dell’individuo di ‘oggi’ che, al contrario, vive nella paura costante di non essere abbastanza visibile, di essere ‘offline’ dagli schermi e dalla vita sociale che si sviluppa in maniera sempre più virtuale e indiretta: il cosidetto ‘virus della solitudine’ che ammorba tutti. La prova dell’esistenza umana, parafrasando Cartesio, non sta tanto nel libero pensiero quanto nella capacità di essere ‘visti’ dall’altro.
Oltre a questa analisi, il filosofo ha anche fatto un riferimento alle conseguenze su larga scala della crisi politica e economica scatenatasi con l’arrivo delle ondate migratorie che ci ha colto impreparati. Il dramma della migrazione, la perdita di fiducia nell’efficacia degli alti poteri e della politica, genera nel singolo uno stato di destabilizzazione e ansia che lo porta a un senso di angoscia, di precarietà e incertezza per cui si interpreta la “sicurezza” come un’illusione, un falso paradigma.
Ma allora, come è possibile sfuggire al ‘demone’ della paura? Citando le parole di Papa Francesco, Bauman ripone tutte le sue speranze nell’istruzione e nel progresso, in riferimento anche all’antica saggezza confuciana che invita a investire, proprio attraverso l’educazione, nel futuro: “Se pensate a un futuro di dieci anni piantate un albero, se pensate a un futuro di cento anni istruite le persone”, ha concluso il professore. L’istruzione quindi sembra essere, insieme al dialogo, l’unica diga per affrontare le correnti imprevedibili del futuro.
Durante l’evento, proprio a causa dell’importanza delle sue teorie e dei suoi studi, gli è stato consegnato il premio “Gestire l’ingestibile” dall’associazione Fnp (sindacato dei pensionati della Cisl) che ha organizzato l’intero programma del Festival fiorentino: una tre giorni ricchissima di appuntamenti, conferenze, laboratori e tavole rotonde con lo scopo di coinvolgere e mettere in comunicazione tra loro generazioni diverse, per condividere insieme esperienze e paure…
Rita Barbieri