Venerdì 24 e sabato 25 gennaio al Teatro Cantiere Florida si è tenuto lo spettacolo L’origine del mondo, scritto e diretto da Lucia Calamaro. Uno spettacolo che affronta temi difficili con leggerezza, facendo uso di una lingua molto semplice e colloquiale ma anche di citazioni colte.
La ragione per cui son così triste,
in verità, non so nemmeno dirla;
mi sento come oppresso internamente,
ed anche voi mi dite che lo siete;
ma da dove mi venga quest’umore,
dov’io l’abbia trovato,
come ci sia caduto, di che è fatto,
da che nasce, lo devo ancora apprendere;
m’intorpidisce a tal punto lo spirito
che stento a riconoscere me stesso.
(Shakespeare, Il Mercante di Venezia, scena I)
“Il dolore dell’origine non ritornerà” dice Daria nel primo atto e invece questo dolore torna, giorno dopo giorno, e la svuota, la tormenta. Nel suo petto c’è un’assenza, un vuoto che forse un dito di marmellata, un pezzo di parmigiano o una fragola fuori stagione potranno colmare. Il frigorifero è l’unico a offrirle rifugio e consolazione durante le sue notti insonni.
Ma in fondo al barattolo di marmellata – un barattolo color pastello come quello di un quadro di Morandi – non c’è mai nessuno. La solitudine resta. Resta anche quando sua figlia si sveglia e cerca di farle compagnia, anche quando sua madre incalza perché esca e reagisca. Purtroppo certe cose non si decidono, si vivono, dice Daria. E alla fine nemmeno l’analista – che non è altro che sua figlia – è capace di penetrare questo dolore silenzioso che mai se ne va.
Daria, interpretata in maniera eccellente da Daria Deflorian, è una “sfollata della vita” al centro di un flusso di coscienza costante rivolto verso se stessa e il mondo che la circonda. Un congegno che si è rotto, che non sa più relazionarsi con la vita, un pensiero che si incarta su se stesso al quale fanno da controcanto comico-ironico piccoli gesti quotidiani: fare il bucato, lavare i piatti, o l’impossibilità di essi… Uscire di casa diventa un’impresa titanica, la cui responsabilità deve necessariamente ricadere su un elemento esterno: lo scarso interesse degli inviti che riceve o l’ordine “sbagliato” in cui la donna di servizio ripone la sua borsetta da passeggio.
L’opera è stata premiata con ben tre Premi Ubu, il più prestigioso riconoscimento del teatro italiano: alla regista Lucia Calamaro per la miglior novità drammaturgica; a Daria Deflorian come miglior attrice protagonista e a Federica Santoro come miglior attrice non protagonista.
Nonostante la lunghezza (più di tre ore, con due intervalli) lo spettacolo scorre via veloce tra citazioni di Carlo Ginzburg, Freud, Shakespeare, Onetti e comicità involontaria. Il terzo atto risulta meno fruibile dei primi due, un po’ più lento e verboso. Aggiunge poco a quanto già detto prima, forse solo la triste constatazione che anche il passare del tempo e il cambiare delle circostanze, non pone rimedio definitivo a quella che è una vera e propria malattia, la depressione. Ma è interessante lo squarcio che viene aperto su questa realtà e il modo ironico e colloquiale in cui viene fatto.
Se solo all’origine del mondo qualcuno si fosse premurato di scrivere un libretto d’istruzioni, sarebbe molto più facile capire come risolvere i problemi di chi ti sta intorno…
ANNALISA LOTTINI